Una figura nota a molti catanesi e un personaggio di spicco nel suo ambiente, grazie all'indole di uomo di chiesa: ecco la storia del cardinale Dusmet, raccontata nel giorno della sua nomina ad arcivescovo della città etnea.
Per chi vive a Catania o ha avuto modo di frequentarla per un certo periodo prestando attenzione a ciò che lo circondava, il nome Dusmet non sarà certamente sconosciuto. Si tratta infatti di un personaggio che ha segnato la storia della città per diverse ragioni, sintetizzabili nel grande impegno attuato nel suo ambito. Per questo motivo fino ai giorni nostri è possibile sentire parlare del cardinale Dusmet, definito dai catanesi come il “santo cardinale”. Ecco dunque la sua storia e quella del suo rapporto con la città etnea.
Passato alla storia per tutti i catanesi come il “cardinale Dusmet”, il suo nome era Giuseppe Benedetto e in famiglia veniva chiamato Melchiorre. Nato in una famiglia benestante a Palermo, figlio del capitano di vascello il barone Dusmet e da una nobildonna, il futuro cardinale mostrò sin da giovanissimo la sua inclinazione ad intraprendere una vita al servizio dei bisognosi.
Dopo aver frequentato come oblato un monastero a Monreale, avrebbe dovuto sposare una giovane di buona famiglia a Napoli secondo il volere del padre, ma Dusmet preferì tornare alla vita di chiesa e a poco più di vent’anni prese i voti.
Nel 1841 ebbe quindi inizio la sua carriera ecclesiastica, diventando sacerdote e avanzando di volta in volta nel suo percorso. Giuseppe Benedetto non passò inosservato proprio grazie alla sua intelligenza e per l’attaccamento alla causa religiosa che aveva sposato.
Dopo i primi avanzamenti di carriera passando da semplice presbitero a priore tra Napoli e la Sicilia, Dusmet raggiunse la città di Catania nel 1858, dove ottenne la carica di abate del Monastero dei Benedettini di San Nicolò l’Arena. Fu proprio grazie a lui che in quei luoghi si tornò ad osservare la vita monastica secondo le regole dato che, come lo stesso De Roberto aveva evidenziato ne “I Viceré”, l’esperienza all’interno del monastero era molto simile a quella di un’aristocrazia dedita ad assicurarsi il proprio benessere ma non a quello degli altri, come dovrebbe accadere in un ordine monastico.
Durante la gestione del Monastero, Dusmet accolse anche Garibaldi quando venne compiuta l’Unità d’Italia, e fu proprio lui l’ultimo a lasciare le mura della struttura quando venne espropriata dal Regno insieme agli altri beni degli Ordini monastici.
Ma gli incontri con Garibaldi non furono le uniche difficoltà che il futuro cardinale dovette affrontare. In quel periodo infatti, Catania visse una serie di sconvolgimenti naturali tra terremoti ed eruzioni, come quella celebre che arrivò fino alle porte di Nicolosi e che misero alla prova la città e i catanesi, per i quali la presenza di una figura forte come quella di Dusmet fu fondamentale.
Fu infatti il 22 febbraio del 1867 che papa Pio IX lo nominò arcivescovo della città etnea, riempiendo una sede vacante da oltre cinque anni. Dusmet si impegnò profondamente nel riformare il clero, una categoria sociale che aveva perso di vista i propri principi, in favore di sfarzo e benessere.
Spinse molto su dei pilastri da lui percepiti come fondamentali, quali l’assistenza ai bisognosi e l’istruzione, indicando la Chiesa come organo sostanziale nel loro sviluppo. Infatti, fu lui stesso a pronunciare queste parole: “La nostra porta per ogni misero che soffre sarà sempre aperta. L’orario che ordineremo affiggersi all’ingresso dell’episcopio sarà che gli indigenti a preferenza entrino in tutte le ore. Un soccorso, ed ove i mezzi ci manchino, un conforto, una parola di affetto l’avranno tutti e sempre”.
E il suo impegno fu ricordato dai catanesi: così come durante il suo periodo da arcivescovo etneo a Catania sorsero nuove chiese, la città gli dedicò la via Marina vicino al Porto della città e un monumento in piazza San Francesco d’Assisi, in pieno centro storico. E proprio sul monumento sono riportate le sue parole che trasmettono un messaggio di carità al popolo: “Sin quando avremo un panettello, noi lo divideremo col povero”.
Dusmet fu quindi sempre amato dai catanesi, che lo celebrarono con funerali solenni alla sua morte, avvenuta nel 1894 a Catania. Sebbene fosse dapprima sepolto al Cimitero della città etnea, i catanesi richiesero la sepoltura all’interno della Cattedrale della città dedicata a Sant’Agata, dove tuttora riposano i resti del “santo cardinale”.
I cittadini di Catania erano infatti soliti chiamarlo così anche se, ad oggi, Giuseppe Benedetto Dusmet non è santo: è stato infatti proclamato beato nel 1988 da Papa Giovanni Paolo II, quando inoltre la salma del cardinale fu ricomposta e posizionata sotto l’altare della Vergine all’interno della cattedrale di Catania, dove sarebbe finalmente stata “a disposizione” dei fedeli.
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