Il clima sta cambiando. Frane, alluvioni, trombe d’aria e tanti altri fenomeni atmosferici distruttivi avvenuti in Italia e in tutto il mondo sono le dirette conseguenze di questo repentino cambiamento. Di fronte a questi fenomeni atmosferici distruttivi in molti si chiedono quale sarà il futuro del nostro Pianeta. Abbiamo intervistato il professore Christian Mulder, docente di Ecologia presso l’Università di Catania per fare un quadro completo dell’attuale assetto climatico.
Che cosa sta succedendo al nostro al clima? Questo è l’interrogativo che nasce spontaneo dopo aver assistito in tutto il mondo ad una serie di eventi atmosferici insoliti, improvvisi ma soprattutto distruttivi. Dalle piogge torrenziali e le inondazioni nel deserto nel Medio Oriente fino alle mareggiate di Tenerife, passando per le grandi ondate di maltempo che hanno messo in ginocchio diverse regioni italiane negli ultimi mesi. Questi sono solo alcuni degli effetti drammatici del cambiamento climatico, che con la sua forza distruttiva sembra rappresentare sempre più un nemico per la vita terrestre. Ma il cambiamento climatico è sempre stato un nostro nemico?
“Il cambiamento climatico esiste da ere geologiche ed ha reso anche possibile la nascita della vita e l’evoluzione degli organismi viventi sulla terra – spiega il professore Christian Mulder, docente di Ecologia all’Università di Catania -. Le forme di vita sono state da sempre forzate ad adattarsi a nuove condizioni ambientali, basti pensare a cosa avvenne nel nostro emisfero in termini di biodiversità durante le sei glaciazioni del Quaternario. Il clima è da sempre stato dinamico; quello che però è cambiato è la rapidità con la quale il nostro clima si sta modificando. Questo processo è diventato assai evidente dalla Seconda Rivoluzione Industriale in poi, tant’è che il 1880 viene riconosciuto come inizio della ‘Antropocene’ proprio per l’eccessiva impronta umana sul clima e sulla vita del nostro pianeta.”
A rendere drammatici gli effetti del cambiamento climatico è stato l’essere umano con le sue attività dall’enorme impatto ambientale. Come è generalmente risaputo, sono le attività di produzione industriali, il consumo e i rifiuti tra le principali attività umane a danneggiare l’ambiente e ad avere una conseguente pesante ricaduta anche sul clima.Infatti, prosegue il prof. Mulder: “Tutti gli scenari mostrano l’elevatissimo scioglimento di ghiacciai che comporterà un sollevamento del livello degli oceani fino a 20 centimetri, un aumento della temperatura media annua di molto superiore alla soglia dei 2 gradi centigradi auspicata nel Trattato di Parigi, una sempre maggiore scarsità di acqua potabile dovute ad un abnorme fabbisogno idrico ed un rapido aumento di eventi climatici estremi quali inondazioni, trombe d’aria ed alluvioni in tutto il mondo.”
In questo stesso quadro possono pertanto interpretarsi anche i recenti nubifragi e le recenti alluvioni che si sono verificate nel contesto siciliano e catanese: anch’essi rappresentano conseguenze estreme di questo repentino cambiamento climatico. Tuttavia, per quanto riguarda il contesto locale, come rivela il docente, una gestione più appropriata delle acque di scolo avrebbe contribuito a mitigarne gli effetti negli ecosistemi urbani.
Inoltre, tra gli effetti del cambiamento climatico che interessano direttamente anche la Sicilia vi è l’erosione eolica. “L’elevata erosione eolica, che si traduce in un’aumentata deposizione di sabbie dal deserto del Sahara, coinvolge direttamente la Sicilia – racconta Mulder. Quest’estate ho avuto come ospiti alcuni miei ex colleghi membri dello staff scientifico di una delle tre navi oceanografiche più attrezzate del mondo, la “Pelagia” del NIOZ (Royal Netherlands Institute for Sea Research), che hanno quantificato durante la loro spedizione da Catania a Creta l’erosione eolica delle coste del Nord Africa. I problemi del Bacino Mediterraneo in termini di cambiamenti climatici e condizioni meteorologiche estreme dovute al surriscaldamento globale di origine antropica sono sempre più frequentemente evidenti su scala planetaria.
Come emerge chiaramente l’attuale assetto climatico del nostro Pianeta, non versa certo in ottime condizioni. E questo soprattutto per colpa nostra. Siamo arrivati, come molti pensano ad un punto di non ritorno o c’è ancora una speranza per il nostro pianeta? “Per fortuna vi sono ancora molte opportunità, se non per invertire, almeno per rallentare questi processi distruttivi – rivela il prof Mulder. Proprio grazie al fatto che il clima è così altamente dinamico. Basti pensare al Buco dell’ozono, un serio problema generato soltanto da noi che è stato risolto grazie ad una sana cooperazione tra tanti Stati.”
Salvare il nostro ecosistema è quindi ancora possibile. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dichiarato all’ultima Conferenza Onu in tema di ambiente che“il cambiamento climatico è la sfida chiave del nostro tempo”. Si tratta come sottolinea il prof Mulder di “cose risapute da ben un ventennio ma sistematicamente ignorate da altri vertici politici.” Infatti, spesso e volentieri la cooperazione tra Stati in sede internazionale non è facile. Per esempio, basti pensare all’atteggiamento del Presidente Usa Trump che nelle sue ultime dichiarazioni in tema ambientale ha affermato di non credere nel cambiamento climatico e nei suoi drammatici effetti. Inoltre, anche quando si riesce a raggiungere un accordo, le politiche internazionali in tema ambientale talvolta per il proprio scarso valore vincolante finiscono per avere pochi margini reali di applicabilità tra gli Stati.
Tuttavia, esistono due pannelli delle Nazioni Unite, IPCC (The Intergovernmental Panel on Climate Change) ed IPBES (The Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services) forgiano la discussione su sfide ambientali e climatiche in maniera assai positiva.
“Questi incontri sono stati scientificamente concreti e politicamente costruttivi – sostiene il prof Mulder, che ha potuto sperimentare di persona l’attività di tali sedute plenarie rappresentando per tre anni il Regno dei Paesi Bassi. Purtroppo a volte alcuni Capi di Stato tendono a titolo personale al dissenso, innescando possibili reazioni a catena. Per fortuna in questi casi l’Unione Europea riesce a realizzare quanto non riesce alle Nazioni Unite. Si pensi agli insetti impollinatori, essenziali per più di trecentomila specie di piante in tutto il mondo ed alle delibere dell’UE volte a tutelare questi insetti e le loro (e nostre) piante.”
Trovare la chiave per arginare un fenomeno di simile portata non è certo facile. Sulle autorità scientifiche e ancor prima politiche grava il compito e al contempo l’enorme responsabilità di trovare soluzioni concrete per le prossime generazioni e per il futuro del nostro Pianeta. A mio parere – conclude il docente di Ecologia – un concetto intuitivo quale la sostenibilità assieme all’uso dei servizi ecosistemici possono incrementare il valore di ogni futura discussione tra rappresentanti della società, del mondo scientifico e degli organismi deliberanti.
Ancora una volta quindi, eventuali soluzioni e misure in campo ambientali non possono muovere se non dallo stretto legame che esiste tra economia ed ecologia. L’uso dei servizi ecologici, val a dire genericamente l’uso dei”i benefici multipli forniti dagli ecosistemi al genere umano”, non può prescindere in alcun modo da un modello di sviluppo economico sostenibile, che salvaguardi il nostro ecosistema.
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