Alfio D’Agata è un regista di origine catanese dal grande talento, il suo amore per il cinema e la regia è nato intorno ai dieci anni. Ha realizzato vari cortometraggi e mediometraggi, tra questi “Neanche i Cani” presentato ai David di Donatello 2014. Presto in anteprima (25 novembre 2014), con presentazione al Teatro Massimo Vincenzo Bellini di Catania, lo short film “Premio Per La Migliore Sceneggiatura” ( con Mario Opinato, Stella Egitto, Franz Cantalupo, Fabio Boga, Silvana Fallisi, Emanuela Muni, Marta Limoli- a fine intervista il trailer ufficiale in HD).
Partiamo da una domanda che le avranno fatto diverse volte nel corso degli anni. Com’è nato il suo amore per il cinema e la regia?
È nato intorno ai 10 anni; mio padre era il Presidente della Società Storica Catanese che si trova sopra il cinema Lo Pó, il pomeriggio lui andava a lavorare e mi lasciava al cinema… spesso rivedevo lo stesso film 2 volte. E così ne sono rimasto affascinato, dopo di che da grande ho voluto capire come si realizzava un film…
Qual è stato il lavoro che le ha dato più soddisfazioni e perché?
Probabilmente il mediometraggio “Ti aspetto fuori”, sia per la difficoltà della realizzazione sia per il coinvolgimento artistico-emotivo. La pellicola (c’era ancora la pellicola…) è stata girata all interno del carcere minorile di Bicocca, e ha visto interagire attori professionisti con ragazzi che non erano neanche mai andati al cinema…Cosa la ispira nel suo lavoro? Quali sono i suoi modelli di riferimento?
All’inizio mi ispirava sicuramente una passione senza confini. Adesso sempre la passione ma con una gran componente di pazienza.
I miei modelli di riferimento sono tutti quei registi che conoscono bene il mezzo, che sanno come funziona la macchina del set, ai quali non sfugge nulla. Tornatore, ad esempio…
Ci parli del suo ultimo lavoro, Premio per la Migliore Sceneggiatura, short film in anteprima il 25 novembre.
È un corto complicato e che affronta temi importanti e di attualità come la violenza sulle donne. Una sfida raccontare in soli 4 giorni di riprese la vicenda familiare di una donna in carriera e allo stesso tempo parlare del rapporto sceneggiatore – regista. Sfida resa possibile grazie a un produttore catanese -ci tengo a precisarlo- Giuseppe Rizzo, che ha voluto credere nella sceneggiatura di Sergio Zagami e a me come regista.
Che vuol dire girare un cortometraggio oggi e quale rapporto hanno le generazioni digitali con il cortometraggio?
Per me vuol dire sempre un gran da farsi, lavorare e lavorare, non risparmiarsi in nulla. Oggi il corto è più alla portata di tutti, se ne possono vedere proprio tanti; tutto ció ovviamante ha abbassato la qualità e spesso dietro la frase “mi è costato solo 100 euro” si nasconde una povertà di idee e tecnica che “offende” la vista di chi guarda. A me non interessa quanto sia costato, a me interessa vedere un bel lavoro; prima di tutto sono uno spettatore.
Quanta importanza ha la passione nel suo lavoro?
Come ho detto prima, la passione è alla base di questo lavoro, e oggi più che mai che non si hanno certezze di alcun genere, bisogna essere proprio appassionati -ai limiti della fissazione- per intraprendere una carriera del tutto priva di solidità.
Che consigli si sente di dare ai giovani siciliani che vogliono intraprendere la carriera di regista?
Di aprirsi un arancineria a Roma e col ricavato finanziarsi i propri film… Ma se poi non si ha la possibilità della rosticceria, dico che bisogna studiare e avere un approccio umile, curioso, sempre pronto a imparare qualcosa. Io dopo la laurea in Lettere ho ricominciato con la “gavetta” sui set ed ero affascinato da tutto quel circo…oggi consiglio ancora la gavetta e quella passione che ti serve all inizio per “sopravvivere” (la serie Boris è quanto di più vero esiste per capire come funziona il magico mondo du cinemà…).
http://youtu.be/_2yB2gwJi74