«Comprami, io sono in vendita» cantava Viola Valentino, nell’ormai lontano 1975. Sono trascorsi trentanove anni. Trentanove anni durante i quali la donna non ha smesso di essere commercializzata, comprata, venduta. Trentanove anni durante i quali la donna, incarnazione quintessenziale di una società capitalistica, non ha smesso di essere un prodotto al quale applicare il cartellino del prezzo, così come non ha mai smesso di essere il burattino nelle mani di Mangiafuoco, la vittima nelle mani del carnefice.
Del resto «il nostro è un mondo di uomini, fabbricato da uomini, la loro dittatura è così antica che si estende perfino al linguaggio: si dice uomo per dire uomo e donna, si dice bambino per dire bambino e bambina…» potremmo dire prendendo in prestito le parole di Oriana Fallaci. E, come avviene in ogni dittatura che si rispetti, il potere assume, sempre più spesso, un volto sanguinario. Le cifre parlano chiaro: secondo i dati della Polizia e dell’Istat, una donna su quattro, nell’arco della vita, subisce violenza. Il fenomeno, negli ultimi nove anni, è aumentato del 300%. Ogni tre giorni, una donna viene uccisa per mano di una persona ”cara”. Ricordiamo, a tal proposito, il caso di Stefania Noce, uccisa dall’ex fidanzato, nella sua casa di Licodia Eubea. Stefania Noce era una giovane studentessa, che, in un articolo, si chiedeva se avesse ancora senso essere femminista. Quello stesso quesito, fatalisticamente posto da Stefania, lo rivolgiamo a Ester Rizzo, Responsabile della Commissione Pari Opportunità del distretto Sicilia della FIDAPA e Responsabile del gruppo Toponomastica femminile della provincia di Agrigento, che ci parlerà di donne e violenza.
Ha ancora senso essere femministe?
– «Bisogna lottare, è chiaro, ma non più per avere i diritti sulla carta; bisogna lottare affinché la mentalità cambi. Bisogna incidere sul tessuto culturale di una società attraverso un lavoro continuo. Bisogna educare alla parità tra uomini e donne, pur nella differenza»».
Il Senato ha approvato il decreto legge contro il femminicidio con 143 voti a favore e 3 contrari. Il decreto, già passato alla Camera, è, dunque, diventato legge. Più di 400 emendamenti volti a tutelare la donna. Il nostro è un Paese che, all’articolo 3 della Costituzione, sancisce il principio di uguaglianza. Un Paese che ha bisogno di emanare una legge ”sessista”, può dirsi veramente egualitario?
– «No, non è egualitario. La nostra è un’uguaglianza formale, non è assolutamente un’uguaglianza sostanziale. Purtroppo, noi abbiamo ancora bisogno di leggi ad hoc. Temporaneamente, quindi, occorrono correttivi legislativi».
Secondo il rapporto Eures, tra il 2000 e il 2012, in Italia, sono state uccise 2.220 donne e il 70% dei delitti è avvenuto in ambito familiare o affettivo. ”Uomini che odiano le donne” non è soltanto il titolo di un romanzo poliziesco, è anche un’amara realtà. Perché, però, sempre più uomini odiano le donne? Cosa spinge un uomo ad uccidere una donna?
– «Gli uomini, ovviamente parliamo dei casi estremi, percepiscono la compagna come una proprietà, come qualcosa che deve adeguarsi al loro stile di vita e alle loro aspettative. L’uomo, emotivamente, è molto più debole della donna; non accetta che la donna possa pensare, non accetta che possa prendere una posizione, che possa decidere addirittura di interrompere una relazione. Per questa tipologia di uomo la donna è un oggetto, non un soggetto. Quando lei decide, lui uccide».
«Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla, se non la loro intelligenza», affermava Rita Levi Montalcini. Oggi, però, sempre più donne preferiscono semplicemente cambiare il loro conto in banca e mostrare, se non addirittura violare, il loro corpo. La donna, in questo caso, diventa carnefice di se stessa o rimane piuttosto vittima di una società maschilista, quindi vittima di una società che considera il corpo della donna alla stregua di un oggetto?
– «Ѐ vittima, perché una ragazzina che cresce ”a pane e televisione” e non trova sufficienti modelli femminili in ambiti quali la politica o la scuola, focalizza la propria attenzione sull’apparenza. E l’apparenza rende la donna simile ad un oggetto. In realtà, le donne hanno fatto la storia, i modelli femminili esistono, ma non vengono adeguatamente valorizzati».
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