Giuseppe Paternò Di Raddusa, classe ’89 laureato in Lettere e specializzato in Editoria, si occupa di critica cinematografia e teatrale. Attore quando se lo propone, critico rumoroso e barocco come la città che gli ha dato i natali, Catania. Paragonato da Carlo Vanzina a Nanni Moretti dopo la sua partecipazione al concorso ” Nuovi Comici”.
Partiamo da una domanda che ti avranno fatto diverse volte nel corso degli anni. Com’è nato il tuo amore per il teatro e la recitazione ? I tuoi studi universitari ti hanno aiutato in qualche modo nello sviluppare questa tua passione?
<<Non ricordo il momento preciso. Ho sempre amato scrivere e parlare di cinema, quello sì, sin da piccolo; ma la passione per la recitazione è arrivata molto dopo, ai tempi del liceo. Frequentavo dei laboratori a scuola (il Cutelli), tenuti da registi importanti come Elio Gimbo, Guglielmo Ferro e Nicola Alberto Orofino. Insieme a loro abbiamo messo in scena delle opere bellissime, e credo di non essermi mai divertito tanto in vita mia. Fare teatro a scuola è un’attività fondamentale, mai troppo riconosciuta: ti consente di intrecciare il fermento adolescenziale allo studio di testi di Euripide e Ariosto. Gli studi universitari (mi sono laureato in Lettere a Catania e specializzato in Editoria a Milano), forse perché afferenti al settore umanistico e quindi non troppo distanti dal mondo del teatro, mi hanno indubbiamente aiutato: tra lo studio di una materia e l’altra ho recitato in diversi spettacoli, ho girato qualche cortometraggio, e ho preso parte a mise en espace e reading letterari. Se avessi scelto di fare Ingegneria Meccanica forse mi sarebbe andata peggio>>.
In seguito alla tua partecipazione al concorso patrocinato dai fratelli Vanzina “Nuovi comici” con il video “Ragazzo cerca femmina facoltosa”, Francesco Aló ha scritto di te: <<Ragazzo cerca femmina facoltosa. Posso dirlo? Il mio preferito. Spregevole, cattivo, repellente, azzimato,immorale. L’Italia di oggi. Ci ha fatto letteralmente impazzire per il testo e la recitazione. Lo sfogo su Vendola è un capolavoro. Questo è un cavallo di razza. E ha capito tutto del presente storico>> e lo stesso Vanzina ti ha paragonato a Nanni Moretti. Bene, la partecipazione a questo concorso come ha inciso sulla tuta carriera? Cosa è cambiato tra il prima e il dopo?
<< Simone Cotenna (il nome del personaggio protagonista dei due video) è una creatura di cui sono davvero orgoglioso. È un maiale, è putrido, è moralmente e sessualmente sgangherato, ma in maniera tenera: è questa la direzione verso cui mi sono orientato, decidendo di trasformarlo in una macchietta che potesse mantenere, tuttavia, una sua dignità. Le parole di Francesco Alò, che è un uomo intelligente in maniera straordinaria e un critico autoironico e assai competente, mi hanno gratificato enormemente. Così come il paragone di Carlo Vanzina con Nanni Moretti, che per me è un riferimento importante e un regista i cui film hanno segnato la mia crescita. Va da sé, secondo me ha esagerato un po’ (per me Moretti è praticamente un genio), ma devo ammettere che sentire quei commenti mi ha reso felice. Quanto ai cambiamenti no, la mia vita non si è trasformata, sia perché non sono i commenti positivi a farti diventare Richard Pryor, sia perché sono stato pigro a riguardo e non ho colto l’occasione per girare un terzo video, che comunque dovrei sviluppare entro la fine dell’estate>>.
Sei il capo redattore di Sik-Sik, il giovane blog del teatro Franco Parenti, parlaci di questa esperienza.
<< Coordinare una redazione di giovani studenti universitari, nello specifico per la preparazione di un blog e di un giornalino cartaceo dedicati all’approfondimento della programmazione di uno dei teatri più importanti e attivi di Milano, è stato gratificante e al contempo molto impegnativo. Le soddisfazioni, tuttavia, sono state molteplici: il lavoro è stato duro, ma con buoni risultati>>.
Nella tua presentazione del blog ti descrivi come “attore fallito e critico disinibito, barocco e rumoroso come la città che ti ha dato i natali, Catania”. Quanto è importante il ‘ sapersi prendere in giro’ nel tuo lavoro? Come ha inciso la tua città natale in ciò che fai?
<< L’autoironia è quell’ancora di salvezza che ti impedisce di diventare come tutta quella gente cretina e compiaciuta che prima o poi incontrerai sulla tua strada; dunque sì, sapersi prendere in giro non solo è importante, ma è anche un discreto strumento di prevenzione. È dall’ironia che comincia la libertà, lo diceva Hugo ne I Miserabili. Quanto a Catania, be’, è una città pantagruelica, egocentrica, pigrissima. La sua indole inerte e al contempo irrequieta incide in maniera assoluta in tutto quello che faccio: credo che ogni catanese racchiuda in sé – mi sia concessa qualche banalità – il germe della contraddizione. Povertà e ricchezza, menzogna e verità, onestà e delinquenza, candore e buttaniamenti, progressismo e bigottismo. È difficilmente riconducibile a categorie precise: Catania si crogiola del suo status di metropoli mancata, che al contempo sa di non essere un paesino. Tutti i politici che sono chiamati a governarla, a destra come a sinistra, vedono svanire intenzioni e desideri, investiti da un’energia indomabile e misteriosa che li porta a mentire, a fallire e a delinquere. È una città estremamente pettegola, in cui la vita dei suoi abitanti viene agguantata e deformata dalla blanda cattiveria del chiacchiericcio. Tutti sono pronti a far cronaca barocca e racconto delle vicende degli altri, un po’ per invidia, un po’ per inclinazione naturale. Sento che non potrei essere nato altrove: è un posto che ha influenzato e continuerà a influenzare tutto quello che faccio e che farò, nel bene e nel male. La si può rinnegare per sfinimento, ma sarebbe un atto codardo e anche vigliacco>>.
Che consigli ti senti di dare ai giovani siciliani che vogliono intraprendere la carriera di attori? Cosa ne pensi di tutti questi film ‘ a sfondo siciliano’ che la tv sta sfornando con apposite fiction?
<< Non sono un attore a tutto tondo, mi occupo di critica cinematografica e teatrale e recito quando me lo propongono, dunque non mi sento in grado di dare suggerimenti quando sono il primo che dovrebbe riceverli. Sui film e le fiction in preparazione non dico nulla, aspetto di fare qualche provino – anche se mi scartano sempre, sia a Milano che a Catania, perché ho i denti troppo grandi. A Milano mi sono finto brianzolo per una delle pre-selezioni de Il Capitale Umano di Paolo Virzì: ho retto per un quarto d’ora, poi mi hanno scoperto. Ne avevo fatto uno per Più buio di mezzanotte, ma non è andato bene. Peccato, perché il regista mi sembrava davvero simpatico. Lo ‘sfondo siciliano’? Ben venga, purché non sia stucchevole, e possibilmente applicato a sceneggiature scritte in maniera decente>>.
Che progetti hai e cosa ti aspetti dal futuro?
<< Non so cosa aspettarmi dal futuro. Vorrei (e sto cercando) un lavoro stabile nell’ambito del giornalismo culturale, considerati gli studi che ho fatto. Ho venticinque anni, e questo Paese fa di tutto per fartene sentire novanta. La concorrenza – in ogni ambito – aumenta a dismisura, e non so se ho la tenacia sufficiente per arginare l’avanzata dei nuovi ventenni. Ci fate caso? Sembrano tutti altissimi, sorridentissimi, talentuosissimi. Ho una piccola parte in Premio per la miglior sceneggiatura (scritto da Sergio Zagami) per la regia di Alfio D’Agata, un bravissimo regista con cui ho già lavorato in passato e che con Mi Chiamo Paoluccio mi ha offerto il mio primo ruolo importante. Girerò a Milano L’apprendista umano, una serie per il web scritta e diretta da Paolo Casarolli, con Mario Leclere alla fotografia. Conto di continuare a scrivere di cinema, teatro e non solo in maniera continuativa ed economicamente stabile, che equivale a poter vincere un Oscar tra sette ore. Ho scritto Filippo Romeo, una sceneggiatura per un lungometraggio: racconta di un trentenne che fa l’autore televisivo, perde il lavoro e ritorna a Catania, dove viene investito dai problemi di una famiglia sui generis, di un gruppo d’amici irrequieti e petulanti e di un esponente dell’infotainment locale che lo invita a lavorare con lui. Ha la forma della commedia e dei riferimenti estetici ben precisi (il cinema di Mike Nichols e John Hughes, bando a ogni snobismo), e mi piacerebbe coinvolgere nel cast mia cugina Manuela Spartà. È diplomata al Centro Sperimentale, ed ha un talento incredibile: ha studiato per anni, ma riesce a essere naturale come se non fosse mai stata davanti a una cinepresa. È una dote che hanno in pochi.
Spero di poter trovare i finanziamenti nei prossimi cinque anni i tempi, è praticamente una chimera, ma è una storia a cui credo davvero tanto e che un giorno vedrò sul grande schermo, mi ci gioco i famosi denti di cui sopra>>.