A pochi giorni dal giuramento del neo eletto Presidente della Repubblica, l’Associazione Nazionale Docenti Universitari (ANDU) riferisce di “un caso rarissimo di disubbidienza parlamentare ai poteri forti accademici” che nel lontano 1995 vide protagonista l’allora deputato Sergio Mattarella. Nella lontana XII legislatura, infatti, il Governo tecnico Dini aveva approvato una norma che assicurava negli organi collegiali delle università “la rappresentanza degli studenti in misura non inferiore al 15 per cento“.
Molti presidi e rettori si mobilitarono contro l’approvazione della norma e l’esecutivo Dini, scosso da quella vera e propria rivolta, stabilì in un successivo decreto legge che la disposizione doveva applicarsi solo per i Consigli di Amministrazione.
Il ruolo di Sergio Mattarella assunse un’importanza fondamentale proprio in sede di conversione del decreto legge “incriminato”. Il dodicesimo Presidente della Repubblica, allora relatore nella Commissione Affari Costituzionali della Camera, smontò sul piano giuridico la forzatura accademico-governativa, sostenendo che gli studenti erano stati “obiettivamente presi in giro dal Governo“.
Quel decreto-legge decadde, ma il Governo lo reiterò senza cancellare la norma contro gli studenti.
È la stessa ANDU a riportare il durissimo intervento di Mattarella in Aula: «Il Governo non può, dopo pochi giorni, modificarla (la norma, ndr), presentando un decreto-legge che reca un’interpretazione autentica. Ciò, infatti, significa voler cancellare, tra l’altro in forma indebita, quanto disposto dal Parlamento».
Grazie all’intervento del nuovo Presidente della Repubblica, la norma a favore degli studenti è stata mantenuta ed è ancora in vigore. Un motivo in più per dire: «Grazie, Presidente!».
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