I tre quarti dei neolaureati sceglierebbero nuovamente l’Università di Catania per il loro percorso universitario. Un titolo conseguito con un voto medio superiore al dato nazionale e che consente di guadagnare di più rispetto al passato. È quanto emerge dal XXII Rapporto sul Profilo e sulla Condizione occupazionale dei laureati condotta dal Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea e resa nota nei giorni scorsi che ha coinvolto 76 atenei aderenti e per l’Università di Catania ben 6.213 i laureati nel 2019 (oltre 290mila a livello nazionale) di cui 3.553 di primo livello, 1.589 magistrali biennali e 1.011 a ciclo unico, i restanti in altri corsi pre-riforma.
“Come sempre, siamo molto attenti a quanto ci dicono le varie indagini sulla qualità dell’offerta e dei servizi degli atenei – commenta il rettore Francesco Priolo – e anche in questa rilevazione ci sono elementi di soddisfazione e spunti di riflessione, utili per definire le nostre strategie. Il gradimento complessivo dei neolaureati, in crescita rispetto allo scorso anno, ci dimostra che siamo sulla giusta strada. Stiamo lavorando incessantemente per migliorare i corsi di studi e adeguarli alla richiesta del mondo del lavoro; puntiamo con decisione sui benefit, i servizi e le infrastrutture messi a disposizione degli studenti per rendere l’università e la città di Catania attrattive non soltanto per i giovani siciliani; abbiamo avviato un dialogo serrato con le imprese per costruire un rapporto organico che faciliti l’inserimento occupazionale, anche grazie ai tirocini svolti qui in misura superiore che nel resto d’Italia e ai programmi di interscambio internazionale, ma certamente ancora non basta”.
Risaltano purtroppo tuttora i dati negativi alla voce ‘occupazione’, aggravati dalla situazione di crisi ingenerata dalla pandemia. “Migliorano, seppur di poco, il tasso di inserimento dei laureati e la retribuzione media e anche il dato sulla stabilità del lavoro – osserva il rettore -: dobbiamo insistere nella definizione di percorsi virtuosi che coinvolgano l’intera comunità accademica, le istituzioni e le imprese: lo studio universitario si conferma un fondamentale passaporto per il lavoro di qualità, ma va sostenuto e incentivato a tutti i livelli e, in questo periodo particolare, anche con sussidi economici che incoraggino chi si trova in difficoltà economiche a non rinunciare alla formazione universitaria”.
Il rapporto Almalaurea
In costante crescita il dato relativo agli studenti dell’ateneo catanese che si iscriverebbero nuovamente all’Università di Catania: il 65,1% (nel 2018 il dato era del 60,6%) sceglierebbe nuovamente stesso corso e stesso ateneo, il 7,5% cambierebbe corso. Si abbassa ulteriormente l’età media del conseguimento del titolo di laurea (26,4 anni), avvicinandosi così alla media nazionale (25,8 anni): nel dettaglio 25 anni per i laureati di primo livello e 28,4 anni per i magistrali biennali. Sul dato incide il ritardo nell’iscrizione al percorso universitario: non tutti i diplomati, infatti, si immatricolano subito dopo aver ottenuto il titolo di scuola secondaria superiore.
Notevole balzo in avanti sul dato relativo ai laureati in corso: dal 39% del 2018 al 41,3% del 2019: in particolare il 39,1% tra i triennali e il 50,9% tra i magistrali biennali. In crescita anche il voto medio di laurea: 103,9 su 110 (103,8 nel 2018). Un dato superiore a quello medio nazionale (103,1 su 110). Nel dettaglio il voto medio registrato è di 101,6 (100,1 nazionale) per i laureati di primo livello e 108,9 (107,9 nazionale) per i magistrali biennali.
Altra nota positiva: il 66,5% dei laureati ha svolto tirocini riconosciuti dal proprio corso di studi. Un dato nettamente superiore alla media nazionale (59,9%). Nel dettaglio il 73,8% tra i laureati di primo livello e il 67,7% tra i magistrali biennali (valore, quest’ultimo, che cresce all’89,7% considerando anche coloro che l’hanno svolto solo nel triennio). Migliora anche la percentuale degli studenti che nel 2019 hanno compiuto un’esperienza di studio all’estero riconosciuta dal corso di laurea (Erasmus in primo luogo): il 5,7% dei laureati (il 5,4% nel 2018).
Nel complesso lo studente dell’Università di Catania è soddisfatto per l’esperienza universitaria appena conclusa: l’84,9% dei laureati per il rapporto con il corpo docente (83,4% nel 2018) e il 77,7% ritiene il carico di studio adeguato alla durata del corso (il 74,4% nel 2018). In crescita anche il dato in merito alle infrastrutture messe a disposizione dall’Ateneo, il 67,3% dei laureati che le ha utilizzate considera le aule adeguate (nel 2018 il 64,9%). Più in generale, l’86,7% dei laureati si dichiara soddisfatto dell’esperienza universitaria nel suo complesso (nel 2018 l’85%).
L’occupazione
L’indagine, in questo caso, ha riguardato complessivamente 11.743 laureati dell’Università di Catania. I laureati di primo livello. Ad un anno dal titolo (conseguito nel 2018) sono stati coinvolti 3.558 laureati e dall’Indagine emerge un tasso di occupazione, seguendo la definizione adottata dall’Istat, del 59,4%, 2 punti percentuali in più rispetto alla rilevazione dello scorso anno. Tra gli occupati il 28,1% prosegue il lavoro iniziato prima della laurea, l’11,9% ha, invece, cambiato lavoro; il 60,0% ha iniziato a lavorare solo dopo il conseguimento del titolo. Il 26,7% degli occupati può contare su un lavoro alle dipendenze a tempo indeterminato, mentre il 34,9% su un lavoro non standard. Il 17% svolge un’attività autonoma, mentre il lavoro part-time coinvolge il 31,2% degli occupati. Aumenta la retribuzione media: 1.083 euro mensili netti (nella precedente rilevazione era pari a 1.045 euro). Il 44,0% degli occupati considera il titolo molto efficace o efficace per il lavoro svolto. Il 37% ha dichiarato di utilizzare in misura elevata, nel proprio lavoro, le competenze acquisite all’università.
I laureati di secondo livello. Ad un anno dal titolo (conseguito nel 2018) sono stati coinvolti 2.609 laureati, mentre quelli del 2014 contattati a 5 anni sono 2.847 (di cui 1.800 magistrali biennali e 1.047 magistrali a ciclo unico). A un anno dalla laurea il tasso di occupazione è pari al 56,6%. Il 21,6% prosegue il lavoro iniziato prima della laurea, il 10,0% ha cambiato lavoro; il 68,4% ha iniziato a lavorare solo dopo il conseguimento del titolo. Tra i laureati magistrali biennali le percentuali sono, rispettivamente, pari a 26,2%, 12,7% e 61,1%; tra i magistrali a ciclo unico sono pari a 12,4%, 4,5% e 83,1%. Gli occupati con contratto a tempo indeterminato sono il 26,7%, cresce il dato dei lavoratori part-time (34,4%). Aumenta la retribuzione media (1.183 euro mensili netti, nella precedente rilevazione era pari a 1.128 euro). Il 63,3% degli occupati ritiene la laurea conseguita molto efficace o efficace per il lavoro che sta svolgendo; il 53,6% dichiara di utilizzare in misura elevata, nel proprio lavoro, le competenze acquisite durante il percorso di studi.
A cinque anni dalla laurea il tasso di occupazione dei laureati di secondo livello del 2014 è pari al 78,7%, mentre il tasso di disoccupazione è pari all’11,8%. Cresce il dato degli occupati assunti con contratto a tempo indeterminato (50%, quasi 2 punti percentuali in più rispetto alla rilevazione del 2019). Il lavoro part-time coinvolge il 16,9% degli occupati. Aumentano le retribuzioni: in media 1.379 euro mensili netti (1.332 nella precedente rilevazione). Il 68,4% degli occupati ritiene la laurea conseguita molto efficace o efficace per il lavoro svolto; il 55,1% dichiara di utilizzare in misura elevata, nel proprio lavoro, le competenze acquisite all’università. Il 70,5% dei laureati è inserito nel settore privato, mentre il 26,5% nel pubblico. La restante quota lavora nel non-profit 2,9%. L’ambito dei servizi assorbe l’81,2%, mentre l’industria accoglie il 16,5% degli occupati; 1,7 la quota di chi lavora nel settore dell’agricoltura.