Lo studio di JobPricing sulla situazione e sul valore di mercato dell'istruzione in Italia. Interessante il punto sulla rendita del proprio titolo, una volta acquisito.
È stato pubblicato l’University Report, lo studio di carattere divulgativo sul “valore” dell’istruzione nel mercato del lavoro italiano, con attenzione particolare alla formazione universitaria.
A sviluppare questo report è la società di consulenza Spring Professional (appartenente all’Adecco Group), specializzata nella ricerca e selezione di Middle Manager e Professional. Il database di riferimento è costituito da oltre 450 mila profili retributivi di lavoratori del settore privato rilevati dall’Osservatorio JobPricing, tra i quali circa 100 mila profili di lavoratori laureati.
Secondo il report: “In Italia solo il 19,3% della popolazione ha un titolo di studio accademico, contro il 36,9% medio dei paesi OECD. Se si considerano i giovani (25-34 anni) si sale al 27,7% contro il 44,5% della media OECD“. A tal proposito, lo studio si propone di rispondere ad alcuni dubbi di chi magari vorrebbe intraprendere il percorso universitario o di chi lo ha già intrapreso. Tra le questioni più importanti c’è quella della retribuzione e del rendimento del titolo di laurea una volta nel mercato del lavoro.
“L’investimento nello studio universitario – si legge nel report – comincia a rendere in modo significativo già entro i 5 anni dal conseguimento del titolo: secondo i dati del XXI rapporto di Almalaurea, la retribuzione netta aumenta di oltre il 35%, sia per le lauree triennali sia per quelle magistrali. Ad oggi, tuttavia, sembrerebbe, stando sempre ai dati del rapporto, che le retribuzioni d’ingresso siano considerevolmente più basse di 10 anni fa, seppure in tendenza positiva dal 2013 ad oggi“.
In particolare, lo studio analizza la differenza tra le retribuzioni di non laureati e le retribuzioni dei laureati, in base alle fasce d’età. Infatti, leggiamo che: “Analizzando l’andamento delle retribuzioni nel tempo e differenziando per titolo di studio, si può osservare come, innanzitutto, la forbice tra le retribuzioni di laureati e non laureati sia molto sottile nella fascia fra i 15-24 anni, ma poi cresca costantemente nelle successive fasce d’età“.
“La differenza nella classe di età 15-24 anni è riconducibile al fatto che i laureati entrano stabilmente nel mercato del lavoro spesso non prima dei 25-26 anni, mentre chi ha un diploma o un titolo inferiore (scuola dell’obbligo o diploma di qualifica professionale) al raggiungimento dei 24 anni ha già acquisito probabilmente un certo numero di anni di lavoro, il che comporta una crescita dello stipendio con scatti retributivi e aumenti contrattuali“.
“Il gap a favore dei laureati, che già pare significativo nella fascia fra i 25 ed i 34 anni, aumenta sensibilmente dopo i 35 anni, che rappresentano il momento in cui si concretizzano a livello professionale gli anni di studio universitari“: infatti, il possesso di una laurea incide in modo esponenziale sulle opportunità di carriera, di sviluppo professionale e sulle prospettive di guadagno. Così, all’età dei 35 anni si può notare tendenzialmente uno stacco del 45% tra le retribuzioni dei laureati e quelle dei non laureati.
“Approfondendo ulteriormente il confronto fra le retribuzioni di chi è in possesso di un titolo di studio universitario e chi no – continua il report –, si può osservare una progressione dello stipendio molto forte per tutti i livelli di accademici, con l’eccezione della laurea triennale che ha una dinamica analoga a quella del diploma. Il multiplo retributivo nel passaggio dalla fascia 25-34 a quella dei 45-54, come evidenziato sotto, è dell’11% in presenza di sola istruzione obbligatoria ed arriva al 118% per chi ha un master di secondo livello“.
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