- Il Festival di Sanremo, da qualche anno, si caratterizza per alcune certezze tipiche della prima serata: l’impressione – almeno fino alle 22.35 circa – che quella corrente sia l’edizione più sottotono di sempre, che le canzoni siano tutte le stesse, che la conduzione sia un po’ impacciata, persino che la kermesse non possa iniziare senza una plateale protesta fuori programma. Quest’anno, ad aprire le danze è il nostrano Rosario Fiorello, che non si misura con un tentativo suicida – come nei precedenti – ma con un uomo che chiede di ridiscutere pubblicamente i termini del proprio contratto; fin da questo episodio, gestito con spontaneità e sicurezza allo stesso tempo, Fiorello dimostra di non essere solo il tradizionale comico della prima sera, lo “scalda – pubblico” che il più delle volte si prende il palco per la tradizionale satira politica: solo un accenno (per carità, siamo pur sempre in campagna elettorale) ma per il resto tanto di cappello ad uno straordinario intrattenitore, che oltre al pubblico scalda anche la propria voce, facendo persino sentire ai più nostalgici l’assenza di una trasmissione televisiva come Karaoke.
Con una performance del genere, il pubblico nazional-popolare non ha alcun dubbio che Fiorello sembri più adatto di Claudio Baglioni per condurre questa edizione. Fortuna che il conduttore ha scelto Michelle Hunziker e Pierfrancesco Favino come propri compagni di viaggio: la prima, dopo qualche emozione iniziale di troppo, si prende la scena con simpatia ed eleganza, mentre il secondo dimostra di essere anche un valido cantante, oltre che uno stimabile attore. Se Baglioni invece non ha dato grandi certezze sulla conduzione, dal canto proprio ribadisce la centralità della canzone, italiana soprattutto, per questa edizione: lo dimostrano anche i siparietti riempitivi con Fiorello e Favino, che non fanno sentire la mancanza del super ospite internazionale e colmano sufficientemente l’assenza dell’attesa Laura Pausini, ancora bloccata dalla faringite.
Quanto alla gara, come in altre poche occasioni sono “eliminate le eliminazioni”: i venti concorrenti in gara possono così presentare le rispettive canzoni in un’unica sera, nessuna delle quali saluta il palco anzitempo. La tradizione vuole che il senso di novità non imperi fin dalla prima sera: se in linea di massima predomina la canzone sentimentale, quella propriamente italiana che parla di quanto sia bello ma spesso difficile gestire una relazione, uno sguardo sull’attualità è offerto da alcuni duetti, su tutti la coppia Moro-Meta, che hanno già incarnato in precedenza le vesti dei cantautori di protesta ma che insieme hanno congegnato una vera bomba contro le bombe vere, su cui nelle ultime ore è piombato il rischio di una potenziale squalifica per un presunto plagio ad un inedito di Andrea Febo, che comunque è co – autore anche di Non mi avete fatto niente. La giuria demoscopica non sembra dello stesso avviso sulla coppia Roy Paci e Diodato, che pure si stacca dalla tendenza generale con Adesso, invitando a riflettere sulla bellezza, comunque vada, della vita umana. Abbastanza stagionata ma vocalmente fresca Ornella Vanoni, che se la gioca con l’elastica nonnina de Lo Stato Sociale, i veri portatori di freschezza al momento, a dimostrare come le presenze più insolite sul palco possano già essere un buon ingrediente di originalità da rintracciare nella canzone.
Fiorello lamentava l’assenza dei rapper in questa edizione: si potrebbe anche lamentare quella dei gruppi, in quanto Lettera dal duca e Così sbagliato non sembrano essere state un buon motivo per riunire rispettivamente i Decibel e Le Vibrazioni. Allo stesso modo, non pare proprio azzeccata la decisione di sciogliere i Pooh, almeno, non per Sanremo. Frida, dai, dai dei Kolors invita al riascolto, magari per non capire solo le ultime due parole del titolo, mentre Elio e compagni rimarcano nella maniera più a loro familiare la fine della carriera. Il sound e la terra napoletana, da qualche anno affidati ai rapper, riecheggiano con la coppia Avitabile – Servillo; Gazzè dimostra come è possibile partecipare anche cinque volte ma riuscendo sempre a destabilizzare le aspettative. Profondo il ricordo di Lucio Dalla in Almeno pensami di Ron; profondo anche l’intimo soul di Mario Biondi ma non tale da incidere sulla gara.
I rimanenti artisti rimangono dentro i propri schemi: Annalisa si mostra adatta per essere la prima ad esibirsi, così come Caccamo, Rubino e Barbarossa sperimentano le teorie per riequilibrare i rapporti di coppia mentre Noemi e Nina Zilli ricordano quanto sia importante dare voce alle donne. Prima della chiusura del sipario, i primi verdetti: al top soprattutto le donne, insieme a Lo Stato Sociale, Gazzè e la coppia Meta – Moro.