Il ritiro sociale è un’espressione che delinea i comportamenti dei giovani Neet, ragazzi che non studiano e non lavorano ma si barricano in casa ascoltando musica e lasciando accesi sempre la tv o il pc. Trascorrono la maggior parte del tempo in camera e, per questo motivo, molto spesso si parla di “corpo in una stanza”.
In Italia è un fenomeno in aumento e registra già 100 mila ragazzi segnando un nuovo primato europeo: i più colpiti sono gli uomini perché subiscono maggiormente la pressione della società che chiede una competizione alla quale il giovane risponde negandosi.
Questo fenomeno nasce in Giappone dove si rilevano dai 400 mila ai 2 milioni giovani Neet e il trend è in crescita, li chiamano “hikikomori” ed è iniziato dagli anni ’80. I più suscettibili ad essere colpiti sono i maschi primogeniti e il primo sintomo è la rinuncia alla scuola. I tratti distinguibili sono stati tracciati dai genitori che hanno osservato da vicino i figli Neet, attraverso il focus group nella sede del Corriere a Milano. La prima è stata Carmen, come riportato su Corriere.it: “Una sera che non dimenticherò mai, Sandro si è seduto sul mobile della cucina e mi ha detto: da domani a scuola non ci vado più, e così è stato. Era in quarta liceo. Per tre anni ha vissuto nella sua camera, ha piantato il calcio, è diventato vegano e ha smesso anche di mangiare a tavola con la famiglia”.
Racconta Giulia, un’altra mamma:“Marco ha finito il liceo regolarmente, i guai sono arrivati dopo. Ha lavorato come venditore per un’azienda, ma dopo diversi mesi non gli hanno voluto riconoscere un contratto e non l’hanno pagato. E da lì ha spento la luce, si è rifiutato di continuare gli studi e ha introiettato un senso di vergogna e inadeguatezza. Voleva fare il deejay e adesso l’unica compagnia che ha scelto è la musica”. Si inserisce Nicoletta: “Francesco un giorno mi ha confessato che andare a scuola era diventato un incubo quotidiano. Si è ritirato in camera e si è costruito una rete di amici virtuali in diverse città, ha perfezionato l’inglese ubriacandosi di serie tv e non ha voluto più sapere dell’istituto turistico. L’ultima delusione è stata l’impossibilità di essere assunto in un hotel, che pure lo avrebbe preso, perché ancora minorenne”.
Le storie raccolte si assomigliano molto e evidenziano il fallimento del rapporto con la scuola, l’assenza dei padri, la vergogna nei confronti dei compagni di classe, la creazione di circuiti di socializzazione a distanza.
In questo quadro generale, la scuola non riesce a svolgere il suo ruolo di intercapedine tra famiglia e studente. È la grande assente in quanto questo fenomeno riguarda per 15% studenti ancora minorenni che abbandonano la scuola, ma gli insegnanti quasi non si accorgono di nulla. Certamente per la restante percentuale, che riguarda i diplomati che decidono di non proseguire gli studi o di non lavorare, il padre si scopre impotente dinanzi a queste scelte e il figlio si considera un fannullone richiudendosi sempre più in se stesso. Le Onlus fino ad ora costituiscono il leitmotiv con cui gli operatori “Attaccano alla vita i Neet” , sia con un sostegno psicologico che di stimolo per far recuperare ai ragazzi l’interesse al mondo reale.
Si parla di mondo reale, perché i Neet si aggrappano al mondo virtuale che attenua la vergogna e lascia sempre una via di fuga. I giovani Neet, attraverso i social media, ottengono le gratificazioni che la vita reale gli nega. La quota rosa non è esente, anche le ragazze non sono immuni soprattutto da quando anche le donne sono entrate pienamente nel mondo del lavoro e della competizione tra successi conquistati e desiderati.
Ci sono testimonianze che ci fanno presagire una via d’uscita dal ritiro sociale ma il percorso è ancora lungo.
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