In milioni si sono riversati nelle piazze delle città di tutto il pianeta per manifestare contro lo scarso impegno nella battaglia contro i cambiamenti climatici, in una lotta che ha coinvolto tutti perché riguarda tutti. LiveUnict ha chiesto ad alcuni studenti in Italia e all'estero di raccontare la loro esperienza e gli scioperi svoltisi nelle loro città.
120 Paesi, più di duemila scioperi organizzati in tutto il mondo, centinaia di migliaia di studenti, associazioni non governative e semplici manifestanti. Questa, grossomodo, la composizione dei tanti cortei che ieri, 15 marzo, si sono uniti nella più grande protesta ambientalista mai registrata per gridare a tutto il pianeta un solo, preoccupato allarme: non esiste un piano B alla lotta contro il cambiamento climatico, bisogna agire, bisogna farlo ora. E con decisione.
A unire sotto la grande bandiera dell’ambiente questo variegato movimento è stata una ragazzina svedese di 16 anni, Greta Thunberg, che con i suoi Skolstrejk för klimatet, scioperi della scuola per il clima, ha attirato l’attenzione dei media e ha contribuito a lanciare una serie di scioperi settimanali internazionali, ogni venerdì, che con sempre maggior partecipazione si sono diffusi prima in Europa e poi nel resto del mondo, fino ad arrivare alla manifestazione di ieri.
Con 235 raduni organizzati, l’Italia è stato il Paese più attivo nella giornata di protesta, più della Francia (216), degli Stati Uniti (168) e della Svezia di Greta (129). Anche a Catania si è svolta una grande manifestazione, con migliaia di partecipanti coinvolti. Ma come è andata nel resto del mondo? Alcuni studenti, provenienti da altre parti d’Italia e dall’estero, hanno raccontato a LiveUnict la loro esperienza.
All’altro estremo d’Italia, a Udine, ad aderire all’appello di Greta sono stati in più di 3000, dai bambini delle scuole elementari, agli universitari e agli stessi insegnanti. “La manifestazione – racconta Nikolina, studentessa universitaria – è durata tutto il giorno, con proiezione di film-documentari sul surriscaldamento globale e sull’attivismo dei giovani di tutto il mondo. Nel corso della mattina c’è stato un momento durante il quale tutti potevano intervenire per parlare al pubblico ed è stato bello vedere che c’è ancora speranza nei giovani e che la gente si sta effettivamente rendendo conto che è il momento di iniziare a cambiare le cose, almeno nel nostro piccolo”. A Udine, conclude, la protesta continuerà ogni venerdì, anche se con intensità probabilmente differente.
“Essere lì, sebbene purtroppo per poco, mi ha fatto realizzare che no, noi giovani non siamo la generazione che stanno demonizzando. – continua Asia, anche lei studentessa a Udine – Siamo la generazione che sta subendo anni di ignoranza, giustificabile e non, a cui ora dobbiamo porre rimedio. Per questo vedere adulti e anziani, ieri, era paradossalmente più gratificante che vedere giovani ragazzi. Mi ha colpito l’intervento dell’architetto del polmone verde di Udine, il parco del Cormor: ‘quando negli anni ’90 ho progettato questo parco, mi sentivo incredibilmente solo. Oggi, grazie a voi, ho la motivazione per continuare a disegnare. Non mi sento più solo. Io non smetto!’“.
Al di fuori dei confini nazionali, la protesta è arrivata anche a Poznań, in Polonia, dove lo sciopero è durato tutta la mattina, a partire dalle dieci. Qui una maggioranza di studenti ha occupato le vie del centro, le più affollate della città. Le condizioni meteo avverse hanno impedito una grande partecipazione, tuttavia la presenza studentesca, specie liceale, non è mancata.
“Durante tutta la manifestazione – afferma Monika, studentessa di Geografia a Poznań – giovani volenterosi potevano parlare al microfono rivolgendosi a tutti. È stato molto affascinante vedere in quei giovani, che nella maggior parte dei casi non avevano preparato alcun discorso, provare a parlare alla folla di manifestanti. Sfortunatamente, il discorso si è poi spostato verso una sorta di propaganda vegetariana, distogliendo l’attenzione dall’argomento più importante: il cambiamento climatico”.
Monika lamenta anche la mancanza di dati a supporto dei discorsi dei manifestanti, cosa che avrebbe indebolito la forza delle argomentazioni e provocato fraintendimenti. “Come convincere le generazioni più grandi che quello che avviene in oceani distanti, foreste pluviali, calotte polari influenza anche la nostra vita di tutti i giorni?”, si chiede. “Solo una studentessa – continua – ha dato attenzione ad argomenti meno noti in Polonia, come gli idrati di metano coperti da sedimenti sul fondo degli oceani. Vorrei congratularmi con quella ragazza, che con voce tremante ha posto l’accento su questo argomento, provando a trasmettere queste informazioni al piccolo gruppo radunato intorno a lei”.
“L’idea dello sciopero – sostiene inoltre, cercando di vedere i pro e i contro – è importante, ma con queste performance gli adulti che passavano per il centro si sono limitati a sorridere beffardamente dei giovani manifestanti. C’è stata anche della disinformazione per quanto riguarda l’inquinamento dell’aria. Poznan, come molte altre città in Polonia, ha numerosi problemi con la qualità dell’aria durante le stagioni più fredde, . In questa circostanza vorrei ringraziare due ragazzi che, nonostante i tentativi della loro insegnante di impedirne la partecipazione allo sciopero, sono intervenuti per correggere le affermazioni degli altri manifestanti, puntualizzando sull’utilizzo del co-riscaldamento negli edifici e della sostituzione delle caldaie più inquinanti. Naturalmente quanto fatto finora è insufficiente, ma dire che nulla viene fatto per migliorare la qualità dell’aria che respiriamo a Poznan è fuori discussione”.
Dalla Polonia facciamo un salto in Australia, dove Marta, studentessa proveniente dal nostro ateneo ma in scambio presso l’Università di Melbourne, ha raccontato ai microfoni di LiveUnict lo strike tenutosi nella sua città, a cui ha preso parte sin dall’inizio, occupandosi degli aspetti organizzativi e della condivisione sui social.
“Lo strike è stato estremamente partecipato da tutti coloro che ve ne hanno preso parte. Dai bambini, che agitavano dei cartelli nei loro passeggini, fino agli anziani e ai diversamente abili – comincia la studentessa, attenta alla reazione dei partecipanti -. È stato molto bello veder salire sul palcoscenico anche studenti delle elementari che con estrema precisione e chiarezza hanno espresso cosa voglia dire questa protesta per loro, ma ciò che mi ha colpito di più è stato il tripudio con cui i contingenti di bambini incrociati per strada venivano salutati. Un coro di grida che li elogiava come i veri eroi della giornata”.
E in effetti i volti dei bambini che gridano, più degli adulti, più degli studenti più grandi di loro, che non esiste un pianeta di riserva e che il cambiamento deve iniziare da noi fanno pensare. Fanno dire, per citare il grande storico della letteratura italiana Francesco De Sanctis, che è proprio vero che l’umanità nei giovani si spoglia delle sue rughe e si ribattezza a vita più bella.
“L’aria vibrava per l’energia che tutti i presenti sono stati in grado di emanare – conclude, infine, Marta-. Ogni singola voce non è rimasta inascoltata al termine di quella giornata e tutti, chi con espressioni corrucciate, chi con volti radiosi, sono tornati a casa soddisfatti di aver dato il meglio di sé”.
Dopo la protesta, è la volta di impegnarsi perché quella di ieri sia l’inizio di una nuova consapevolezza, a partire dalla nostra vita di tutti i giorni. Ora che abbiamo capito che non ci sono posteri a cui consegnare l’ardua sentenza, ciò di cui il pianeta ha davvero bisogno è una quotidianità fatta di piccoli gesti d’attenzione, senza voltare le spalle all’ennesima notizia sul riscaldamento globale e con la coscienza delle cause che hanno portato a questi cambiamenti e di come combatterle.
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