Grey’s Anatomy shock – Lettera di protesta di una fan inferocita

 

[ATTENZIONE: QUESTO ARTICOLO CONTIENE SPOILER]

         

                                   

Cara Shonda Rhimes,

questo non sarà né un articolo né una recensione della 11×21 del tuo beneamato Grey’s Anatomy. No, questa sarà una lettera e nello specifico sarà di protesta.

Dunque, parliamone. Ho iniziato a seguire Grey’s Anatomy perché tutti non facevano altro che parlare di questa serie tv. Così ho iniziato a vederla anch’io. In dieci anni e undici stagioni ho visto letteralmente di tutto. Ho visto ospedali riempirsi di dottori/modelli, ho visto nascere le relazioni più strane – e nei posti più strani- e ho visto dottori chiacchierare delle loro vite private sopra toraci e crani scoperchiati come se nulla fosse. Ho visto attentati, terremoti, omicidi, rapine, incidenti aerei e catastrofi naturali di ogni tipo. Mancava solo un’invasione aliena praticamente.

Ma certo, qualcuno potrebbe dire. Grey’s Anatomy senza un po’ di sana drammaticità non sarebbe Grey’s Anatomy. Giusto, rispondo io. Dunque, per continuare ad andare avanti, la nostra Shondona cara ha cominciato a mettere in scena morti tragiche come se non ci fosse un domani. E tutti i fan di Grey’s giù a piangere. Ormai ho perso il conto dei decessi causati da questa serie tv. E non parlo solo di pazienti random morti sotto i ferri durante gli interventi quotidiani. Parlo dei protagonisti di Grey’s Anatomy, di personaggi che hanno fatto la storia di questo telefilm. Vogliamo elencarli? Partiamo da George O’ Malley, morto in un incidente stradale. Denny Duquette, grande amore di Izzie Stevens e che è morto in maniera tragica. Henry Burton, altro grande personaggio e amore della dottoressa Altman, morto per un tumore. Lexie Grey e Mark Sloan, morti in seguito all’incidente aereo lasciando un grande vuoto nella serie e senza mai essere riusciti a coronare il loro sogno d’amore. Altre morti? Il padre e la madre di Meredith Grey, la moglie del dottor Webber, alcuni specializzandi come Heather, Charles e Reed e infine anche il primo figlio di April e Jackson.

Insomma, una lista infinita. Ma fin qui, diciamo, che la cosa è stata parzialmente accettabile. Ora però la Rhimes ha osato l’inosabile, si è spinta oltre il limite e ha peccato di tracotanza. L’ultima puntata, trasmessa ieri negli USA, ha visto la morte di Derek Sheperd, alias del dottor Stranamore, alias del grande amore di Meredith Grey. L’inizio della puntata vede il dottor Sheperd, diretto ad un incontro col presidente degli Stati Uniti, assistere a un incidente stradale e poi essere vittima egli stesso di un altro incidente. Il resto della puntata è storia. Derek arriva in ospedale, i medici non riescono a salvarlo e la povera Meredith è costretta a staccare la spina.

Ora, io mi chiedo perché. Perché? Era proprio necessario? Cosa aveva fatto di male questo poveretto? Ma soprattutto che razza di fine è stata? Lui che cerca il telefono tra i sedili mentre un camion non vede la sua macchina e non riesce a frenare in tempo? Quella scena mi ha ricordato tanto la morte del padre di Dawson in Dawson’s Creek, una delle morti televisive più ridicole in assoluto.

Dunque la domanda resta, Shonda: perché? Non avevamo già avuto abbastanza morti? E Derek e Meredith non avevano visto già abbastanza guai? E adesso cosa farà la povera Meredith? Rimarrà vedova a vita? O un giorno le farete incontrare un uomo che non sarà mai in grado di arrivare al livello di Derek?

Sono domande che per ora rimarranno senza una risposta. Ma una cosa è certa:

Shonda Rhimes questo è stato un colpo basso. In questo momento ti sto odiando con tutto il mio cuore e sappi che un giorno sarai costretta a subire le pene dell’inferno.

È un bel giorno per salvare delle vite” era solito dire Derek Sheperd. Dunque io te ne prego Shonda, ascolta il tuo personaggio e prendi esempio.

Con affetto

Una fan inferocita

Paola Rachele Perno

Studentessa di Linguistica, telefilm dipendente e divoratrice di libri. L'uso dell'iperbole mi mantiene giovane. https://twitter.com/PaolaPerno

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Paola Rachele Perno

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