Ancora oggi resta fitto il mistero sull’identità di Nina Siciliana, donna sicula ritenuta la prima poetessa in lingua volgare. I suoi versi avrebbero ispirato le poetesse medievali in Italia.
Tra i molti personaggi di spicco che la Sicilia può vantare, la nostra Isola non ha nulla da invidiare a nessuno neanche in ambito letterario. Sono numerosi, infatti, i nomi che hanno reso la produzione letteraria nostrana motivo di vanto e hanno dato voce alla terra e al popolo siciliani. Tra autori del calibro di Pirandello, Capuana, Sciascia, Camilleri e molti altri, la prosa siciliana ha raggiunto nel tempo prestigio e riconoscimenti. Forse meno affermata, tuttavia, anche la tradizione poetica locale ha conferito nel tempo orgoglio alla Sicilia e anche un non trascurabile primato. L’Isola avrebbe, infatti, dato in natali alla prima poetessa in lingua volgare. Nina Siciliana, questo il suo nome, resta, tuttavia, attualmente avvolta nel mistero, considerato come gli studiosi non siano ancora riusciti a dare un volto a questa leggendaria figura femminile.
Al tempo in cui la Scuola siciliana, fervente alla corte di Federico II di Svevia, raccoglieva autori e intellettuali da ogni parte del Mediterraneo, una donna di origini sicule si sarebbe distinta per la sua rima intensa e moderna. Attiva in età medievale intorno al XIII secolo, Palermo e Messina si contenderebbero la cittadinanza della misteriosa poetessa, di cui restano solo due sonetti. Sebbene si sappia molto poco di Nina Siciliana, certo è come il suo contributo alla poesia femminile in volgare non possa essere sottovalutato, facendo da apripista alle donne poetesse in Italia a partire da allora.
Ad accendere la contesa tra Palermo e Messina, sono principalmente due le teorie relative alla città di appartenenza della poetessa Nina. Se alcuni studiosi, tra i quali si distinguono Leone Alacci e Geronimo Ragusa, propenderebbero per le origini messinesi, altri, come Antonio Mongitore, attribuirebbero a Palermo il merito di averle dato i natali. Un elemento che farebbe pendere l’ago della bilancia verso Messina sarebbe, però, la presenza nel medesimo periodo di Oddo e Guido delle Colonne, personalità illustri riconducibili alla Scuola siciliana nella città dello Stretto. Si spiegherebbero così la passione e l’intenso interesse sviluppato da Nina per le rime raffinate dell’amore cortese. Dubbi esisterebbero, tuttavia, anche sulla sua identità, di cui parrebbe certo soltanto il nome di battesimo, Nina per l’appunto, mentre non sarebbero pervenute notizie biografiche su quest’affascinante personaggio.
Qualunque fossero la sua identità e la sua provenienza, comunque, certo è che la sua penna non ebbe nulla da elemosinare ai versi dei suoi contemporanei uomini, arrivando ad affascinare e diventando d’ispirazione per le poetesse della Penisola dei decenni successivi. Sfortunatamente soltanto due sonetti della poetessa siciliana sarebbero arrivati ai nostri giorni, pubblicati all’interno della raccolta fiorentina a opera del tipografo Giunti nel 1527.
I suoi versi erano talmente delicati e appassionati da far persino invaghire di lei il poeta toscano Dante da Maiano. Quest’ultimo, pur non avendo mai effettivamente incontrato Nina, si sarebbe innamorato perdutamente dei suoi sonetti e di lei, al punto da dedicarle un componimento al quale la scrittrice avrebbe risposto con delle rime altrettanto intense, dando vita quasi a una sorta di relazione epistolare e platonica.
L’importanza della presenza di una così eccelsa poetessa in lingua volgare nella nostra Isola riguarderebbe, a ogni modo, l’eccezionale modernità dei suoi versi, oltre che la raffinatezza del linguaggio e della struttura delle sue opere. Difatti, la poesia medievale solo apparentemente sembra porre al centro del suo studio la figura femminile, con l’esaltazione della donna angelo e dell’amore cortese. In realtà, tuttavia, la lirica medievale relega la donna al mero ruolo di oggetto di contemplazione, non caricandola di alcun significato attivo. Nei versi di Nina Siciliana, al contrario, la donna diventerebbe attrice e protagonista partecipe, mettendo a tacere i dubbi dell’uomo e affermando la propria volontà nell’esprimere e afferrare il desiderio amoroso.
Alcuni studi, tuttavia, metterebbero in dubbio il primato di Nina Siciliana, affermando che essa non fu affatto la prima poetessa in Italia a comporre in volgare. Alcune tesi riconoscerebbero, invece, questo merito a una certa Compiuta Donzella, di cui sono conservati tre sonetti, mentre altri ancora propenderebbero per Gaia, figlia del signore di Treviso Gherardo da Camino. Di quest’ultima, tuttavia, non sarebbe pervenuto alcun componimento.
Persino la stessa esistenza di Nina è stata nel tempo messa in discussione dallo studioso Adolfo Borgognoni, abruzzese del 1877. Lo studioso affermò come Nina fosse in realtà un’invenzione proprio dell’officina tipografica Giunti. C’è da dire, a ogni modo, che Borgognoni negò persino la storicità di Dante da Maiano, facendosi forte della medesima tesi. Le perplessità sull’effettiva esistenza di Nina, comunque, non dipenderebbero soltanto dalla mancanza di prove concrete e testimonianze storiche, ma prenderebbero piede dall’assunto secondo cui le donne dell’epoca non possedessero la necessaria istruzione per comporre versi di tale raffinatezza.
A smentire questa teoria ci penserebbe, però, la presenza nel sud della Francia, già alcuni decenni prima, delle “trobaritz”, un gruppo di circa una ventina di donne che, alla pari dei colleghi uomini, cantavano l’amore cortese. Alla stessa maniera in cui i trovatori provenzali, spostandosi da Nord a Sud nella Penisola, fecero conoscere la poesia trobadorica in Italia, così le “trobaritz” avrebbero potuto ispirare le poetesse nostrane.
Nella fattispecie, si possono notare diverse assonanze tra le poesie di una delle trobaritz, Alamanda de Castelnau, e i sonetti di Nina Siciliana. Verosimilmente, quindi, non solo la poetessa sicula potrebbe realmente essere esistita, ma la sua poetica potrebbe avere attinto a piene mani dalle trovatrici francesi, screditando così lo scetticismo riguardo alla possibilità di una poetica in volgare fatta da donne.
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