Secondo la leggenda del tesoro di Grisì, nel cuore della grotta nei pressi di Monreale, tre spiriti custodirebbero l’immensa ricchezza lì nascosta.
La leggenda del tesoro di Grisì si tinge di sfumature un po’ orientaleggianti e sembra essere sospesa in un mondo e in un tempo esotici e misteriosi. La dominazione araba, infatti, ha lasciato in eredità miriadi di storie e aneddoti particolari e fantasiosi, che sono entrati a far parte del tessuto culturale dell’Isola. Ambientato a Grìsì, una piccola frazione di Monreale a Palermo, questo mito ricorda, per certi versi, la fiaba di Aladino e della grotta magica, che celava al suo interno un inestimabile tesoro intoccabile.
Ammaliante ed evocativa come le celebri storie de “Le mille e una notte”, tra i più importanti miti di stampo arabo si può annoverare quello de “Lu banco di Disisi” (il banco di Disisa), un antico feudo collocato nel territorio di Grisì, a Monreale. La leggenda narra dell’esistenza di una fantomatica fortuna, formata da oro, gioielli e monete, nascosta all’interno di una grotta sperduta nel territorio di Disisa.
Sebbene nel tempo sia stata meta di numerosi avventurieri, alla disperata ricerca del tesoro, nessuno conoscerebbe l’esatta collocazione della caverna, talmente antica da non essere presente in alcuna mappa. Al suo interno, stando alla leggenda, sarebbero contenute ricchezze di enorme valore, talmente abbondanti e preziose che nessun uomo riuscirebbe mai a spenderne neanche la metà. Qui, infatti, sarebbero custoditi denari, pietre preziose, gioielli e oro in quantità.
In realtà, comunque, non sarebbe poi un’impresa impossibile riuscire ad arrivare alla grotta e addentrarsi nelle sue profondità. La vera difficoltà, in effetti, starebbe nel riuscire a portare fuori i beni in essa celati. Si racconta, infatti, che tre spiriti dalle sembianze umane siano posti a difesa del tesoro di Grisì, giocando per l’eternità a bocce e dadi adagiati su un letto d’oro e monete. Chiunque abbia tentato di lasciare la grotta, portando con sé anche un solo cimelio, per via della maledizione dei tre spiriti sarebbe stato incapace di ritrovare l’uscita e sarebbe morto lentamente tra atroci stenti. Le ricchezze di Girsì, però, non sarebbero davvero così impossibili da trafugare, bensì esisterebbe uno stratagemma per appropriarsene e vivere per sempre tra gli agi e i lussi più sfrenati.
Esisterebbe, quindi, un trucco per ingannare i tre spiriti, aggirando la maledizione e appropriandosi di quelle immense ricchezze. Per farlo bisognerebbe compiere un rito piuttosto complesso, che, per essere celebrato, necessiterebbe di una giumenta e di tre uomini di nome “Santi Turrisi”. Quest’ultimi, inoltre, dovrebbero provenire da tre angoli diversi del regno.
Una volta recuperati gli “ingredienti” per il rito, bisognerebbe recarsi alla caverna e, una volta addentratisi, sacrificare agli déi la giumenta e mangiarne le interiora dopo averle fritte. Infine, narra il mito, la medesima sorte spetterebbe agli uomini, da uccidere per riuscire a conquistare la benevolenza delle divinità. Soltanto dopo avere ultimato immolato tutte le vittime e aver eseguito il cerimoniale con esattezza, si potrebbe portare fuori il tesoro di Grisì e vivere da nababbi. Qualche coraggioso che tenti l’impresa?
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