Da "Breaking Bad" e "Better Call Saul" a Etna Comics 2019: Giancarlo Esposito si racconta alla stampa, tra ricordi del passato e speranze per il futuro.
Nato in Danimarca da padre italiano e madre afroamericana, Giancarlo Esposito è l’esempio di culture che si intrecciano. Nei suoi 52 anni di carriera, Esposito ha interpretato molti personaggi ma probabilmente nessuno ha colpito il pubblico tanto quanto Gus Fring nei celeberrimi Breaking Bad e Better Call Saul.
Nei suoi cinque anni di messa in onda, Breaking Bad ha raccolto un incredibile numero di spettatori, che poi si sono dimostrati sempre più interessati al settore scientifico facendo tra l’altro impennare il numero di iscritti nelle facoltà di chimica. “Ovviamente è una cosa bella che le persone si avvicinino alla scienza. Certamente quello che è interessante è che prima di Breaking Bad poche persone conoscevano tutta la chimica dietro la produzione di metanfetamina – dichiara Esposito -. E in effetti, Vince Gilligan ha fatto un grande lavoro perché ha collaborato insieme ad alcuni agenti della DEA (il dipartimento antidroga americano) che avevano visitato e conoscevano i laboratori di metanfetamina e che quindi hanno potuto spiegare nei dettagli quella che è tutta non solo la chimica ma anche la produzione di questa droga. Tutto questo ovviamente non provate a farlo a casa.“
L’aspetto forse più importante dell’intera faccenda è che è stato proprio Breaking Bad a convincere Esposito a infrangere una delle sue costanti da attore. A lui non piace ripetersi. Eppure, spiega, è stato più che felice di tornare a vestire i panni di Fring per lo spin-off dedicato a Saul Goodman. “Sicuramente lavorare con degli sceneggiatori e dei filmakers così bravi, così di livello, come quelli in Breaking Bad e Better Call Saul è già di per sé una grande fortuna e una grande benedizione – ha spiegato l’attore -. Ho capito che lo show comunque si incentrava sulla figura di Saul Goodman, mentre il personaggio di Gustavo poteva permettermi di esplorare quello che c’era stato prima quindi forse mostrarlo più vulnerabile, più insicuro, e anche la sua strada verso la perfidia che poi conosciamo.“
Non mancano, ovviamente, le speculazioni su quelli che potrebbero essere i suoi prossimi ruoli. Sebbene finora abbia mantenuto – per ragioni esclusivamente televisive – espressioni neutrali e talvolta atteggiamenti scontrosi, Esposito è una persona che ride molto e ama anche prendersi in giro. “Sicuramente i ruoli che più vorrei affrontare sono quelli di una commedia: quasi tutti mi conoscono per il mio ruolo di Gustavo, per i miei ruoli nei film di Spike Lee, ma in realtà sono una persona simpatica, divertente, faccio un sacco di battute anche un po’ stupide e pessime.”
Trovandosi però alla fiera del fumetto e della cultura pop, non ha potuto evitare la domanda su un eventuale ruolo in qualche cinecomic. “Sono 4 o 5 anni che aspetto e che rifletto su quale personaggio potrebbe essere quello giusto. In qualche modo vorrei un personaggio che mantiene gli aspetti umani, ma attraverso la tecnologia del futuro riesce a estendere questa sua umanità – chiarisce Esposito -. I fumetti in questo hanno la capacità di portarci a un livello energetico, a quello che poi è qualcosa che fa parte di noi, che spesso ci scordiamo con la tecnologia, soprattutto con i cellulari: a volte pesiamo a una persona e poco dopo quella persona ci chiama. Non sono coincidenze. C’è un livello energetico nel mondo, qualcosa che ha a che fare con il guardarci negli occhi, il fatto di sapere quando hai paura e quando sei turbato, delle vibrazioni naturali. E in questo i fumetti hanno la capacità di portarci in quel mondo, insegnarci quel mondo.“
Esposito non è estraneo alla tematica del razzismo. “In America io sono un uomo nero. Punto. Quando mi fermano in macchina mi fanno abbassare i finestrini, mi mettono con le mani sul cofano, perché sono un uomo nero. Così vengo trattato – ammette l’attore con una punta di amarezza -. Non sono più una persona ma sono un colore. Mi è stato chiesto tante volte se mi sento più a mio agio in Italia o negli Stati Uniti, e io ho sempre risposto in Italia perché qui sento che c’è ancora una cultura di accettazione delle persone, in cui le persone vengono meno viste soltanto in base al proprio colore.“
E all’Italia dedica proprio l’ultima parte del suo intervento, quella più emozionante legata a un padre che ha dovuto fare i conti con i pregiudizi riservati agli italiani negli Stati Uniti.
“In questi momenti penso al mio papà, Giovanni. Sono cresciuto in una casa con un papà italiano e una mamma afroamericana. Papà era pieno di passione, pieno di quello spirito. Continuava sempre a dire “tutto meglio in Italia: i vestiti, l’artigianato, il cibo, il cervello! Tutto meglio in Italia!” e sono quindi cresciuto con questa idea. Galileo, Leonardo, Raffaello, Visconti, quindi questo intelletto e passione così italiani. – Esposito pronuncia queste parole con la voce rotta, chiaramente emozionato -. Ma allo stesso tempo, ho visto quello che è successo a mio padre: a un certo punto da Giovanni Esposito è diventato Gianni Expo, per farsi accettare negli Stati Uniti, quindi ha americanizzato il suo nome e soffrivo molto di questo pregiudizio. Era qualcosa davvero che osservavo e mi faceva male. Per fortuna è durato poco. Dopo un po’ di tempo, da Gianni Expo è tornato Giovanni Esposito. Tempo dopo ho fatto un film con Madonna, e Madonna a un certo punto mi ha detto “ma tu potresti farti chiamare soltanto Giancarlo”, ci ho pensato ma in realtà non mi piaceva. Certo: rimaneva sempre il fatto che in America tutti mi chiamavano Giancarlo Esposìto; quando sono arrivato in Italia e ho visto che mi chiamavano tutti Giancarlo Espòsito ho cercato di capire come fare a far pronunciare bene il mio nome negli Stati Uniti. E ci pensavo, se continuare a tenere Esposìto o rivendicare il mio cognome pronunciato bene. Alla fine ho deciso che io sono Giancarlo Esposito anche negli Stati Uniti. E in qualche modo quindi sono cresciuto dentro di me. Sono tutto, sono fiero di essere quello che sono, sono legato alle mie radici, ogni volta che vengo in Italia il mio italiano migliora un pochetto e amo questa passione e questa integrità che fanno parte dell’essere italiano. E poi mi dicono che sono nero. Sì, sono anche nero. Sono tutto. Odio le etichette. Amo questo Paese, amo il cibo, il vino, l’Italia e sono fiero di tutto questo.”
Foto di Maria Regina Betti
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