“Io sono gay, ho 17 anni e questa lettera è la mia ultima alternativa al suicidio in una società troglodita, in un mondo che non mi accetta sebbene io sia nato così. Il vero coraggio non è suicidarsi alla soglia degli ottanta anni ma sopravvivere all’adolescenza con un peso del genere, con la consapevolezza di non aver fatto nulla di sbagliato se non seguire i propri sentimenti, senza vizi o depravazioni. Non a tutti è data la fortuna di nascere eterosessuali. Se ci fosse un po’ meno discriminazione e un po’ più di commiserazione o carità cristiana, tutti coloro che odiano smetterebbero di farlo perché loro, per qualche sconosciuta e ingiusta volontà divina, sono stati fortunati”.
Come poter effettivamente proteggerci (tutti!) dai continui atti di bullismo a cui siamo spietatamente sottoposti. Tra l’altro, al classico bullismo, con l’avanzare del progresso tecnologico, si aggiungono nuove forme come il cyberbullismo. Il cyberbullismo viene definito come “l’uso delle tecnologie di comunicazione elettronica e il coinvolgimento in atti di crudeltà e comportamenti ripetuti e/o largamente diffusi che procurano danni emotivi nei confronti di altri”. Spesso la vittima non è al corrente di chi sia l’artefice di questa continua e perseguitante agonia. Esistono diverse categorie di cyberbullismo:
“Proviamo ad immaginare un Paese dove fin dalle scuole elementari si parli di diversità. Dove si smontano le paure e si disintegra quella cultura del dominio sulla debolezza che vale per i gay, come per le donne, per i migranti, per i Rom, valeva per i terroni in terra lombarda negli anni ottanta, come per chiunque non sia l’effige del vigliacco bicipitismo italico o di una qualche razza autoctona che rilevi una diversità anche flebile tra le proprie fila. Siamo costituiti di gerarchie, di familismo malato ed asfittico, di imposizioni generazionali e di genere. Per guarire dall’omofobia l’intero Paese dovrebbe andare a scuola, ritrovare il senso vero della forza che non passa per i muscoli, non passa per l’età, non passa per la differenza di genere.
Occorre ripartire proprio da qui, da un programma educativo mirato che sappia inculcare nuove ottiche, lanciare nuovi messaggi di inclusione e di uguaglianza. Gli atti di bullismo non hanno come vittime solo i gay o le lesbiche: donne, immigrati, anziani, disabili, malati mentali, bambini: sono tutte categorie deboli, fragili quindi seriamente a rischio. Tutti abbiamo pari diritti, tutti abbiamo diritto di vivere serenamente e pacificamente in questo mondo, tutti abbiamo diritto a essere felici, a non essere messi in disparte, tutti abbiamo il diritto a essere riconosciuti e apprezzati per quelli che siamo, nessuno merita di essere ghettizzato in ridondanti pregiudizi primitivi e oltremodo bigotti. Come termina Tancredi nella sua lettera:
“Un Paese che si dice civile non può abbandonare dei pezzi di sé. Non può permettersi di vivere senza una legge contro l’omofobia, un male che spinge molti ragazzi a togliersi la vita per ritrovare quella libertà che hanno perduto nel momento in cui hanno respirato per la prima volta. Non c’è nessun orrore ad essere quello che si è, il vero difetto è vivere fingendosi diversi. Noi non siamo demoni, né siamo stati toccati dal Demonio mentre eravamo in fasce, siamo solo sfortunati partecipi di un destino volubile. Ma orgogliosi di esserlo. Chiediamo solo di esistere”.
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