Ancora oggi numerosi giovani italiani non credono che il fenomeno mafioso possa essere definitivamente sconfitto: a ribadirlo un recente sondaggio. In cosa affonda radici tale scetticismo e, soprattutto, come modificare i numeri? LiveUnict ne ha discusso con l'Associazione antiracket e antimafia Addiopizzo Catania.
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Anche quest’anno è giunto, puntuale, l’anniversario della strage di Capaci. I siciliani, gli italiani hanno ricordato per la trentesima volta l’attentato di stampo terroristico-mafioso in cui persero la vita Giovanni Falcone, la moglie e magistrata Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani.
Soltanto poche settimane, poi, separano da un altro anniversario, quello della strage di Via d’Amelio. Sono ricorrenze, queste, che aprono a numerose riflessioni. Riflessioni che, tuttavia, non dovrebbero morire con gli stessi giorni, durare appena ventiquattro ore. Tra tutte, è certamente meritevole di attenzione quella intorno al rapporto tra giovani e mafia.
Chi non è ancora adulto, ma di certo lo diventerà un giorno, ha fiducia nella piena sconfitta del fenomeno mafioso? Il quadro emerso da alcuni recenti sondaggi non è dei più rosei. LiveUnict ha commentato i risultati con l’Associazione antiracket, più in generale antimafia, Addiopizzo Catania, che opera in città e provincia dall’ormai lontano 2006.
Che genere di idea i giovani maturano, oggi, in merito al fenomeno mafioso? Le prime risposte a riguardo sono giunte, nelle scorse settimane, insieme e grazie ad un sondaggio condotto dal Centro Studi Pio La Torre, che ha coinvolto 1.530 studenti di tutta la Penisola. È emerso che quasi la metà dei giovani intervistati, precisamente il 43,53%, non ritiene che la mafia possa essere definitivamente sconfitta.
Nettamente superiore, poi, il tasso di ragazzi che manifesta una sfiducia nei confronti della politica. Basti pensare che il rapporto tra quest’ultima e la mafia è stato considerato “abbastanza forte” dal ben 53,79% degli intervistati e ritenuto “molto forte” dal 31,31%. Resta da chiedersi cosa si celi dietro tanto scetticismo e tale disincanto.
“Le ragioni possono essere molteplici – esordisce l’Associazione Addiopizzo Catania –. A nostro avviso tra queste c’è sicuramente la crescente disaffezione verso la politica che si dimostra lontana dai reali bisogni dei cittadini.
Tanto per fare un esempio, spesso di fronte a gravi fatti di cronaca assistiamo a sdegnate dichiarazioni dei vari esponenti politici, i quali, dimostrando di ignorare la reale situazione normativa, si stracciano le vesti perché gli autori rimangono in libertà in attesa del processo, salvo poi promuovere dei referendum che incidono negativamente su istituti come la custodia cautelare in carcere e gli arresti domiciliari, o ancora, l’abolizione della legge Severino sull’incandidabilità e la decadenza dalle cariche pubbliche dei politici responsabili di alcuni reati.
Si è portati a credere – continua – che probabilmente la disaffezione e la sfiducia dei cittadini verso la politica nasce anche da una mancanza di credibilità, sempre più accentuata, di molti leaders politici. A ciò aggiungiamo che il tema della mafia sembra scomparso dall’agenda politica e questo non è certamente un fatto positivo”.
Ad ogni modo, dal confronto con i risultati di precedenti indagini, emerge un dato diverso: un tasso ridotto che potrebbe essere spia di un progresso.
“Rispetto a 4 anni fa, sempre secondo un sondaggio della Fondazione Pio La Torre – precisa l’associazione catanese –, la percentuale dei giovani che ritenevano la mafia più forte dello Stato è scesa di quasi quattro punti percentuali. Ci piace pensare si tratti di un segnale positivo”.
Dati altrettanto significativi sono quelli estrapolati da un secondo sondaggio sulla mafia, questa volta realizzato da Ipsos e donato alla Fondazione Falcone alla vigilia del 23 maggio.
Cambiano gli intervistati, con questi le percentuali, ma viene confermato il predominio di diffidenza e scetticismo. Tali sentimenti non animano soltanto i giovani, bensì a questi sono a volte anche rivolti. Secondo l’indagine Ipsos, soltanto il 36% degli italiani riterrebbe che i giovani si siano oramai “emancipati” dalla cultura mafiosa e non siano più disposti ad accettare le ingerenze mafiose sulle loro vite.
“La percentuale è drammatica ma, ad onor del vero, non ci sorprende più di tanto – ammettono gli intervistati –. Purtroppo, in questi 16 anni di impegno nelle scuole abbiamo potuto constatare quanto siano ancora fortemente radicati alcuni luoghi comuni sulla mafia che contribuiscono ad alimentare il senso di sfiducia dei giovani nei confronti dello Stato“.
Si tratta, certo, di un discorso estremamente complesso, dunque da approfondire: è quanto sottolineato dagli intervistati che, comunque, ritengono che i numeri drammatici vadano ricondotti, almeno in parte, “alla percezione di uno Stato debole, poco interessato ad affrontare in maniera decisa e definitiva, come ha fatto con il terrorismo, il ‘problema mafia’”.
“La mancanza di certezza della pena – si aggiunge – probabilmente contribuisce ad alimentare questa percezione”.
In questi anni Addiopizzo Catania ha avuto cura di promuovere e concretizzare anche progetti di tipo culturale, con l’obiettivo di coinvolgere, in particolare, gli studenti. E proprio gli studenti di Catania e provincia, insieme ai docenti, hanno recentemente ricominciato ad accogliere tra i banchi i volontari dell’associazione, e con questi hanno ripreso a trattare di legalità, mafia e memoria storica.
Andrà di fatto ricordato che l’emergenza sanitaria che ha caratterizzato gli ultimi due anni, ha determinato una lunga pausa anche per questo genere di attività. Per mesi le classi sono rimaste vuote, di giovani e di discorsi importanti. Resta da chiedersi se gli studenti catanesi di oggi, quelli di nuovo a scuola dopo mesi dietro uno schermo e in solitudine, si confrontino in maniera diversa con il tema della mafia, se rispondano con meno interesse o attenzione. In realtà gli intervistati raccontano di ostacoli che affondano radici più lontano.
“Abbiamo ripreso da poco gli incontri nelle scuole e non ci sentiamo quindi di esprimere un giudizio se l’approccio al tema della mafia sia o meno cambiato – sottolinea l’associazione –. Al di là della parentesi dovuta al Covid, negli ultimi anni abbiamo riscontrato anche una certa difficoltà a raggiungere gli studenti.
Nonostante, infatti, all’inizio di ogni anno scolastico siamo soliti inviare a tutte le scuole di Catania e provincia la richiesta d’incontrare gli studenti, con la partecipazione anche di un imprenditore ed un magistrato – spiega –, i riscontri positivi sono in continua diminuzione e le adesioni si concentrano soprattutto nei mesi di aprile/maggio, con conseguente riduzione delle possibilità di interagire con i ragazzi“.
Le difficoltà riscontrate, tuttavia, non sembrano minare una delle convinzioni più salde di chi compone ed anima l’Associazione Addiopizzo Catania.
“La strada maestra da percorrere – ritengono – per educare i giovani alla legalità è quella della formazione-informazione nelle scuole e nelle università, luoghi deputati alla crescita culturale dei giovani”.
In tal senso, così come ricordato dall’Associazione, non si può che gioire dell’esistenza della Legge 92/2019 che, nel primo e secondo ciclo di istruzione, ha reintrodotto l’insegnamento dell’Educazione civica. Un passo in avanti, certo, ma che non dovrebbe rimanere isolato. Cos’altro potrebbe contribuire ad educare i giovani alla legalità?
“A nostro avviso – dichiara l’Associazione attiva nel Catanese – sarebbe utile integrare lo studio della Costituzione, dello sviluppo sostenibile e della cittadinanza digitale, con dei percorsi che, previa formazione degli insegnanti, prevedano lo studio del fenomeno mafioso. Ancor più utile sarebbe l’attivazione/adattamento di insegnamenti sul tema della mafia in alcuni corsi di laurea universitari, come accade per esempio presso la Facoltà di Scienze Politiche di Catania.
Molti giovani non erano nemmeno nati durante il periodo delle stragi, a stento, quindi, conoscono Falcone e Borsellino – continua –, bisogna evitare che il ricordo delle vittime della mafia scemi in sterile retorica. Occorre, invece, trasformare l’esercizio della memoria in impegno concreto, partendo, non ci stancheremo mai di sottolinearlo, proprio dalle scuole e dalle università”.
Una menziona a sé merita la realtà degli imprenditori e dei commercianti che, nel corso dell’emergenza sanitaria hanno dovuto confrontarsi, e più volte, con chiusure temporanee e restrizioni. Con difficoltà, dunque, di cui le organizzazioni criminali avrebbero non di rado approfittato.
Se non è ancora possibile stabilire con certezza se la pandemia abbia influito sull’atteggiamento dei giovani catanesi in riferimento al fenomeno mafioso, è già stato ampiamente riscontrato come racket e usura non si siano fermati durante gli ultimi due anni. Emerge, anzi, tutt’altro.
“Non siamo in possesso di dati certi al riguardo – precisano gli intervistati – ma non è difficile ipotizzare con sufficiente certezza che la marginalizzazione di diverse imprese economiche dovuta alla crisi pandemica abbia favorito in maniera sostanziale le organizzazioni criminali dotate di capitali e liquidità ed in grado quindi d’inquinare in maniera determinante l’economia legale. Basti pensare che durante la pandemia, come rilevato dal Ministero dell’Interno, l’unico reato che ha segnato un deciso incremento è stato proprio l’usura”.
Ad ogni modo, anche in questo caso, l’Associazione tiene a far seguire a sconfortanti risultati, utili suggerimenti.
“Un ruolo determinante per mitigare gli effetti di tale ingerenza , che probabilmente saranno visibili solo tra qualche anno – conclude Addiopizzo Catania –, può essere svolto dal sostegno statale con il fondo per le vittime del racket e dell’usura, di cui molti operatori economici sconoscono persino l’esistenza, oltre che da un più efficace impiego delle enormi risorse finanziarie derivanti dalle confische dei patrimoni mafiosi, settore quest’ultimo dalle enormi potenzialità ma colpevolmente trascurato dalla politica”.
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