Si celebra oggi la Giornata mondiale del rifugiato: aumentano nel mondo il numero di persone in fuga da guerre e conflitti. In Europa e in Italia diminuiscono invece gli sbarchi: è davvero questa la soluzione per una delle più grandi sfide dei nostri tempi?
Il 20 giugno si celebra la Giornata internazionale del rifugiato istituita nel 2001 dalle Nazioni Unite in occasione del 50 esimo anniversario dell’entata in vigore della Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status di rifugiato.
Negli ultimi anni i flussi migratori sono aumentati e da tutto il mondo arrivano milioni e milioni di rifugiati in fuga da guerre e persecuzioni. Secondo il rapporto annuale dell’UNHCR Global Trends, pubblicato ieri, nel 2018 sono state registrati quasi 70,8 milioni di persone in fuga.
Tra le oltre 70 milioni di persone in fuga, in realtà come specifica lo stesso rapporto esistono delle differenze che permettono di classificare i profughi. Tra questi il vero numero dei rifugiati che fuggono da guerre, conflitti e persecuzioni ammonterebbe a 25,9 milioni. Gli altri migranti sarebbero suddivisi invece in due gruppi: richiedenti asilo, cioè persone che si trovano al di fuori del proprio Paese di origine e che ricevono protezione internazionale, in attesa dell’esito della domanda di asilo, il cui numero è di 3,5 milioni; e “sfollati interni” per un numero di oltre 41,3 milioni di persone che non fuggono dal proprio Paese ma continuano a vivere in aree interne ad esso.
Stando ai dati dell’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati sulla condizione delle persone in fuga si scopre che un rifugiato su due nel 2018 era un minore, e che l’80% dei rifugiati vive in Paesi confinanti con i Paesi di origine. Mentre i Paesi ad alto reddito accolgono mediamente 2,7 rifugiati ogni 1.000 abitanti; i Paesi a reddito medio e medio-basso ne accolgono in media 5,8; i Paesi più poveri accolgono un terzo di tutti i rifugiati su scala mondiale. Inoltre, pare che un rifugiato su 5 è rimasto in tale condizione per almeno 20 anni.
I fenomeni migratori degli ultimi anni, in particolare l’emergenza migratoria registrata in Europa dal 2014 ha messo spesso in discussione alcuni dei principi giuridici di diritto internazionali, mettendo a rischio lo status stesso di rifugiato e soprattutto di richiedente asilo. I grandi numeri di sbarchi e la difficoltà nel riconoscere e nel distinguere migranti economici da rifugiati e profughi di guerre ha inasprito l’opinione pubblica contro l’accoglienza dei migranti in molti paesi d’Europa, tra cui l’Italia. Abbassare il numero degli sbarchi e chiudere le frontiere è diventato l’obiettivo di molti leader e classi politiche.
In Italia, con il Governo Lega-5stelle il numero degli sbarchi sembrerebbe essere diminuito.Stando al rapporto del Ministero degli Interni sugli sbarchi dei migranti e l’accoglienza, pubblicato nella giornata di ieri, gli arrivi nel 2019 sarebbero diminuiti considerevolmente. Secondo il ministero nel 2017, i migranti sbarcati in Italia sono stati oltre 70mila, nel 2018 quasi 17mila e nel 2019(fino al 19 giugno) esattamente 2.199.
Tra questi 2.199 migranti che sarebbero sbarcati In Italia da gennaio a giugno 2019, le nazionalità dichiarate dai richiedenti asilo sarebbero diverse: Tunisia, Pakistan, Iraq, Algeria, Costa d’Avorio, Bangladesh, Sudan, Iran, Guinea e Senegal.
Tuttavia, questi paesi sono solo alcuni dei luoghi di provenienza dei rifugiati. Se l’Africa è attualmente il Paese politicamente più instabile che conta il maggior numero di guerre, anche il Medio Oriente conosce da anni diverse situazioni di crisi e conflitti.
A trovarsi dichiaratamente in guerra in Africa sono Algeria, Ciad, Costa d’Avorio, Liberia, Libia, Mali, Niger, Nigeria, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Sahara Occidentale, Somalia, Sudan e Sud Sudan. In crisi anche Burkina Faso, Etiopia, Guinea Bissau e Uganda. In Medio Oriente si ricorda la guerra in Siria, ma anche in Iraq, Yemen e Libano. Per l’Asia l’Afghanistan e il Pakistan, ed in Europa orientale esistono conflitti in Cecenia, Georgia, Kosovo e Ucraina.
Ad oggi, respingere gli arrivi, negare l’asilo e accoglienza sembra diventata la strada più facile per risolvere l’emergenza delle migrazioni. Tuttavia, di fronte a una crisi globale di questa portata, gli Stati non possono più sperare di rinchiudersi dentro i propri confini nazionali, lavandosene le mani.
“Ad ogni crisi di rifugiati, ovunque essa si manifesti e indipendentemente da quanto tempo si stia protraendo, si deve accompagnare la necessità permanente di trovare soluzioni e di rimuovere gli ostacoli che impediscono alle persone di fare ritorno a casa”, ha dichiarato l’Alto Commissario Filippo Grandi. “Si tratta di un lavoro complesso che vede l’impegno costante dell’UNHCR, ma che richiede che anche tutti i Paesi collaborino per un obiettivo comune. Rappresenta una delle grandi sfide dei nostri tempi”.
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