Una svista? Uno strafalcione grammaticale per attirare l’attenzione? In vista di San Valentino, Real Time ha lanciato una campagna pubblicitaria dallo slogan “Vi auguriamo un’amore che è tutto un programma”. Un apostrofo di troppo ed è subito polemica sui social. L’emittente, però, il giorno dopo ha dichiarato che si è trattato di un errore intenzionale, di una provocazione in vista di un’iniziativa che, al contrario, voleva proporsi come seria.
Sulla pagina pubblicitaria del Corriere della Sera, infatti, si legge: “Un amore è un’amore. L’amore non ha età, razza, religione, genere, orientamento sessuale. Nella lingua italiana però, la parola amore è un sostantivo di genere maschile. Se i pregiudizi iniziano dal linguaggio, è arrivato il momento di cambiare la nostra lingua. Chiediamo di consentire l’uso della parola amore anche come sostantivo femminile, rendendola di fatto di genere neutro. Perché un amore è un’amore. Nient’altro. Perché siamo per ogni genere d’amore, contro ogni pregiudizio”.
Si tratta di una campagna pubblicitaria consapevole o di un errore grossolano a cui si è voluta mettere una toppa? In ogni caso, l’idea sembra avere funzionato piuttosto bene per la risonanza che ha avuto. Nei giorni successivi, è stata addirittura proposta una petizione sulla piattaforma online Charge.org per chiedere all’Accademia della Crusca di cambiare il genere della parola ‘amore’, rendendola neutra. Oggi la petizione ha più di 4000 firme.
Al di là del messaggio che si vuole veicolare, le considerazioni che possono nascere da questa campagna sono numerose. In primis, si può fare una riflessione sui social network e sul linciaggio che ogni giorno avviene su queste piattaforme nei confronti degli errori altrui e delle questioni altrui. Sfruttando quindi questa sorta di riflesso incondizionato, la campagna non solo ottiene risonanza, ma ci invita – a posteriori – anche ad una riflessione sui social. In secondo luogo, si può riflettere sul linguaggio in riferimento al discorso sul gender, che è al centro della questione posta dalla campagna. L’idea di rendere un amore neutro è, senza dubbio condivisibile e il messaggio potrebbe risultare positivo. Un cambiamento linguistico, però, implica sempre del tempo e una modifica di tale portata e complessità non può di certo avvenire da un giorno all’altro o partire da una campagna pubblicitaria. Se consideriamo, quindi, la petizione come un gesto puramente simbolico, l’idea potrebbe funzionare e invitare alla riflessione.
Se poi si è trattato davvero di una svista grammaticale (anche se è strano che un errore di tale portata sia potuto sfuggire alle varie revisioni), non resta che complimentarsi con Real Time per aver messo su una toppa così ben cucita.
Il video dello spot:
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