Circa duemila campi in erba sintetica in tutta Italia, dal calcetto al tennis, potenziali focolai di batteri che vanno assolutamente attenzionati. È questa la ricerca condotta da Cinzia Randazzo, docente di Microbiologia Agroalimentare dell’Università degli Studi di Catania, che per prima ha lanciato l’allarme.
Escherichia Coli, stafilococchi e carica batterica aerobica totale con colonie che si riscontrano in tutti i campi sintetici posti sotto il controllo e che, se non posti sotto la lente d’ingrandimento, rischiano di provocare modesti rischi di infezioni in seguito a ferite.
Microrganismi potenzialmente dannosi per la salute che arrivano puntualmente sui campi di gioco attraverso le microparticelle di sudore, le feci di volatili, gli sputi, la suola delle scarpe, l’acqua impiegato per la pulizia del terreno o il semplice e continuo calpestio dei giocatori. Niente di nuovo insomma ma che, come dichiara la stessa docente, possono essere un rischio in caso di ferite o per il contatto di giovani e giovanissimi contro questi microrganismi.
“Ci siamo posti l’obiettivo di stimare il grado di contaminazione di campi sportivi in erba artificiale – spiega la docente dell’ateneo catanese Cinzia Randazzo -. Le analisi sono state eseguite su svariati punti del manto appartenenti a diversi impianti, con differenti gradi di usura, con risultati simili tra i campi che hanno evidenziato una carica microbica totale pari a 10mila unità formanti colonie (ufc) per centimetro quadrato, nonché la presenza di stafilococchi pari a 1000 ufc per cm quadrato; la presenza di Escherichia Coli pari a 100 unità formanti colonia per centimetro quadrato“.
Lo studio rappresenta una prima indagine per andare a comprendere l’origine della contaminazione e garantire, nel migliore dei modi, le qualità igienico-sanitarie degli impianti sportivi, in modo da tutelare la salute di chi abitualmente li frequenta.