Mutilazioni genitali femminili: cosa sono, quali conseguenze e come fermarle

Oggi è la giornata internazionale contro le Mutilazioni Genitali Femminili(MGF): una pratica che continua a far discutere. Ecco cosa sono, quali sono i loro effetti a lungo termine e come fermarle.

Nel 2012 le Nazioni Unite hanno proclamato il 6 febbraio come Giornata Internazionale per l’eliminazione delle Mutilazioni Genitali Femminili (MGF) con il fine di diffondere una maggiore consapevolezza su questa pratica lesiva dei diritti umani e con la speranza di porvi fine. L’obiettivo sembra essere ancora lontano, c’è ancora molto da fare e di cui parlare.

Cosa sono le MGF

“Female genital mutilation”, sono state definite dall’OMS, nel 1995, come: “atti o interventi che prevedono l’asportazione parziale o totale degli organi genitali esterni femminili e lesioni arrecate ai genitali per motivi culturali o comunque non terapeutici”

Il dossier pubblicato nel 2008: “Eliminating Female genital mutilation – An interagency statement”  distingue quattro tipologie di questa pratica brutale che viola i diritti di donne e bambine:

  • Tipo I. Rimozione parziale o totale del clitoride e/o del prepuzio. Le mutilazioni genitali femminili di tipo I, a loro volta, possono essere suddivise in due sottotipi: rimozione del cappuccio clitorideo o solo del prepuzio; rimozione del clitoride con il prepuzio.
  • Tipo II. Rimozione parziale o totale del clitoride e delle piccole labbra. Questa rimozione può avvenire con o senza escissione delle grandi labbra. Come nel caso delle FGM di tipo I, anche le mutilazioni genitali femminili di tipo II possono essere suddivise, per distinguere le variazioni documentate, in sottotipi, tre in questo caso: rimozione solo delle piccole labbra; rimozione, che può essere totale o parziale, del clitoride e delle piccole labbra; rimozione, che può essere parziale o totale, del clitoride, delle piccole e delle grandi labbra.
  • Tipo III. Restringimento dell’orifizio vaginale. Viene creato una sorta di “sigillo di copertura” che permette alla donna di espletare le sue funzioni corporali e di far fuoriuscire il sangue durante il periodo mestruale. Alle FGM di tipo III ci si riferisce anche come infibulazione. Che può essere divisa in: rimozione e apposizione delle piccole labbra; rimozione e apposizione delle grandi labbra.
  • Tipo IV. In questo tipo rientrano tutte le altre pratiche lesive dei genitali femminili e praticate non per scopi medici. Alcune di esse sono puntura, perforamento, incisione, raschiatura e cauterizzazione.

Gli interventi sui genitali femminili sono nella maggioranza dei casi praticati su bambine, la cui età varia da pochi giorni all’adolescenza, a seconda della tradizione della propria comunità o cultura. Questa orribile pratica sembra essere indispensabile per poter dimostrare al futuro marito la propria purezza e quindi per poter dare prova a tutta la comunità di essere degne di un matrimonio.

L’operazione è generalmente affidata ad una donna “esperta”, spesso scelta tra le levatrici tradizionali. Donne che utilizzano tecniche tramandate di generazione in generazione. In alcuni contesti possono essere anche i capi tribù o i capi religiosi ad effettuare l’intervento. Solitamente gli strumenti sono rudimentali e di uso comune (pezzi di vetro, lamette, rasoi, coltelli, forbici…), non sterilizzati.

Le conseguenze a breve e lungo termine delle MGF:

La “World Health Organization” ha stilato una lista sui rischi a breve termine derivanti dalle MGF:

  • Dolore intenso. Il taglio delle terminazioni nervose e del tessuto genitale sensibile provoca un dolore estremo. Anche il periodo di guarigione è doloroso.
  • Sanguinamento eccessivo (emorragia). Può verificarsi se l’arteria clitoridea o un altro vaso sanguigno viene tagliato.
  • Infezioni del tratto riproduttivo e del tratto urinario Può diffondersi dopo l’uso di strumenti contaminati (ad esempio uso degli stessi strumenti in più operazioni di mutilazione genitale) e durante il periodo di guarigione.
  • Virus dell’immunodeficienza umana (HIV) . L’associazione diretta tra MGF e HIV non è confermata, anche se il taglio dei tessuti genitali con lo stesso strumento chirurgico senza sterilizzazione potrebbe aumentare il rischio di trasmissione dell’HIV tra ragazze sottoposte insieme a mutilazioni genitali femminili.
  • Problemi di salute sessuale La rimozione o il danneggiamento del tessuto genitale altamente sensibile, in particolare del clitoride, può influenzare la sensibilità sessuale e portare a problemi sessuali, come diminuzione del desiderio e del piacere sessuale.
  • Problemi mestruali . L’ostruzione dell’apertura vaginale può portare a mestruazioni dolorose (dismenorrea), mestruazioni irregolari e difficoltà nel passaggio del sangue mestruale, in particolare tra le donne con MGF di tipo III.
  • Problemi di minzione. Questi possono includere ritenzione urinaria e dolore durante la minzione.
  • Problemi di salute mentale. Il dolore, lo shock e l’uso della forza fisica durante l’evento, così come il senso di tradimento quando i membri della famiglia condonano e/o organizzano la pratica, sono le ragioni per cui molte donne descrivono la MGF come un evento traumatico.

Piani d’azione per contrastare le mutilazioni

Nel mondo il numero di donne che convivono con una mutilazione genitale è di diversi milioni. Gran parte delle ragazze e delle donne che subiscono queste pratiche si trovano in 29 Paesi africani mentre una quota decisamente minore vive in paesi a predominanza islamica dell’Asia.

Anche se illegale nell’UE, e alcuni stati membri la perseguono anche quando viene eseguita fuori dal paese, si stima che circa 600mila donne che vivono in Europa siano state vittime di questa pratica.

Dopo anni di silenzio nel 2012 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha formulato un piano di azione per bloccare questa pratica. Nel 2018 si è arrivati a decretare tolleranza zero per le MGF, precedentemente incluse negli obiettivi di sviluppo sostenibile nell’ambito dell’obbiettivo 5.3, che richiedeva l’eliminazione di tutte le pratiche dannose.

Ad intervenire in prima linea è l’UNICEF in collaborazione con l’UNFPA, che attraverso un programma congiunto opera in 17 paesi dove già risiedono associazioni come l’AIDOS, che porta avanti ormai da molti anni il progetto “Building Bridges”. Con questo progetto si cerca di creare legami tra le diverse comunità africane e di garantire una migliore assistenza psicosessuale per donne sia in Africa che in Europa. Giovani europei si impegnano a “costruire ponti”, che prevedono attività sia nei Paesi di origine dei migranti sia in quelli di arrivo, fornendo informazioni alle comunità e sensibilizzando sulla questione, per evitare la stigmatizzazione da parte dei media. L’UNFPA ha stimato che entro il 2030 vi saranno circa 68milioni di ragazze che subiranno mutilazioni genitali a meno che non si acceleri il programma di azione.

Cosa possiamo fare

  • Parlare con le comunità. Comunità significa padri, madri e cutter (“tagliatori”, coloro che praticano fisicamente le FGM). Bisogna far capire loro quali sono le spaventose conseguenze alle quali vanno incontro le ragazze e le bambine che subiscono le mutilazioni.
  • Aiutare chi scappa. Ci sono ragazze e bambine che riescono a capire a cosa stanno andando incontro e che, da sole o con l’aiuto di qualcuno, riescono a scappare. Queste ragazze, di solito, sono considerate alla stregua di reiette delle loro comunità.
  • Aiutare chi ha subito. Chi ha subito le FGM ne porta i segni non solo dal punto di vista fisico ma anche psicologico. Le vittime hanno, quindi, bisogno di supporto sotto entrambi questi punti di vista.
Ilaria Santamaria

Laureata in lettere e futura filologa comparatista. Ad occupare il mio tempo libero lunghe passeggiate sotto il sole e una buona lettura di un classico.

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Ilaria Santamaria

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