L’inutilità delle discipline umanistiche e l’importanza di studiare ciò che piace

“Studiate quello che vi pare, ma poi sono fatti vostri”: in questo modo Stefano Feltri, vicedirettore de Il Fatto Quotidiano, ha intitolato il suo ultimo intervento, riprendendo la tanto discussa riflessione sui “Conti salati degli studi umanistici”.

Per chi se la fosse persa (anche se difficilmente notizie come queste passano inosservate), Feltri interpretava la ricerca condotta dal Ceps e sconsigliava, quasi come fosse l’Oracolo di Delfi, di iscriversi in corsi di studio umanistici.

Una ricerca del centro studi CEPS ha difatti calcolato il valore ( non in euro) delle lauree, considerando anche gli stipendi a cui si rinuncia mentre si studia anziché lavorare. Se si considera che il valore medio di una laurea sia 100 a cinque anni dalla fine degli studi, una laurea in lettere o in storia avrebbe un valore negativo di -265.

“Fare studi umanistici non conviene, è un lusso che dovrebbe concedersi soltanto chi se lo può permettere”  – tuonava Stefano Feltri  e, riportando statistiche su statistiche, evidenziava come tra i laureati in discipline umanistiche ci sia il più alto tasso di disoccupazione e gli stipendi siano i più bassi.

Che una laurea in discipline umanistiche non sia sinonimo di montagne di oro, stipendi altissimi e un posto sicuro non era una novità. Non era necessario che il signor Feltri utilizzasse queste statistiche per illuminare il futuro delle matricole. Chiunque si sia iscritto in un percorso umanistico ha valutato bene la situazione, ha pensato, ha riflettuto e ha comunque scelto di farlo.

“Fate quello che vi piace fare” non è un consiglio banale e scontato. Se io non mi fossi iscritta in un corso di studi umanistici e avessi scelto una laurea in Economia alla Bocconi, per fare un esempio a caso, sicuramente non avrei mai concluso i miei studi.

Di regola non si deve studiare necessariamente ciò per cui si ha una passione, ma è consigliabile che lo si faccia, sia per fare bene il proprio lavoro sia perché, almeno per me, disoccupata e felice è meglio che impiegata e depressa.

Con questo non voglio esaltare la disoccupazione, ovviamente non è uno stato privilegiato e non è un gioco, ma voglio solamente dire che un corso umanistico è una scelta consapevole e coraggiosa. E arricchire una laurea umanistica con altre esperienze potrebbe essere la strada giusta perché, si sa, la laurea è un ottimo bigliettino da visita, ma durante un colloquio molto spesso si guarda a tutte le esperienze “extra” e non al semplice percorso di studi, sia per un laureato in lettere che per uno in ingegneria.

“Qui non parlo da ricercatrice, ma dico la mia – ha raccontato Ilaria Maselli, ricercatrice CEPS e autrice del paper sulla ricerca, al Sole 24 ORE – bisogna studiare quello che si ritiene, ma combinarlo con tantissime altre attività complementari. In un mondo in cui tantissime persone si iscrivono all’università, il lavoro del titolo in sé si riduce e cresce quello che hai fatto a margine. Occorre creare un’app, creare una newsletter della facoltà, fare da tesoriere alla squadra di basket. Esperienze semplici che ti mettono a contatto con la realtà. Quando arrivi sul mercato non sei solo uno che mangia centro libri, ma uno studente interessante”.

Ancora più stupefacente è stata l’arroganza con cui il vicedirettore si rivolgeva ai futuri studenti di un corso di studi umanistico, prospettando una triste e buia vita da “intellettuale bohémien” e lanciando un monito: “L’importante che siate consapevoli del costo del futuro che dovrete pagare”. Esprimere la propria opinione è possibile, ma si deve tener conto che a leggerla ci sono moltissime matricole ancora indecise sul da farsi e non possono essere influenzate dall’opinione di uno tra tanti.

Non serve spiegare perché gli studi umanistici siano utili o meno, chiunque compia un percorso di questo tipo ha già trovato dentro di sé i motivi per continuare a studiare materie umanistiche e, soprattutto, un motivo per lavorare con il proprio titolo di studi. Mi piace essere ottimista, mi piace pensare che chi compie degli studi di questo tipo non avrà davanti a sé uno stipendio alto, ma avrà davanti a sé ( prima o poi) una carriera da vivere felicemente e senza frustrazioni.

Probabilmente a cinque anni dalla laurea sarò anche io disoccupata, o forse no. Nel frattempo credo in quello che studio e mi impegno ad arricchire la mia vita di esperienze.

 

 

Alessia Costanzo

Laureata in Filologia moderna, attualmente è direttrice responsabile della testata giornalistica LiveUnict e lavora come copywriter. Dopo aver scoperto il Content marketing, la sua passione per la comunicazione si è trasformata, legandosi ai Social media, alla SEO e al Copywriting.

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Alessia Costanzo

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