Categorie: Attualità

Teatro Coppola, la disobbedienza è civile

Dovremmo essere prima di tutto uomini, e poi sudditi. Non c’è da augurarsi che l’uomo nutra rispetto per la legge, ma che sia devoto a ciò che è giusto.
Così Henry David Thoreau scriveva nel saggio “Disobbedienza civile” del 1849, parlando del “diritto alla ribellione”, della “disobbedienza” che l’uomo può esercitare nei confronti dello Stato nel momento in cui si sente assoggettato a delle leggi ingiuste. Il Teatro Coppola, sceglie la disobbedienza civile dopo aver ricevuto il 17 Gennaio 2014 l’ispezione di due agenti di polizia giudiziaria che si sono presentati su richiesta dell’ufficio al patrimonio del Comune di Catania con l’intento di verificare l’effettiva “occupazione abusiva di uno stabile di proprietà comunale”. Il 16 Dicembre del 2011, il Teatro Coppola veniva occupato e riaperto ai cittadini da lavoratrici e lavoratori siciliani della cultura e dello spettacolo. Sono stati anni intensi, di lavori in ristrutturazione, di workshop, spettacoli, mostre, grazie all’autofinanziamento e alla sottoscrizione volontaria dei fruitori. “Un bene comune, un luogo negato alla cittadinanza da più di cinquant’anni – simbolo dell’assenza di politiche di sviluppo culturale a Catania come nel resto del Sud – tornato ad essere Teatro dei Cittadini.” Il 21 Gennaio 2014, dopo l’ispezione giudiziaria, il Teatro Coppola ha scritto un comunicato stampa che riportiamo alla fine dell’articolo, dove si rivendica la portata della protesta. La polemica continua, soprattutto dopo la risposta dell’assessore al bilancio Giuseppe Girlando che ha definito “accuse generiche” le parole degli occupanti ribadendo che il riferimento alla somma di 225mila euro che nel 2005 venne stanziata dall’allora giunta Scapagnini per lavori che non sono mai stati completati è una “leggenda metropolitana”. Girlando afferma che il vecchio progetto non è mai andato in porto, che sarebbero parole prive di riscontro nella realtà, che gli occupanti avrebbero potuto chiedere, secondo quanto previsto dal regolamento, la concessione dei locali in cambio di un canone agevolato, e perfino azzerato in ragione ai lavori eseguiti sul bene, e ha concluso riconfermando la volontà da parte del Comune di continuare a lavorare per fare “l’interesse di tutti i catanesi”. Davanti l’ingresso del Coppola vi è ancora un cartello con cui si pubblicizza il progetto che avrebbe trasformato lo stabile del Teatro in una sala prove d’orchestra e che i lavori avrebbero preso il via il 3 Maggio 2005. Se ne parlava nel 1999, e solo nel 2005 il contratto è stato firmato. A quel tempo il Comune di Catania versava in una situazione di difficoltà economica, e pagava in ritardo la ditta vincitrice dell’appalto, che dopo aver ottenuto una proroga fino al 2007, in seguito a problemi economici, ha dichiarato fallimento e ha abbandonato il cantiere. (Per approfondire la vicenda vi rimandiamo al dettagliato articolo di Luisa Santangelo del 5 gennaio 2012 per CTzen)

La disobbedienza è civile, comunicato stampa del 21 Gennaio 2014, Teatro Coppola.
“Il problema sollevato in questi giorni dall’Amministrazione Comunale sulla “legalità” del Teatro Coppola Teatro dei Cittadini è strumentale e falso, come strumentale e falsa ne è la soluzione. Ridurre un’esperienza di cittadinanza diretta a semplice questione amministrativa,
pur riconoscendone la valenza sociale, è il modo di nascondere sotto il tappeto bisunto della legalità le motivazioni che stanno alla base di questa esperienza. Condividerne la valenza ma non la pratica vuol dire farne propria la superficie e non la sostanza. L’occupazione del Teatro Coppola Teatro dei Cittadini nasce per sottolineare la totale mancanza di una politica culturale pubblica; l’intenzionale disinteresse verso i mestieri della cultura; la delega esclusiva ai grossi privati della gestione dello spettacolo; la pratica dei grandi eventi come esposizione mediatica della politica e distribuzione clientelare dei finanziamenti; il sequestro di strutture e fondi pubblici da parte di enti istituzionali (vedi Teatri Lirici e Teatri Stabili) gestiti in consorteria e ridotti a feudo esclusivo di amici, parenti e raccomandati; la totale mancanza di percorsi di formazione accessibili a tutti; l’immiserimento artistico di un territorio che, per patrimonio storico morale e materiale, dovrebbe essere la prima azienda culturale del Paese; la continua fuga altrove di intelligenze e maestranze; la conferma a oltranza di corporazioni privilegiate e verticistiche; l’assoluta estromissione dei cittadini dai processi decisionali, dalle scelte, dalla condivisione; la creazione di solitudine sociale. A fronte di tutto questo l’Amministrazione vorrebbe uscirsene con un canone agevolato o cambiando nome a vecchi assessorati. Come idea di legalità ci sembra un po’ debole, debole quanto il patetico paternalismo dell’accompagnare lungo il percorso del rispetto delle regole il Teatro Coppola Teatro dei Cittadini. Sono le loro regole ad aver prodotto l’occupazione. È l’uso spregiudicato di queste regole a produrre disobbedienza civile. La soluzione, secondo l’Amministrazione, sarebbe quella di «avviare il percorso previsto dai regolamenti comunali per l’assegnazione di spazi in concessione(…) presentando una domanda». Certo, potevamo pensarci due anni fa a presentare una domanda: “Ci date in concessione quel deposito di sterco per il quale avete stanziato 225.000 euro dei quali non si sa più nulla?”. L’amministrazione comunale sa perfettamente che l’immobile in questione non ha nessun requisito legale per poter esser dato in concessione secondo le vigenti norme; sa perfettamente che per mettere in agibilità lo stabile di Via Vecchio Bastione 9 dovrebbe effettivamente spendere quei 225.000 euro già stanziati e scomparsi nel 2005; è perfettamente a conoscenza dell’impossibilità di assegnarlo, eppure è così buona da tenderci la mano e provare a farci passare per quelli che aprioristicamente la rifiutano. Strana professione di trasparenza, anche se questa trasparenza, si sa, è sempre applicabile con le guardie. Ma spingiamoci oltre nel percorso delle regole.Rientrare nella legalità significa costituirsi in cooperativa o in associazione, diventare un soggetto giuridico preposto alla gestione dello spazio. Né più né meno di un qualsiasi privato, uno di quei tanti privati che grazie all’applicazione delle regole sono costretti a chiudere con impressionante frequenza le proprie attività. Probabilmente l’amministrazione comunale ignora, o fa finta di ignorare, cosa significa gestire un piccolo teatro, una piccola sala concerti, un piccolo cinema, un’associazione, un qualsivoglia spazio culturale; ignora quanti posti di lavoro vengono bruciati nel mondo dello spettacolo a causa di regole utili solo a spremere quanto più possibile i gestori senza restituire niente in termini di servizi e agevolazioni. Fra utenze, permessi di vario tipo, S.I.A.E., tasse di smaltimento rifiuti, limiti di decibel, controlli selvaggi e applicazioni arbitrarie dei regolamenti a seconda dell’umore dell’agente di turno, il gestore di un locale farebbe prima a darsi alla macchia invece di restare al suo posto ed essere trattato col disprezzo che tocca al fannullone. È praticamente impossibile gestire una sala nel rispetto delle regole. Un incubo farlo senza contributi. Regolarizzare il Teatro Coppola Teatro dei Cittadini equivale a sgomberarlo. E di questo l’amministrazione è cosciente. Detto ciò, se avessimo voluto aprire un oratorio non saremmo qui a rischiare denunce. Se avessimo voluto essere parte di un sistema di regole inique e fuori dal tempo avremmo trovato il modo di chiedere il permesso. Non abbiamo bisogno di un garage da trasformare in “atelier” a tasso agevolato. Noi difendiamo una pratica che genera conflitti necessari e partecipazione sociale. Difendiamo una pratica come contributo al generale discorso sull’emergenza cultura e sulla qualità dell’esistenza di ognuno. Difendiamo una cultura che è ricchezza collettiva e come tale va condivisa, di fatto e non attraverso gare d’appalto. L’umanità di una disobbedienza fondata sulla reciproca solidarietà fra cittadini, disobbedienza che solo in tale complicità trova la sua legge e la sua legittimazione. Non innalziamo barricate: apriamo porte chiuse dalle regole affinché queste porte vengano attraversate dai bisogni e dalle più diverse esperienze di quanti credono sia ancora possibile far parte di una comunità, come individui liberi e non come sudditi abili solo a mettere una croce su una scheda. Su questi temi e con questi argomenti siamo disponibili a incontrarci, sin da subito e pubblicamente, con tutte le componenti artistiche, culturali, politiche ed economiche della Città di Catania.”

Cristina Chinaski

Cristina Chinaski nasce a Catania dove tuttora risiede. Ama viaggiare, fotografare, leggere, scrivere. Ha una passione viscerale per la musica, suona il pianoforte, colleziona vinili e adora il cinema.

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Cristina Chinaski

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