Un buon grado di istruzione, oggi, è davvero riservato a chiunque? Alcuni dati direbbero il contrario: l’abbandono degli studi è una realtà radicata soprattutto in Sicilia, dove è "scelto" da quasi un giovane su cinque. Emergono, tuttavia, alcune novità confortanti.
La Sicilia detiene l’ennesimo triste primato. È, ancora una volta, la prima Regione in Italia per numero di giovani che hanno concluso il proprio percorso di studi troppo presto.
L’abbandono scolastico non è ancora un problema “fuori tempo”, definitivamente superato. È, al contrario, ancora ben radicato, soprattutto in alcune aree della Penisola. Procedendo dal generale al particolare, LiveUnict ricostruisce un quadro della situazione.
In primo luogo occorrerà chiarire cosa si intenda per “abbandono scolastico”. Quando questo si misura a livello europeo, o più semplicemente di abbandono si tratta, si fa riferimento ai giovani tra i 18 ed i 24 anni che ottengono la sola licenza media (o, in alternativa, una qualifica professionale regionale di primo livello dalla durata inferiore ai due anni).
L’elaborazione Openpolis su dati Eurostat non rassicura, bensì restituisce un quadro preoccupante. L’Italia, di fatto, è tra i primi Paesi in Europa per prematuro abbandono degli studi. Fanno peggio soltanto Malta (16,7%), Spagna (16%) e Romania (15,6%).
Una posizione, quella annunciata quest’anno e facente riferimento all’anno 2020, peggiore rispetto a quella indicata 12 mesi fa. Nel giro di un anno l’Italia ha scalato questa classifica negativa, passando dal quinto (nel 2019) al quarto posto.
Un dettaglio positivo, tuttavia, andrà ribadito. A lungo andare, più in particolare nel giro di nove anni, il tasso di abbandoni si è notevolmente ridotto. Si pensi che nel 2011 questo si attestava al 17,8% mentre nel 2020 si è ridotto al 13,1%.
Quella dell’abbandono scolastico è soltanto una tra le disparate problematiche italiane impossibili da trattare senza citare nette differenze interne. Sud e Nord, aree appartenenti allo stesso Paese, presentano paradossalmente priorità e realtà contrastanti: e ciò comporta, ancora una volta, un ampio divario tra dati.
Le Regioni con una percentuale di abbandoni superiori alla media nazionale sono tutte del Meridione. Anche quest’anno prima fra tutte la nostra Isola, la Sicilia, che registra un tasso di abbandoni pari al 19,4%. Corrisponde a quasi un giovane su cinque.
Seguono:
C’è uno scarto significativo, dunque, rispetto alle Regioni del Nord Italia che si trovano tutte al di sotto dell’obiettivo Ue del 10%.
Ad ogni modo, almeno in questo caso, l’anno dello scoppio della pandemia avrebbe apportato un cambiamento in positivo. In effetti nel 2019 gli abbandoni in Sicilia avevano raggiunto il ben più elevato 22,4%.
Un trend in miglioramento, in realtà, riguarda più in generale tutte le Regioni del Sud già citate, ad eccezione della Campania che presenta una percentuale pressoché invariata.
Il Mezzogiorno ha dimostrato di essere, sì, ancora l’area che più preoccupa ma, al tempo stesso, quella che più velocemente sta arginando la problematica della dispersione scolastica e, di conseguenza, progredendo. Il passaggio dal 2019 al 2020 ha comportato sia al Sud che nelle Isole una diminuzione di giovani con la sola licenza media pari a quasi due punti percentuali (dal 18,2% al 16,3%).
A fine settembre a Catania, attraverso un blitz antidroga denominato “Quadrilatero”, sono state sgominate tre piazze di spaccio. Secondo quando indicato in quell’occasione dagli inquirenti, le operazioni di spaccio avvenivano anche in presenza o con il coinvolgimento di bambini di circa dieci anni. Questi, in particolare, si occupavano di riscuotere il denaro e di indicare agli acquirenti il luogo dove poter ritirare la droga.
Di fronte a questa notizia, molti si son chiesti quanti piccoli cittadini siano privati, oltre che della leggerezza propria del periodo dell’infanzia, anche di un’adeguata istruzione. È stata convocata, dunque, una riunione operativa dell’Osservatorio Metropolitano sui minori volta a trattare proprio del fenomeno dell’abbandono scolastico, ancora dilagante in città.
In quell’occasione è emerso che la dispersione scolastica a Catania si attesta al 21%. Una cifra destinata a salire se si analizza la realtà di alcuni specifici quartieri del capoluogo etneo.
Ma che legame esiste tra rinuncia precoce agli studi e criminalità? Secondo quanto ribadito nel corso dello stesso incontro, la dispersione alimenta il mercato del lavoro in nero. Inoltre, le organizzazioni criminali cercherebbero i soggetti da assoldare proprio tra chi ha abbandonato la scuola e, magari, ha bisogno di denaro.
Sono state individuate alcune misure con cui tentare di arginare il problema. Tra il resto, si punta ad incrociare dati dell’ufficio anagrafe del Comune a quelli dell’Ufficio scolastico regionale, così da scovare più agevolmente i giovani catanesi che eludono l’obbligo scolastico.
È chiaro, dunque, che tanti, troppi giovani conterranei hanno in mano la sola licenza media.
Ciò dovrebbe allarmare per un’altra importante ragione. la scuola media sarebbe “l’anello debole” del sistema scolastico italiano. O almeno così l’ha etichettata Patrizio Bianchi, ministro dell’istruzione.
Recenti rapporti sembrano dar ragione a questo giudizio. La Fondazione Agnelli, attraverso uno specifico report, ha denunciato l’immobilità di una scuola secondaria di I grado che nel giro di dieci anni non ha registrato miglioramenti.
“Gli apprendimenti restano insoddisfacenti, i divari territoriali e le disuguaglianze sociali sono ancora più evidenti – si spiega – , i docenti non sono meglio formati né la didattica è stata rinnovata, rimanendo molto tradizionale”.
Anche il PNRR, l’ormai conosciuto Piano nazionale di Ripresa e resilienza approvato ufficialmente dall’UE lo scorso 13 luglio, cita il ben radicato fenomeno dell’abbandono scolastico. Come tentare di combatterlo?
La missione 4 del Piano implica un “intervento straordinario finalizzato alla riduzione dei divari territoriali nei cicli I e II della scuola secondaria di secondo grado” che mira a:
Si prevedono programmi e iniziative di mentoring, counseling e orientamento professionale attivo, percorsi specifici per gli istituti che presentato i dati più critici e tanto altro.
All’intervento vengono riservati 1,5 miliardi di fondi. “Basteranno?”: è la domanda che chiunque abbia consultato i dati potrebbe lecitamente porsi.
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