La manovra principale del governo giallo-verde deve ancora fare i conti con qualche intoppo numerico. Il via, comunque, non prima della prossima primavera.
Di “Reddito di cittadinanza” e “Riforma delle pensioni” se ne parla e se ne continuerà a parlare ancora per un po’. Che piaccia o meno, la manovra proposta dal governo M5S-Lega dovrebbe aiutare economicamente gli oltre 5 milioni di italiani che vivono in una condizione di povertà assoluta. Eppure, i problemi non sembrano finire in merito alla questione: in mattinata, infatti, il Sole 24 Ore fa sapere, in una propria inchiesta, che il numero dei potenziali beneficiari del Reddito aumenterebbe drasticamente, in relazione ai requisiti, aprendo alla possibilità che il budget stanziato per lo stesso non sia sufficiente.
Per accedere al provvedimento tanto promosso (e promesso) dal Movimento, i beneficiari dovranno presentare delle condizioni di idoneità, su cui ancora oggi continua il dibattito. Tuttavia, rifacendo i calcoli, gli interessati che percepirebbero il Rdc non sarebbero 5 milioni – come previsto – bensì oltre nove milioni, superando il 15% della popolazione. L’inchiesta, infatti, esplicita come, oltre coloro che vivono in condizioni povertà assoluta (e di cui oltre 1,5 milioni sono stranieri), rientrerebbero nei parametri necessari per la ricezione anche i cittadini appartenenti alla fascia della “povertà relativa o potenziale”, come i disoccupati o i senza lavoro per lunga durata, rendendo non sufficienti i già nove miliardi di euro che il Governo vorrebbe utilizzare come fondo per la manovra.
La situazione, dunque, va complicandosi, in relazione al fatto che anche i tempi, con molta probabilità, si allungheranno: sempre secondo previsioni, bisognerà attendere almeno la prossima primavera, all’interno della quale si dovrebbero tenere anche le Elezioni europee, per l’erogazione sia delle nuove pensioni che del tanto atteso Reddito di Cittadinanza.
Il ritardo potrebbe essere suggerito anche dai tempi necessari all’approntamento di una tecnologia necessaria all’erogazione del Rdc e dall’attuazione di una soluzione definitiva per i Centri per l’impiego, previsti nel medesimo provvedimento. Le forze politiche d’opposizione, frattanto, continuano ad aggiungere il proprio scetticismo, sempre avendo i numeri alla mano, soprattutto tra chi sostiene che i nuovi provvedimenti potrebbe comportare una spesa annua di 16 miliardi di euro complessivi, con un ritorno in entrata pressapoco pari ai 5 miliardi.
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