«Tu sei il mio amico carissimo»: quando lo smartphone diventa l’amico del cuore

Archiviamo le belle serenate dedicate all’amicizia. L’amico non è più «quello che non passa mentre tutto va», come voleva Renato Zero e non ha nemmeno più i caratteri di quell’amico carissimo descritto da Cocciante.

Il più caro amico di una percentuale considerevolmente elevata di giovani è oggi il cellulare, presenza ingombrante che scandisce ogni attimo della giornata. Significativi risultano, a tal proposito, gli studi condotti dall’Università di Bonn su un campione di cinquanta ragazzi. Le indagini dell’Università tedesca hanno appurato che, in media, ogni utente controlla il proprio smartphone 80 volte al giorno, circa una volta ogni 12 minuti. Una vera e propria dipendenza, capace, in quanto tale, di generare crisi di astinenza nel momento in cui viene a mancare l’oggetto del desiderio. A confermarlo  è uno studio ideato dall’Università del Maryland, che ha riconosciuto sintomi tipici dell’astinenza, quali frustrazione, ansia e spaesamento in un gruppo di 1000 ragazzi privati del cellulare per un giorno intero. «La paura incontrollata di rimanere sconnessi dal contatto con la rete di telefonia mobile» si chiama Nomofobia, espressione coniata in occasione di uno studio condotto da YouGov, un ente di ricerca britannico.

Lo studio ha evidenziato la presenza di stati emozionali alterati in soggetti che «perdono il loro cellulare, esauriscono la batteria o il credito residuo o non hanno copertura di rete». La fascia d’età prediletta dalla Nomofobia è quella che va dai 18 ai 24 anni. La paura principale per un nomofobo è quella di perdere il contatto con il mondo. Paura che effettivamente si concretizza e diviene una minaccia concreta nel momento in cui si cerca il mezzo per sfuggirle.

Clelia Incorvaia

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Clelia Incorvaia

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