Il 25 marzo 2020 è la prima giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri. In questo articolo ripercorriamo i tratti salienti del rapporto tra la Sicilia e il Poeta, raccontati dal sommo nella sua opera più importante: la Divina Commedia.
Ci sono nomi che con soltanto le loro sillabe rievocano secoli di storia e di memorie. Dante Alighieri, o meglio, Durante di Alighiero degli Alighieri, è uno di questi. Considerato il padre della lingua italiana e prosecutore della magnifica storia iniziata con Francesco d’Assisi, la sua grandezza è inestimabile perché con le sue opere ha creato l’Italia e gli italiani ben prima di Giuseppe Garibaldi.
Al centro della Divina Commedia, la sua opera fondamentale, si trova un viaggio immaginario compiuto da Dante attraverso i tre regni dell’oltretomba, nella Settimana Santa del 1300. “Lottando” contro i peggiori peccati dell’uomo, il Poeta cercò di aiutare l’uomo nella sua purificazione interiore. Con l’aiuto delle guide, Virgilio, Beatrice, e San Bernardo di Chiaravalle, Dante completò un vero e proprio percorso spirituale, culminato con la visione di Dio e il ricevimento della grazia divina. Vediamo adesso come la Sicilia e la sua storia emergono nel corso del Poema.
L’isola viene rievocata, nel canto VIII del Purgatorio, in una maniera così completa e sublime, che qualcuno ipotizzò addirittura un viaggio del Poeta al di qua dello stretto. Tuttavia, si trattò solamente di uno studio più che completo delle fonti letterarie antiche. “E la bella Trinacria, che caliga / tra Pachino e Peloro, sopra ‘l golfo / che riceve da Euro maggior briga, / non per Tifeo ma per nascente solfo, / attesi avrebbe li suoi regi ancora, / nati per me di Carlo e di Ridolfo, / se mala segnoria, che sempre accora / li popoli suggetti, non avesse / mosso Palermo a gridar: ‘Mora, mora!’”.
Non si possono di certo escludere i riferimenti al vulcano Etna, già raccontato da Virgilio in tempi più antichi. La prima menzione arriva nel canto di Capaneo, il XIV dell’Inferno, dove il vulcano viene citato come casa dei ciclopi che stanno “in Mongibello a la focina negra”; e anche nel canto XIX del Paradiso, dove sono visibili le influenze di Ovidio e Stazio: “Vedrassi l’avarizia e la viltate / di quei che guarda l’isola del foco, / ove Anchise finì la lunga etate”.
Molto importante è il riferimento che Dante fa a Scilla e Cariddi, forze opposte in eterna lotta, rievocando secoli di miti e leggende. È il caso del canto VII dell’Inferno: “Come fa l’onda là sovra Cariddi, / che si frange con quella in cui s’intoppa”, che ricorda uno scenario già raccontato da Virgilio, Ovidio e Lucano.
Siracusa e Agrigento, Syrakousai e Akragas, furono i centri più importanti della Sicilia greca. Entrambe fanno la loro comparsa nella Commedia, per una riflessione storica e filosofica. Legata a Siracusa è la tirannide di Dioniso, citata nel canto XII dell’Inferno. “Quivi si piangon li spietati danni; / […] e Dïonisio fero”; non poteva non mancare un riferimento alla tradizione filosofica siciliana, in questo caso rappresentata da Empedocle, posto nel Limbo – nel canto IV dell’Inferno – a causa della sua nascita in età precristiana: “sentisse amor, per lo qual è chi creda / più volte il mondo in caòsso converso”.
Per l’occasione, abbiamo chiesto un parere al prof. Sergio Cristaldi, uno dei maggiori esperti di Dante del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania. Nonostante siano passati quasi settecento anni, “Dante è un autore vivo – esordisce il prof. Cristaldi, docente di Filologia e Critica Dantesca – Un giorno dedicato alla sua memoria, il Dantedì, appunto, sollecita la consapevolezza della sua presenza, con cui fare i conti. Non si tratta di “costituzionalizzare” Dante, cosa che peraltro sarebbe difficile, date le sporgenze acuminate della sua opera; ma di misurarsi con la sua sfida”.
“Non so se parlare di un dovere, – asserisce con sicurezza il docente, interpellato sull’attualità tra di Dante tra i millennials – di un “must”. I giovani continuano a leggere Dante: è un fatto. Fatto singolare, che difficilmente si ripete con altri autori della letteratura italiana. La domanda da fare è: perché i giovani provano verso Dante questo interesse? È un autore di un’epoca remota, di un mondo che non c’è più da molto tempo e che non può tornare. Come si spiega, allora, il convergere dell’attenzione su di lui? Credo che Dante, nella Divina Commedia, sappia esprimere alcune istanze di fondo proprie dell’uomo di tutti i tempi: l’aspirazione a una vita non effimera, il desiderio di infinito, l’ansia di una vittoria, nell’hic et nunc, sul male storico, sugli squilibri e le contraddizioni della società”.
Nel De vulgari eloquentia, il poeta riflette sulla vera essenza della lingua italiana. Non poteva mancare una parte dedicata al siciliano, che più di quanto si possa pensare è stato fondamentale per lo sviluppo dell’italiano moderno. “Primo storico della nostra letteratura, Dante ha riconosciuto – conclude il professore – il valore fondativo della Scuola poetica siciliana, manifestazione inaugurale della poesia in lingua di sì. Dante peraltro possiede una spiccata coscienza dell’identità italiana. È lui a riconoscere il profilo unitario della produzione letteraria in volgare italiano. Nessun municipalismo angusto. I poeti siciliani appartengono a un orizzonte che include i toscani e gli stilnovisti.
Analogo discorso si può fare sul piano delle idee politiche. Dante ammira la corte di Federico II e quella di Manfredi; beninteso, il regno meridionale si innesta in un organismo ulteriore, ben più ampio della stessa Italia, vale a dire l’Impero universale. Ecco: Dante pensa sempre la Sicilia come parte, di importanza fondamentale, di una totalità culturale, l’Italia, e politica, l’Impero, sovraordinata”.
Insomma, dopo quasi sette secoli, la luce dantesca splende ancora nel mondo della letteratura italiana ed europea. Leggerlo e approfondirlo è dovere di tutti: in questi giorni di emergenza sanitaria lanciamo tutti l’hashtag #ioleggodante, per poter riunire simbolicamente il Paese attorno al suo Poeta per antonomasia, in uno dei momenti più complicati della millenaria storia italica.
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