Ecco svelato il motivo della recente antifona: ”Studiare è solo una perdita di tempo”
Al giorno d’oggi, il numero dei neo-diplomati che non scelgono l’università è salito drasticamente, ai 19enni, il cui numero è rimasto stabile negli ultimi 5 anni, la laurea interessa sempre meno: le iscrizioni sono calate del 4% in tre anni: dal 51% nel 2007-2008 al 47% nel 2010-2011. Ormai in dieci anni gli immatricolati sono scesi da 338.482 (anno accademico 2003-2004) a 280.144 (2011-2012), con un calo di 58.000 studenti (-17%). Queste percentuali non sono casuali, se comparate certificano la scomparsa di un intero Ateneo!
Una spiegazione c’è e si trova proprio racchiusa nella proporzione tra investimento nell’università pubblica e immatricolazioni. L’indagine CUN (Consiglio Universitario Nazionale), ha rilevato un buco nel bilancio in seguito alla l. 133/2008 meglio nota come riforma Gelmini-Tremonti, che è stato coperto dagli Atenei. Come? Con l’aumento delle tasse universitarie (60% in più rispetto agli ultimi dieci anni e terzi in Europa) e anche con una riduzione delle borse di studio, fattore collegato al FFO (Fondo di Finanziamento Ordinario delle Università) di natura statale, il suo calo è strettamente proporzionale all’irrogazione di borse di studio, nel 2009 i fondi nazionali coprivano l’84% degli studenti aventi diritto, nel 2011 il 75%. Questo non è tutto, tra i tagli Gelmini è compresa anche un’insolita commisurazione tra docenti e studenti. Infatti in sei anni (2006-2012) il numero dei docenti si è ridotto del 22% e nei prossimi 3 anni si prevede un ulteriore calo. Contro una media Ocse di 15,5 studenti per docente, in Italia la media è di 18,7. Pur considerando il calo di immatricolazioni, il rapporto docenti/studenti è destinato a divaricarsi ancora proprio perché i professori hanno difficoltà ad essere assunti. Il calo è anche dovuto alla forte limitazione imposta ai contratti di insegnamento che ciascun ateneo può stipulare. Ciò ha avuto delle conseguenze, come per esempio l’aumento di corsi a numero chiuso, ben il 45% dei corsi italiani. Sono stati eliminati 1.195 corsi di laurea. Quest’anno sono scomparsi 84 corsi triennali e 28 corsi specialistici/magistrali. Se questa riduzione è stata inizialmente dovuta ad azioni di razionalizzazione, ora dipende invece in larghissima misura alla pesante riduzione del personale docente.
Per quanto riguarda coloro che si laureano? l’Italia è largamente al di sotto della media Ocse: 34mo posto su 36 Paesi. Solo il 19% dei 30-34enni ha una laurea, contro una media europea del 30%. Il 33,6 % degli iscritti, infine, è fuori corso mentre il 17,3% non fa esami.
Luca Spadon, portavoce di Link Coordinamento Universitario, ha affermato: “E’ in corso una vera e propria espulsione di massa dalle nostre università di migliaia di studenti e studentesse a causa dei tagli”. “Gli atenei – spiega Spadon in una nota – hanno aumentato le tasse universitarie per far fronte alle spese di gestione. La contribuzione universitaria negli ultimi 5 anni (dal 2007 al 2011) è aumentata complessivamente di ben 283 milioni. Inoltre diminuendo i fondi per il diritto allo studio nel 2010-2011 gli studenti ‘idonei non beneficiari’ di borsa di studio erano 45.000, un dato che è aumentato esponenzialmente nell’ultimo anno”. A tutto ciò – conclude Spadon – occorre aggiungere i sempre maggiori costi dei servizi, dalle mense ai trasporti ai libri di testo.
I numeri, le percentuali e i presupposti sembrano scomparsi, soltanto il Ministro Padoa Schioppa aveva previsto un graduale e progressivo aumento di FFO per le università e per i fondi per il diritto allo studio-con un piano pluriennale. Il suo progetto purtroppo tramontò a causa dei tagli Gelmini, eppure avrebbe dovuto portare l’Università, la ricerca e il diritto allo studio italiani ad una dignità di investimento vicino alla media europea.
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