La situazione siccità in Sicilia è sempre più allarmante. Ecco cosa sta succedendo nel nostro territorio e come pian piano tutto sta morendo.
Meno di un mese fa, il governo Schifani, ha dichiarato lo stato di calamità naturale per la grave siccità, che sta distruggendo il nostro territorio. Durante il periodo da settembre a dicembre 2023, si è registrata una carenza totale di precipitazioni pari a 220 millimetri, solo a dicembre 2023 si è registrato un deficit con picchi anche del 96% tra le province di Enna (-81,5% in media) e Catania (-80%).
Ad oggi la Sicilia è l’unica regione d’Italia in zona rossa, ed è una delle poche in tutta l’unione europea. La stessa situazione si osserva solo in Marocco e in Algeria. In 150anni la Sicilia ha distrutto il 95% delle sue zone umide, trasformandole in aree urbane o terreni agricoli.
Attualmente in Sicilia si registrano circa 29 dighe. Purtroppo ad oggi contengono il 23% di acqua in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Parte del problema è costituito dal fatto, che le dighe sono vecchie e la maggior parte è stata costruita prima del 1980, e l’accumulo di limo nel tempo ha ridotto notevolmente il volume d’acqua che possono contenere, anche quando le piogge sono abbondanti. E circa il 42% dell’acqua si perde a causa delle tubature. Disastroso è il malfunzionamento della Diga Trinità, dalla quale dipende il Consorzio di Bonifica Trapani.
Ad oggi, nonostante l’emergenza idrica, la diga, è autorizzata a contenere un piccolissimo quantitativo d’acqua. Le pareti della diga non riescono a contenere tutto il quantitativo idrico, a causa di lavori mai terminati. Facendo dei brevi calcoli dei brevi calcoli, si riesce subito a capire la situazione drammatica del territorio trapanese. Infatti durante il periodo di irrigazione, l’intera zona richiede complessivamente circa 7 milioni di metri cubi di acqua, ma secondo i dati pubblicati dall’Autorità di bacino del Distretto idrografico della Sicilia al 1 febbraio, la riserva nella Trinità ammontava a 4,37 milioni di metri cubi, registrando una diminuzione di oltre 800 mila metri cubi rispetto all’anno precedente.
160 comuni siciliani sono costretti a limitare le forniture d’acqua. Inizialmente il razionamento obbligatorio del 10/15% dell’acqua potabile interessava esclusivamente 55 comuni siciliani. Ma a partire dal 4 marzo 2024, il razionamento dell’acqua sarà esteso ad altri 93 comuni siciliani, interessando così 850mila residenti.
L’unica soluzione per aiutare i comuni sarebbe quella del riutilizzo delle acque reflue. Ma purtroppo ,secondo Arpa Sicilia, la regione dispone di 463 impianti di trattamento delle acque reflue, ma solo 388 sono in funzione e solo il 20% di questi è attualmente autorizzato.
La crisi idrica, sta cambiando pian piano il nostro paesaggio e il nostro ecosistema . Le criticità maggiori si osservano nel lago di Lentini, situato nella provincia di Siracusa, e nell’Ogliastro, tra Enna e Catania. La situazione non migliora per il bacino della diga di Rosamarina di Caccamo, nella provincia di Palermo, che ha accumulato una riserva di 12 milioni di metri cubi di acqua, pari al 16% della sua capacità totale. La Sicilia ha sempre rappresentato un punto strategico per la migrazione di uccelli ma ad oggi tutto sembra essere cambiato. Il lago di Pozzillo, ritrovo per i pellicani, inizialmente conteneva 150 milioni di metri cubi d’acqua ad oggi si registrano solo 3,8 milioni. Stessa situazione per il lago di Pergusa ,protetto dall’Unesco, oggi è quasi del tutto scomparso.
Purtroppo ad incidere sono i cambiamenti climatici, che aumentano l’intensità e la frequenza di fenomeni meteorologici estremi: come ad esempio in ondate di calore e i numerosi incendi. Infatti secondo l’Ispra nel 2023 sono stati devastati più di 51mila ettari a causa di diversi incendi boschivi. Inoltre, per domarli i canadair non possono più prelevare l’acqua dai bacini, poiché il livello è sceso così tanto da essere costretti a rifornirsi dal mare. Il geologo Giuseppe Amato, responsabile delle risorse idriche in Sicilia per Legambiente, spiega: “Questo comporta un rallentamento dei tempi di intervento e un aumento considerevole dei costi, già di per sé vertiginosi”.
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