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CASO FEDELI – La risposta: “Dopo una vita in sindacato, posso fare la ministra senza laurea”

La nomina a ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca di Valeria Fedeli ha avuto un’accoglienza dai cittadini non proprio favorevole a causa di diversi punti oscuri che sono stati mandati alla ribalda.

Dopo un primo giallo sulla sua falsa dichiarata laurea, ne è stato “scoperto” un altro: la ministra non ha mai conseguito un diploma di maturità. Alle tante critiche piovute, oggi Valeria Fedeli ha detto la sua, rompendo il silenzio e dando la sua versione dei fatti al giornale La Repubblica.

Alla questione tanto spinosa, il fatto di esercitare il ruolo di ministro senza titoli accademici, il neo ministro ha affermato quanto segue:

Posso fare la ministra – ministra, ci tengo – dopo una vita così intensa nel sindacato. Sono stata apprezzata, promossa, chiamata a Roma, poi a Bruxelles a guidare il sindacato europeo dei tessili. Ho contribuito a salvare grandi aziende, ho portato nella Cgil le competenze dei ricercatori della moda, mi sono occupata di Wto e dei round per far entrare i cinesi nel commercio internazionale. Sono diventata vicepresidente del Senato e ora sono qui, al ministero dell’Istruzione, e fino a quando questo governo esisterà cercherò di migliorare la scuola, l’università e la ricerca italiana 24 ore al giorno”.

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Per quanto riguarda, invece, la falsa dichiarazione sul curriculum, ha dichiarato:

Non l’ho mai sostenuto. Non ricordo il curriculum con la dicitura laurea, ma quello con su scritto diploma di laurea, rilasciato dopo tre anni dall’Unsas, è stato solo una leggerezza. La laurea è una cosa a cui non ho mai pensato. Ho 40 anni di vita rigorosa nel sindacato, non ho mai usato quel diploma, sono stato sempre una distaccata di settimo livello, maestra d’infanzia distaccata. Io non mi sono laureata perché il sindacato mi ha preso e portata via, è diventata la mia vita. Non una carriera, la vita. Alla laurea non ho mai pensato. Nel 1987 avrei potuto equiparare quei tre anni come assistente sociale al titolo di laurea, ma non l’ho fatto perché era fuori dal mio mondo. Riunioni, incontri con gli operai, viaggi a Bruxelles, e chi l’aveva il tempo per la laurea?”.

E come reagirà di fronte alle richieste dei docenti laureati ma ancora precari o con scienziati e ricercatori? La risposta:

Il mio metodo è l’ascolto e ascolterò con attenzione chi ha competenze straordinarie. Cresceranno le mie. Ascoltare, capire, conoscere. Quarant’anni di applicazione di questo metodo mi aiuteranno anche al ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca”.