Negli ultimi 30 anni, gli stipendi degli insegnanti italiani hanno subito un forte impoverimento, fino a diventare, oggi, persino inferiori a quelli di alcuni operai. A sostenerlo è Marcello Pacifico, presidente nazionale del sindacato Anief, che denuncia una “mancanza di consapevolezza del valore del corpo insegnante”, e accusa la gestione pubblica di aver tagliato i fondi per l’istruzione per fare “cassa”, compromettendo così un settore fondamentale per la società.
Per affrontare la situazione, Pacifico avanza due richieste specifiche: “cambiare registro con scatti stipendiali automatici più numerosi e ravvicinati nel tempo” e “ricreare quello spirito di categoria che si è perso negli ultimi decenni, con il sindacato a fare da trade union”. Secondo il sindacalista, la perdita di valore degli stipendi dei docenti è evidente quando si confrontano le cifre nel tempo.
I dati
Pacifico ricorda che negli anni ’90 un insegnante delle scuole superiori in Italia guadagnava 2,2 milioni di lire al mese, mentre un operaio edile si attestava intorno a 1,3 milioni. Tuttavia, oggi il divario è invertito: un docente delle scuole medie e superiori percepisce una busta paga mensile di circa 1.500 euro, mentre un operaio edile arriva a guadagnare 1.600 euro.
Questa discrepanza si riflette anche a livello annuale. “Nel 1993, un docente in Italia guadagnava 29 milioni di lire, mentre nel 2023, la sua busta paga si ferma a 29 mila euro”, sottolinea Pacifico, facendo notare che il valore del salario si è dimezzato.
Il profilo europeo
Il costo della vita, che negli anni è aumentato considerevolmente, non fa che peggiorare la situazione per il personale della scuola, il cui stipendio è inferiore di circa 5 mila euro annui rispetto alla media degli altri dipendenti pubblici italiani. A questo si aggiunge un enorme divario rispetto ai compensi dei colleghi europei, soprattutto nei Paesi scandinavi e in Germania, dove il valore economico dell’insegnamento è maggiormente riconosciuto.
Anche i docenti francesi, pur partendo da stipendi iniziali non elevatissimi, si trovano in condizioni migliori rispetto a quelli italiani, che “sono ai livelli sotto la soglia della dignità”, afferma Pacifico.
Pacifico conclude osservando che il valore investito nell’istruzione è un riflesso dello stato generale dell’economia italiana, la quale si posiziona quasi un punto sotto la media del PIL dell’Unione Europea.












