Il 27 gennaio 1922, esattamente cento anni fa, moriva Giovanni Verga. La sua vita terminava all'interno dell'appartamento catanese in cui, ottantadue anni prima, era nato e che in seguito sarebbe divenuto Casa Museo. LiveUnict ha visitato questa abitazione che ancora molto rivela sul grande scrittore.
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Esattamente cento anni fa Giovanni Verga, grande scrittore, drammaturgo e maggior esponente della corrente letteraria del Verismo, moriva nell’abitazione in cui era nato ottantadue anni prima, in una Catania da cui si era allontanato ma a cui era infine tornato.
Oggi sia ai catanesi che ai turisti, tanto ai cultori dell’autore quanto ai semplici curiosi viene riservata la possibilità di visitare quella che è divenuta una casa museo e che un po’ rappresenta l’esordio e l’epilogo della vicenda biografica del grande autore. Un’abitazione da cui traspaiono passioni e carattere di una figura a cui Catania oggi rende ancora una volta omaggio con molteplici iniziative, una messa in suffragio celebrata all’interno della Cattedrale di Sant’Agata ed una deposizione di fiori presso il monumento funebre, lungo il Viale degli Uomini Illustri.
In occasione del centesimo anniversario della sua morte, per scoprire qualcosa in più dell’uomo prima che dello scrittore, LiveUnict ha visitato i luoghi da Verga vissuti nel quotidiano, la sua dimora in città.
La Casa Museo di Giovanni Verga si trova all’interno di un palazzo borghese risalente alla fine del Settecento ma che sorge nel cuore della Catania barocca.
L’edificio è impiantato su parte delle strutture preesistenti del piccolo convento dei “Padri Trinitari della Redenzione dei Captivi” che, proprio alla fine del XVIII secolo, vennero soppressi. A quel punto il “conventino di S. Anna” passò prima nelle mani del Regio Demanio e, nel 1784, venduto agli antenati materni del Verga. L’eredità, dunque, va fatta risalire alla famiglia Di Mauro Barbagallo.
La facciata principale del palazzo, di stile tardo barocco, arricchisce via Sant’Anna, tra due delle principali arterie cittadine: via Garibaldi, prima definita via Ferdinandea, e via Vittorio Emanuele, che era la Strada Reale. Va sottolineata, inoltre, la vicinanza al Teatro Antico e a Piazza Giuseppe Mazzini (originariamente nota con il nome di Piano di San Filippo) che negli anni del soggiorno catanese di Verga ospitava i mercati.
Sebbene la costruzione sia tardo settecentesca, l’arredamento dell’abitazione di Giovani Verga è chiaramente tardo ottocentesco ed “eclettico”. È quanto emerso dalla visita compiuta, sotto la guida attenta di due storici dell’arte del Parco Archeologico e Paesaggistico di Catania e della Valle dell’Aci.
Questa inizia già varcando il portone, realizzato con vetri serigrafati di inizio Novecento perché così immaginato e commissionato dall’autore de I Malavoglia.
Salendo qualche gradino e lasciandosi alle spalle il primo piano, si entra nell’appartamento di un letterato con la L maiuscola. Sebbene non sia lui ad accogliere, passando da un ambiente all’altro della casa non si può che sentirsi un po’ più vicini al Verga. In prima battuta si visita uno spazio unico ma ottenuto smontando quelli che originariamente erano due salotti contigui.
Qui sono state collocate delle teche contenenti, oltre che riviste illustrate con la novella Fantasticheria, stampe e ritagli di giornali dell’epoca, alcune prime edizioni, per esempio quella di Novelle Rusticane. I primi passi del visitatore vanno, così, idealmente a coincidere con quelli del Verga.
Si incontra anche un “ospite” inedito: in questa prima sala è esposta un’opera giovanile del grande pittore catanese Giuseppe Sciuti, nato a Zafferana Etnea nel 1834. Il dipinto su cavalletto, intitolato Eruzione dell’Etna (1852), è un’acquisizione dei Beni culturali fatta dalla Soprintendenza e qui assegnata per sola omogeneità di periodo: è l’unico quadro che non fa parte della collezione di Verga.
Si passa poi alla biblioteca dello scrittore, completamente catalogata. I numerosi libri ospitati, sono contraddistinti dalle iniziali del padrone di casa, una “G” e una “D” sovrapposte. Questo ambiente apre inevitabilmente ad una riflessione sui rapporti stretti dal Verga, oltre che sulle sue letture e i suoi interessi culturali.
Ciò che emerge è che il catanese strinse legami, corredati da scambi di volumi con bellissime dediche, anche con autori molto distanti da lui. E non solo fisicamente, come nel caso dei francesi, ma anche per atteggiamenti culturali.
Come ricordato da uno dei due storici dell’arte, anche un autore futurista come Carlo Carrà pubblicò un testo, “Guerrapittura” (1915) inserendovi una dedica al verista Verga.
Le librerie sono state realizzate su misura e per volontà del letterato con legno di noce proveniente dagli alberi della tenuta di famiglia di Tébidi, a Vizzini.
In questa biblioteca è presente anche una targa di bronzo su marmo bianco, già liberty nelle figure. Fu commissionata dal Comune di Catania nel 1820, in occasione delle celebrazioni per l’ottantesimo compleanno dello scrittore, e realizzata da Giovanni Nicolini. Ricevette anche una pergamena policroma, presente in Casa Verga.
Giovanni Verga viene descritto come un uomo schivo, tutt’altro che mondano, restio anche a posare per un tempo prolungato. Per tale ragione oggi si posseggono pochi ritratti del grande scrittore: uno, però, è custodito proprio all’interno della libreria della Casa Museo. L’autore è il pittore veneto Amedeo Bianchi, nato alla fine dell’Ottocento, che conosceva direttamente lo scrittore poi rappresentato. Secondo quando riferito da Saverio Fiducia in un articolo del 1931, il ritratto a olio venne realizzato nel 1913.
Il 27 gennaio 1922, all’età di ottantadue anni e dopo aver lasciato il segno, si spense Giovanni Verga. Dopo un ventennio trascorso a Milano (seppur caratterizzato da diversi ritorni in Sicilia), lo scrittore tornò definitivamente nel capoluogo etneo, per poi morire in questa camera da letto.
Questa stanza, però, non è legata solo ad un avvenimento triste, quale la fine della vita dello scrittore. Anni prima il Verga aveva dato vita al romanzo epistolare Storia di una capinera, in cui la protagonista orfana di madre, Maria, è destinata dal padre ad una vita di clausura in un convento catanese.
Cosa si cela dietro l’ambientazione e le vicende narrate? Più voci sostengono che proprio la vicinissima Badia di Santa Chiara, facilmente visibile dalla finestra della camera, e i canti delle Clarisse, probabilmente ascoltati di frequente, furono per Verga fonte d’ispirazione.
Nella camera da letto si riscontrano diverse rappresentazioni degli avi di Verga, tra cui uno che riprende la tipologia dei ritratti siciliani dell’Ottocento, ed anche un ritratto fotografico, poi ritoccato a mano, del fotografo Grita.
Pochi passi e ci si trova in un altro ambiente che, come gli altri, ha mantenuto gli arredi e la tappezzeria originari. Decorano le pareti fotografie anche pitture del Rinascimento e ritratti a figura intera di tradizione fiamminga.
Segue una camera da letto riservata agli ospiti, gli stessi che il Verga desiderava deliziare anche con la presenza di incisioni, regalate dagli amici e di cui era appassionato.
Giovanni Verga non ebbe figli, né si sposò mai. Ebbe, però, due amanti storiche: a ricordarlo è la presenza in casa di un calco in bronzo della mano dell’amata Contessa Dina Castellazzi di Sordevolo. L’altra donna legata all’autore fu la Contessa Paolina Greppi Lester.
È possibile, comunque, consultare l’albero genealogico presente in questo spazio museale per scovare i discendenti dello scrittore, fino alla quarta generazione.
Il compito di salutare il visitatore spetta alla stanza da pranzo, di stile ubertino e dai legni chiari.
Gli oggetti che facilmente attirano l’attenzione sono il tavolino utilizzato per il primo allestimento teatrale della Cavalleria rusticana ed il vassoio donato al Verga dalla grande interprete della rappresentazione del 1884, Eleonora Duse.
Non può mancare un quadro simbolista, dal titolo Vendetta di rettile (Nysoumba), frutto della creatività del catanese Calcedonio Reina che qui riprende il tema della sensualità legata alla morte.
Sebbene diversi mobili dell’abitazione non siano più presenti in questi spazi, l’obiettivo perseguito è stato quello di non cambiare quanto rimasto, per rispecchiare al meglio il Giovanni Verga che qui ha vissuto. Per raccontare più fedelmente di lui ancora oggi, a un secolo dalla sua morte, e negli anni che verranno.
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