Porta le firme degli esponenti culturali più importanti della Sicilia la lettera mandata al Ministro Dario Franceschini. Un appello il cui fine è salvare i tesori della Sicilia dallo stato di declino in cui versano ormai da troppo tempo.
La Sicilia, una delle isole che possiede un ricchissimo patrimonio storico e artistico, è ormai collocata in uno stadio di penombra. La lettera inviata al Ministro sembra togliere la “polvere” deposta da troppo tempo sui suoi beni attraverso l’elenco di quel patrimonio che, se valorizzato, potrebbe far rialzare l’Isola. Si tratta di un patrimonio che non si esaurisce nei suoi numerosi siti archeologici e museali, ma che partendo da questi arriva alle tradizioni e al folklore che da sempre hanno distinto la Sicilia donandole un quid in grado di farle assumere una forte identità.
I commenti alle parole di Pietrangelo Buttafuoco e Andrea Camilleri sono superflui, ma una lettura attenta è necessaria per riflettere sui beni inestimabili di cui disponiamo e che rischiamo di perdere giorno dopo giorno.
Di seguito la lettera pubblicata dal Fatto Quotidiano e le firme di chi vuole contribuire ad una rinascita della Sicilia partendo dal suo “tesoro moribondo”.
Gentile ministro,
mettiamo le mani avanti. Sappiamo che le possibilità che lei ha di potersi muovere istituzionalmente nello specifico caso di Sicilia sono poche. Le sue prerogative, infatti, in qualità di membro del governo – responsabile dei Beni Culturali e Artistici – sono ridotte in conseguenza dello Statuto Speciale ma ci rivolgiamo a lei come Dario Franceschini, cittadino italiano, scrittore e uomo di cultura.
Siamo un gruppo di siciliani, scrittori, poeti, artisti ma anche gestori di alberghi e di locande, librai, chef e guide turistiche: gente che fa cultura, vive di cultura e fa vivere di cultura.
La situazione che si sta profilando in Sicilia è attualmente disastrosa e – con un degrado che non è solo imputabile alla scarsità dei bilanci – rischia di peggiorare di giorno in giorno.
I giornali hanno dato notizia dell’assurdo rischio miracolosamente scampato: quello della chiusura pasquale dei siti archeologici, dei musei e dei parchi perché considerati come lavoro straordinario. E anche se lo fosse? Come si fa già a concepire la chiusura in un periodo in cui l’affollamento dei turisti è maggiore del solito? Non è pensabile di affidarsi, di volta in volta, ai miracoli sollecitati dalle polemiche e dal clamore dei giornali.
Gli operatori turistici lavorano quando gli altri sono in vacanza, cosa ovvia dappertutto ma non in Sicilia dove – e su La Repubblica, edizione di Palermo, si è avuta notizia – i tour operator internazionali hanno dovuto cancellare dalle proprie offerte la tappa nella più importante isola del Mediterraneo per non essere riusciti a garantire ai propri clienti le escursioni nei siti archeologici, nei parchi e le visite ai musei.
La Settima Santa di Passione – coi suoi Riti e le sue Processioni – in Spagna è motivo di forte richiamo turistico ma non così in Sicilia dove pure è vissuta con lo stesso carico di storia e sontuosa bellezza, e i reportage di Leonardo Sciascia e Ferdinando Scianna, fino ad arrivare agli scatti di Peppe Leone, ne sono testimonianza.
Per un cittadino italiano è più facile raggiungere le Baleari che la Sicilia – tanto le compagnie aeree vampirizzano sulle rotte – e proprio adesso che la tensione militare porta i vacanzieri dalle coste del Nord Africa altrove, ma pur sempre nel Mediterraneo, la Sicilia riesce ad avere un calo di visitatori dell’8 per cento.
Uno dei problemi più gravi, perché meno venuto alla luce, è poi quello che riguarda i teatri. Su 182 teatri storici, nel breve volgere di un decennio, ne sono rimasti solo 59. Il teatro greco di Siracusa, le cui difficoltà lei ben conosce avendone giustamente deciso il commissariamento dell’Inda, deve tornare a essere “istituto Nazionale” e non può essere preda del più greve provincialismo così come il Teatro Stabile di Catania – un tempo il “terzo teatro d’Italia”, poi portato all’asfissia finanziaria dai vicerè della satrapia regionale – non può scadere in una governance da quartiere con un Moni Ovadia (che già presta gratuitamente la propria competenza al Teatro Margherita di Caltanissetta) che si vede cestinare il curriculum e cedere il passo (in un ente pubblico qual è lo Stabile, dove dovrebbe valere il principio della qualità) ad artisti di caratura locale.
Infine: secondo i dati Istat del 2015 la Sicilia è la regione d’Italia dove si legge meno. Da gennaio a oggi, infatti, sono state uccise dall’indifferenza e dalla cecità delle banche più di 30 librerie vere, non cartolerie, tra le quali le storiche vetrine di Flaccovio a Palermo (sei in tutto) e, a Catania, la libreria La Cultura. Sono notizie su cui lei, gentile Dario Franceschini, non può certo imporre la propria azione da ministro ma da scrittore e da cittadino, sì.
Andrea Camilleri
Pietrangelo Buttafuoco
Lello Analfino, musicista
Ivan Artolli, direttore Verdura Resort di Sciacca
Cristiano Barbera, agriturismo Canalotto di Leonforte
Mario Bevacqua, Federazione mondiale Associazione agenzie di viaggio
Emma Dante, regista
Maurizio Erbicella, Ingegnere territorialista
Salvo Ficarra e Valentino Picone, attori
Gaetana Iacono, amministratore delegato Valle dell’Acate
Pinuccio La Rosa, Locanda don Serafino di Ragusa
Giusi Macchiarella, operatrice turistica
Salvatore Mancini, Eremo della Giubiliana
Carlo Ottaviano, direttore Foodebook
Francesca Planeta, cantine Planeta
Antonio Rallo, amministratore delegato vini Donnafugata
Ciccio Sultano, chef Il Duomo, presidente delle Soste di Ulisse
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