Già alla scuola materna, i bambini sono educati e, in qualche modo, iniziati alla lingua inglese, la lingua più parlata in Europa. Alla specialistica, molti optano per lo spagnolo, l’arabo, il cinese, considerate lingue d’avanguardia. E il francese?
Il francese è solo la seconda lingua più parlata in Europa. E’ conosciuta in soli 51 paesi nel mondo. Questi numeri sono sufficienti a giustificarne l’importanza. Ma, volendo essere più dettagliati, dal punto di vista economico, la Francia è il secondo paese partner più importante per il nostro Paese. Tra cui i 100 gruppi imprenditoriali francesi presenti in Italia offrono 239 mila posti di lavoro. Dal punto di vista letterario, poi, italiano e francese sono due lingue che provengono dalla stessa matrice, il latino: stiamo insomma parlando di una parentela storica e culturale. Se diamo inoltre un’occhiata al vocabolario italiano, per non parlare di quello inglese, vanta miriadi di parole ereditate dal francese.
Può sembrare dunque una lingua antica, poco moderna, quella che studiavano i nostri genitori e i nostri nonni a scuola, quella scelta “sbagliata” se comparata con la possibilità di scegliere l’inglese. Eppure un tempo il francese era la lingua internazionale per eccellenza, elegante, raffinata, moderna: da quando l’occhio del mirino è stato puntato dal lato anglo-americano, è stata messa in atto una vera e propria trasformazione politica, economica, sociale e culturale. Eppure restiamo tutti ammaliati da una parigina che intona il suo accento, che sfoggia la sua lingua come il più elegante dei vestiti a lei possibili.
Ma la risposta più opportuna è quella degli economisti delle lingue che sostengono che sia più redditizio per un italiano investire sul francese (o sul tedesco) che non sull’inglese perché si parla di “conoscenze più rare e remunerate“.
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