“Studiare per poi emigrare” : i giovani italiani sono impreparati al mercato del lavoro?

16mila laureati hanno lasciato l’Italia solo nel 2013, il 50% in più rispetto all’anno precedente da quanto emerge dai dati Istat. Una  perdita pari a “un miliardo e 984 milioni di euro trasferiti all’estero, solo nel 2013″ , visto che “un laureato costa in media allo Stato 124mila euro in formazione”: questo è quanto afferma Michèle Favorite in un’intervista rilasciata alla Repubblica degli Stagisti.

Secondo la professoressa di Economia aziendale alla John Cabot University, i giovani sono disposti ad abbandonare il Bel paese per non incanalarsi nel tunnel di un sistema languido e poco meritocratico. A scoraggiare ulteriormente le prospettive il fatto che, mentre le nuove risorse vengono lasciate ad invecchiare alle prese con interminabili graduatorie, i posti migliori sono affidati agli anziani.

Ma i giovani italiani all’estero non hanno vita facile. Se è vero che “la scuola è palestra di vita”, è altrettanto vero che la scuola italiana è frutto dello stesso sistema  lento e polveroso. Tutto questo ha reso finora i ragazzi poco competitivi a livello internazionale per mancanza di spirito critico, di pragmatismo o di forza di abnegazione, senza considerare il fatto che pochi studenti riescono ad avere piena padronanza delle lingue straniere con le conoscenze scolastiche.

La pecca più grave è tuttavia il fatto che l’istruzione italiana non prepara gli studenti a sostenere un colloquio di lavoro in modo professionale e non dà le giuste direttive per crearsi un buon curriculum, laddove in altri paesi come gli USA il curriculum rappresenta una materia studiata al liceo.

Da noi si pensa che più si studia – racconta Michèle Favorite – e più si è attraenti per il mercato ma non è vero. Le aziende non vogliono candidati che sappiano già tutto, ma persone con competenze di base che verranno plasmate in base ai bisogni specifici dell’azienda”.

Dunque sapere, saper fare e saper essere sulla base delle richieste del mercato. Al momento, dalle ricerche emerge che ciò che manca sono sviluppatori di software, addetti al marketing, infermieri, progettisti elettronici, farmacisti, educatori professionali e tutto ciò che sia legato al digitale.

Simona Lorenzano

Cresciuta ad Agrigento, terra in cui ha respirato la grecità a pieni polmoni, consegue la maturità presso il Liceo Classico Empedocle. La passione per la salute e il benessere la spingono a laurearsi in Infermieristica a Catania. Scrive su Live UniCT sin dal primo anno di università e continua a coltivare il suo amore per la scrittura, la musica e le discipline umanistiche. Per citare Plinio il Vecchio: “Non lasciar passare neanche un giorno senza scrivere una riga”.

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