Un mix di queste due motivazioni ha, probabilmente, ispirato un singolare studio dei due ricercatori americani Rey Hernández-Julián e Christina Peters. Tenendosi distanti da tematiche sociali più controverse, come i pregiudizi derivati da razza, religione o ceto sociale, i due hanno deciso semplicemente di concentrarsi su un luogo comune, anzi su un grande classico dei luoghi comuni. Le persone di bell’aspetto sono, in media, valutate diversamente rispetto a quelle con un aspetto fisico meno attraente?
La ricerca, effettuata nella Denver Metropolitan University, università di provenienza dei due studiosi, si è svolta attraverso due fasi. Nella prima, dopo aver raccolto le foto universitarie identificative di studenti e studentesse, i ricercatori hanno provveduto a farne valutare la bellezza in una scala da 1 a 10 da soggetti esterni all’Università. Nella seconda fase, poi, sono stati confrontati i 168.092 risultati degli esami sostenuti dagli studenti raffigurati nelle foto.
I risultati sembrano essere abbastanza curiosi. Se nel caso degli studenti maschi, infatti, non vi sarebbe alcuna correlazione tra il “voto” estetico ed i voti universitari, nel caso delle ragazze è stato osservato qualcosa. Questo qualcosa è uno scarto di 0,024 punti su base di 4.0 punti per ogni gradino della scala della bellezza. In poche parole, a studentesse classificate come 8 nella fase di valutazione della bellezza, mediamente sarebbe stato associato un voto superiore di 0,048 punti a quello delle studentesse classificate con 6. I ricercatori hanno, inoltre, catalogato ulteriormente i risultati ottenuti, dividendo, stavolta, le ragazze in tre gruppi, ossia sotto la media di bellezza, nella media e sopra la media di bellezza, rilevando nelle votazioni di quest’ultimo gruppo 0,067 punti rispetto al primo gruppo.
Per un’interpretazione più completa di questo strano studio bisogna, infine, specificare che lo stesso non è accaduto analizzando voti accademici e foto e degli studenti iscritti ai corsi di studio online. Questi esiti hanno lasciato un po’ spiazzati gli stessi ricercatori che, nel tentativo di spiegarli, hanno formulato due possibili ipotesi.
La prima sarebbe da ricondurre ad un maggior dispendio di tempo ed energia da parte degli insegnanti nell’aiutare nell’apprendimento le studentesse “esteticamente” più dotate, mentre nella seconda gli insegnanti, semplicemente, tenderebbero, a parità di rendimento, a premiare le studentesse più piacenti con voti più alti. Gli studiosi hanno, infine, stabilito che, più probabilmente, entrambe le ipotesi potrebbero essere valide, sebbene in differenti misure.
Fermo restando che trattasi di uno studio tutto statunitense, nonché al momento abbastanza raro nel suo genere, e come tale da prendere con le pinze, queste conclusioni non possono che prestarsi a vari spunti di riflessione, specialmente di carattere etico, non soltanto riguardo ai nostri sistemi di istruzione, ma anche, e soprattutto, su quei fili invisibili ed inconsci che governano le nostre società e le relazioni tra le persone.
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