Gli alti isolotti rocciosi che escono dal mare, comunemente conosciuti come Faraglioni, sono ciò che rende inconfondibile il borgo marinaro di Aci Trezza. Ambientazione per le leggende di poeti greci e romani, dall’Odissea fino al romanzo I Malavoglia, scopriamo i miti e la storia di Aci Trezza.
Aci Trezza, in siciliano Trizza, frazione di Aci castello, in provincia di Catania è un borgo marinaro fondato nel 600. Il paese, che oggi conta circa 5mila abitanti, si affaccia sul mar Ionio dinanzi al piccolo arcipelago delle isole dei Ciclopi. Attorno a queste isole sorgono proprio le prime leggende e miti su Aci Trezza.
Le isole dei Ciclopi, infatti, denominate così a causa della leggenda del ciclope Polifemo, sono comunemente definite anche Faraglioni. La leggenda sulle Isole dei Ciclopi, raccontata nel nono libro dell’Odissea, attribuisce l’origine dei faraglioni all’ira del Ciclope Polifemo, che accecato da Ulisse, avrebbe scagliato contro l’eroe greco grandi cime rocciose per cercare di evitarne la fuga in mare. Queste avrebbero costituito per l’appunto i Faraglioni.
Il celebre racconto omerico ambientato infatti nella costa ionica di Aci Trezza, già evidentemente nota ai Greci, narra l’incontro tra Ulisse e i suoi compagni e Polifemo, il quale abitava, come gli altri suoi fratelli Ciclopi in grotte all’interno di montagne rocciose. Sin dai primi versi del libro dedicato alla Terra dei Ciclopi si delinea il paesaggio che conosciamo anche oggi: “In faccia al porto un’isola si stende, Lachea nomata, ove le agresti capre crescono a torme.”
L’arcipelago delle Isole Ciclopi, che costituisce oggi un’Area marina protetta, è composto dall’Isola Lachea, faraglione Grande, faraglione Piccolo e altri quattro scogli disposti ad arco. Tra il faraglione Grande e quello Piccolo in realtà ci starebbe anche il faraglione Di mezzo. Alle spalle poi dell’isola Lachea sorge lo scoglio del Monaco, mentre tra l’isola e il faraglione Grande sorgono lo scoglio detto la Longa e la Pitrudda.
Oltre alle isole dei Ciclopi esistono molti altri scogli che rientrano nella Riviera dei Ciclopi su cui si affaccia Aci Trezza, molti dei quali portano dei nomi bizzarri. L’isolotto è un grande scoglio che si trova vicino alla riva in prossimità della Piazza Bambini del Mondo, frequentatissimo dai bagnanti. Accanto a questo sorge la Testa del Mostro. Seguono lo Scoglio delle Cozze situato al largo, all’estremità sud d’Acitrezza; il Letto della Zita, chiamato così per la comodità che dava ai bagnanti che vi giungevano. Altri sorgono nella zona nord del paese famosa per la gran quantità di scogli che vi si trovano, ecco i nomi di alcuni di questi: lo scoglio dei tuffi, lo scoglio delle onde, lo scoglio pirata, lo scoglio balena, lo scogli dell’amore, scoglio poltrona, la praca.
Proprio sugli scogli di Aci Trezza è nato un divertente e colorito detto popolare: “Si comu l’ultimu scogghiu ra Trizza” che letteralmente si traduce con “Sei come l’ultimo scoglio di Acitrezza”, sta ad indicare qualcuno tanto brutto da non potersi guardare.
Tuttavia, anche se la leggenda del poema omerico vede la nascita dei faraglioni come il frutto dell’infausto incontro tra l’eroe omerico e il Ciclope, in realtà le isole dei Ciclopi (e tutti gli scogli di pietra lavica della zona) si sono formate in seguito ad un’intensa attività vulcanica circa mezzo milione di anni fa. Inoltre, anche se il borgo marinaro di Acitrezza viene fondato solo nel Seicento, vi sono testimonianze e reperti archeologici che attestano la presenza di antichi insediamenti di popoli Greci.
La zona dove sorge Aci Trezza era il cuore dell’antica città greca di Xiphonia. Secondo lo storico Diodoro Siculo questa fu fondata dai Greci nel VII secolo a.C. con il nome di Xiphonia dal nome del promontorio e Aci dal nome del fiume, secondo altri il nome Xiphonia deriverebbe dalle punte aguzze dei faraglioni di Acitrezza.
Il mito della città di Xiphonia viene tramandato dai poeti Teocrito, Virgilio ed Ovidio che lì ambientarono la storia d’amore tra una ninfa chiamata Galatea ed un pastorello chiamato Aci ucciso per gelosia dal ciclope Polifemo. Secondo la leggenda il pastorello Aci fu trasformato dal pietoso Giove in un fiume, per l’appunto il fiume Aci, per farlo ricongiungere definitivamente con l’amata ninfa.
In tempi più recenti, Aci Trezza ha fornito l’ambientazione perfetta anche per uno dei romanzi più celebri della letteratura italiana, I Malavoglia, pubblicato nel 1831. Con la sfortunata storia della famiglia di pescatori trezzani, Giovanni Verga ha reso celebre, attraverso una descrizione dai tratti veristi e naturalisti, alcuni dei luoghi distintivi del borgo marinaro. Indimenticabile la Casa del Nespolo, che oggi costituisce un museo sito nei pressi della chiesa di San Giovanni Battista, anch’essa descritta dallo scrittore siciliano. Non meno importante è il porto storico del paese sede dell’Antico scalo dei Malavoglia e del geosito dei basalti colonnari, testimonianza delle prime eruzioni dell’Etna.
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