La Sicilia è da sempre luogo di approdo di tante civiltà e comunità in cerca di fortuna, asilo e speranza. Tuttavia, il numero di locali che abbandonano la propria terra alla ricerca di lavoro è in continua crescita e non sembra destinato ad arrestarsi.
Tra le regioni italiane, la Sicilia è di certo quella che ha visto solcare i propri mari e terre dalle più diverse civiltà del passato e del presente. Complice la posizione in mezzo al Mar Mediterraneo, le terre fertili e ospitali, l’isola maggiore italiana è da lungo tempo luogo di accoglienza di civiltà straniere. Tuttavia, il flusso di ingressi che ha sempre caratterizzato la Sicilia è sempre più contrastato da un fenomeno opposto.
Sebbene negli ultimi anni si parli ampiamente dell’emergenza immigrazione nell’Isola, una questione altrettanto rilevante sta seguendo un percorso parallelo e non sembra destinata ad arrestarsi. Si tratta dell’emigrazione, in particolare di quella giovanile, grande piaga della Sicilia degli ultimi anni. Secondo l’analisi dei dati a riguardo, in dieci anni oltre 50 mila laureati hanno abbandonato le sponde dell’isola per recarsi all’estero o in altre regioni italiane. A questi si dovrebbero sommare i tanti giovani diplomati che cercano la propria fortuna fuori dall’Italia o scelgono l’estero per studiare. La motivazione: la ricerca di un impiego e di una vita migliore. Sono ormai note a tutti le storie di giovani residenti all’estero che hanno cercato lavoro per anni in patria senza successo e lo hanno trovato, senza troppi sforzi, dopo poco al di fuori della nazione.
Ma cosa sta succendendo alla Sicilia? In realtà un’emigrazione di tale portata si è già verificata in passato, quando molti siciliani, giovani e meno giovani, abbandonarono la terra d’origine per raggiungere gli Stati Uniti d’America e migliorare la loro condizione economica. Tuttavia vi sono delle differenze fondamentali tra l’emigrazione passata e quella attuale: la grande miseria, le lotte sanguinarie e la depressione economica che fecero da cornice all’emigrazione del primo Novecento non rende la situazione dell’epoca paragonabile a quella attuale. Sebbene sia in atto una crisi economica non indifferente, la vita è decisamente migliore rispetto a quella d’inizio secolo. Tuttavia, la motivazione dell’attuale fenomeno è la stessa del passato. La ricerca di un impiego, che possa garantire un futuro sereno a sé stessi e alla propria famiglia e soddisfare le esigenze personali.
Volendo fare ancora un paragone con il passato, la condizione degli emigrati è altamente differente: mentre ad inizio Novecento si trattava per lo più di agricoltori e giovani senza studi di alto livello, la situazione ad oggi è diametralmente opposta. Chi va all’estero è il giovane laureato, magari anche con una laurea magistrale alle spalle e altamente specializzato.
La stessa condizione economica di base non è corrispondente al passato: prima erano i più poveri ad affrontare lunghi viaggi in cerca di fortuna. Oggi, secondo ricerche mirate, sarebbero soprattutto i giovani “con le spalle coperte” a permettersi un’esperienza simile. Questo perchè la famiglia può mantenere il figlio all’estero o nel resto d’Italia in attesa dell’impiego che gli permetta di essere economicamente indipendente.
Un’altra differenza fondamentale rispetto al passato riguarda l’intenzione di tornare in patria. Mentre in passato la maggior parte degli emigrati pensava di abbandonare la terra d’origine solo per il tempo necessario per assicurarsi un minimo di stabilità economica, spesso i giovani d’oggi che lasciano la Sicilia non sono intenzionati a rientrare. Forse demoralizzati dalle lunghe ed avvilenti ricerche di lavoro senza risultati, forse sviliti da continui situazioni lavorative in cui la meritocrazia è una chimera, sono sempre di più i laureati che non hanno intenzione di tornare in Sicilia dopo l’esperienza all’estero.
La motivazione è che non credono di trovare condizioni lavorative migliori di quelle che hanno ottenuto fuori dalla terra d’origine e, stando ai rapporti economici sul gap tra Nord e Sud, non sembrano aver tutti i torti. A fronte di una crescita, anche minima dell’occupazione del Centro-Nord, il Sud riscontra infatti un calo di portata decisamente maggiore. E ancora maggiore è il divario tra Italia e gran parte del resto del mondo.
Con questi presupposti non è difficile immaginare quale potrebbe essere la sorte della Sicilia. Uno degli ultimi allarmi è arrivato ad inizio anno, quando la popolazione siciliana è rimasta al di sotto dei 5 milioni di abitanti. Il fenomeno della fuga di cervelli non è infatti solo una questione culturale ed economica, ma una vera emergenza demografica. Meno giovani in Sicilia significa infatti anche meno nascite e diminuizione della popolazione.
Tuttavia, la tendenza a lasciare la terra d’origine non sembra affatto destinata a rallentare, mentre parrebbe anticiparsi nei tempi: sono sempre più infatti, i ragazzi diplomati che decidono di non studiare nell’Isola e di crearsi un futuro all’estero, sia lavorativo che di formazione. Se non si contrasta questa situazione, l’epilogo possibile sembra soltanto uno: i giovani abbandonano la Sicilia ed essa pare destinata a svuotarsi e a non riempirsi più.
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