Dolce tipico per ogni evenienza, è un must nelle tavole dei siciliani. Ma quando è stata preparata la prima cassata? A quali cambiamenti è stata soggetta, nei secoli? Cosa, infine, si intende per "cassata", nel mondo?
“Tintu è cu nun mancia a cassata a matina ri Pasqua”, recita un famoso proverbio siciliano. Ma anche a Natale o Capodanno, per qualsiasi altra festività od occasione: la cassata siciliana non è solo uno dei dolci più amati ed apprezzati, ma anche uno dei più versatili, che va bene per ogni evenienza.
In monoporzione, al forno, con cioccolato, pistacchio, al limone: non esiste una sola versione della cassata, ma tante varianti, una più golosa dell’altra. Questo delicato e gustosissimo dolce, ai giorni nostri, è facilmente reperibile in qualsiasi pasticceria: ma quali sono le sue origini? In quale epoca è stato possibile assaggiare, per la prima volta, una forchettata della cassata siciliana?
La tradizione vuole che la prima cassata sia nata a Palermo, nel periodo della dominazione araba in Sicilia (dunque, dal nono all’undicesimo secolo). Gli arabi, come risaputo, portarono più di una innovazione nei campi e sulle tavole dei siciliani: basti pensare alle arance, ai limoni, oppure alla canna da zucchero. I siciliani, invece, sin dai tempi antichi producevano la ricotta.
Gli ingredienti, dunque, c’erano tutti. Un primo, rudimentale, impasto venne mescolato in una bacinella (qas’at, da cui sarebbe poi derivato il nome del dolce), coperto da pasta frolla e infornato: fu così che nacque quella che viene ritenuta la variante più antica della cassata, quella al forno.
Non ci si fermò, naturalmente, ad una sola versione del golosissimo dolce: la cassata subì numerosi cambiamenti fino ai giorni nostri. Basti pensare, ad esempio, all’epoca normanna. In questo periodo storico, infatti, viene inventata la pasta martorana, o reale: l’impasto, composto di mandorle e zucchero, andrà a sostituire la rudimentale frolla del preparato arabo. Sebbene non sia accertato, l’epoca normanna è quella, inoltre, in cui nasce la cassata “a freddo”, una delle versioni più diffuse al giorno d’oggi.
Nel quattordicesimo secolo appare, finalmente, il termine “cassata”: lo si ritrova, infatti, nel Declarus, scritto dall’abate Angelo Sinesio. Con la dominazione spagnola, vengono introdotti in Sicilia il cioccolato e il pan di spagna: verranno immediatamente sperimentati nella preparazione del dolce tipico. Per i tipici canditi che adornano lo splendido dolce glassato, invece, bisognerà aspettare il Barocco.
Un’ultima modifica da menzionare è quella, infine, apportata nel 1873 dal cavaliere Salvatore Gulì, noto pasticciere palermitano: fu da quell’anno in poi, infatti, che si cominciò a decorare la cassata con la “zuccata”, la zucca candita.
Dicendo “cassata” nel contesto siciliano, è quasi un’ovvietà ritrovarsi davanti alle diverse varianti dello stesso dolce. Di certo, ne esistono tante versioni. Basti pensare, ad esempio, alla versione mignon ritrovabile a Catania nel periodo dei festeggiamenti agatini: assieme alle olivette, le minnitte di Sant’Agata sono un must, specialmente nei giorni che vanno dal 3 al 5 febbraio.
Ma cosa accade se si pronuncia la parola “cassata” fuori dal contesto siciliano? Dall’altra parte del mondo, a Cleveland, in Ohio, la cassata cake è una sorta di pan di spagna inzuppato nel rum o nello sciroppo, riempito di crema pasticciera e fragole, dal topping di panna montata. A Portland, in Oregon, la cassata altro non è che un dolce inzuppato in una mistura di liquore al caffè e caffè espresso. In India, infine, per “cassata” si intende un gelato su base pan di spagna composto da tre diversi gusti, infine decorato con noci tritate.
Tante versioni, insomma, per un dolce ormai conosciuto in tutto il mondo. La cassata siciliana si trasforma ancora al giorno d’oggi, venendo incontro ai palati più curiosi. Prelibatezza tipica delle tavole siciliane, amore al primo assaggio per chi non l’ha mai provata: la cassata è senza dubbio il dolce che più unisce i cuori dei siciliani, mettendo in pausa, anche solo per poco, le caratteristiche e divertenti diatribe culinarie dell’isola.
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