La Fontana di Cerere che si trova nella centralissima piazza Cavour, è una delle opere scultoree e idrauliche della città poco conosciuta ai catanesi. Bistrattata sin dai tempi della sua costruzione, ha qualcosa in comune con la nuova Fontana del Tondo Gioeni. Entrambe condividono la stessa sorte di non essere state apprezzate dai catanesi.
La città di Catania conta nel suo patrimonio artistico e architettonico diverse fontane. La più celebre probabilmente è quella dell’Amenano, situata in piazza Duomo, seguita dalla Fontana di Proserpina nei pressi della Stazione Centrale. A queste recentemente si è aggiunta la Fontana del Tondo Gioeni. Ma esiste una fontana che pur situata nel cuore di Catania, non è altrettanto conosciuta. Si tratta della fontana di Cerere, situata a Piazza Borgo.
Un curioso aneddoto storico è legato alle vicende di questa fontana. A raccontarlo ai microfoni di LiveUnict è Milena Palermo, profonda conoscitrice delle vicende storiche della città e amministratrice della pagina Facebook “Obiettivo Catania”.
“La fontana di Cerere venne fatta costruire come simbolo di buon auspicio – spiega Milena. Subito dopo il terremoto del 1693, cominciò una profonda carestia in tutto il Val di Noto e il Senato cittadino, dopo le numerose insistenze dei cittadini catanesi, nel 1756 diede il benestare per la realizzazione di questa fontana dedicata a Cerere, dea della fertilità.” Come ci rivela Milena, Cerere è stata anche una delle maggiori rappresentanti di Catania, sin dai tempi più antichi. Pertanto la figura della dea, seppur pagana, fu la prescelta in quella circostanza.
“Per la realizzazione della fontana – prosegue – fu chiamato uno degli scultori più richiesti dell’epoca, il palermitano Giuseppe Orlando. Così l’anno successivo, nel 1757 la fontana, realizzata in marmo di Carrara fu pronta e fu collocata al centro di piazza Università, proprio difronte alla sede dell’Ateneo.” Tuttavia, la statua realizzata per porre fine a carestie e disagi, non piacque sin da subito e non sorbì nemmeno l’effetto sperato nel riportare prosperità. “Fu vandalizzata più e più volte, dai catanesi che le provavano tutte pur di convincere il Senato a toglierla, ad eliminarla. Così dopo una cinquantina di anni la fontana venne spostata nel luogo più lontano possibile, allora non frequentato dai catanesi, il Borgo.”
Infatti, ci spiega Milena, il quartiere Borgo, oggi pienamente parte della città, era nato subito dopo l’eruzione del 1669 che aveva seppellito la città di Misterbianco, per dar spazio e abitazione a parte degli sfollati. I catanesi denominarono la zona appunto “u buggu”, segnando una distanza tra la città di Catania e la nuova città satellite. Il Senato allora si convinse che l’unico modo per poter salvare la fontana era allontanarla dall’ambiente catanese, e pertanto venne relegata nella piazza principale che rappresentava la zona del nuovo quartiere Borgo.
“Da quel momento la fontana – racconta Milena – per ignoranza dei catanesi, venne denominata spregiativamente “Ta pallara do burgu” che significa letteralmente “Dea Pallade del borgo”. Pallade perché l’ignoranza fece dire ai catanesi che quella fosse la dea Pallade Atena, che era la maggiore rappresentante della Catania pagana, quando era città Ateniese. Non capendo che si trattava della dea Cerere.” Ancora oggi la piazza non è mai stata chiamata piazza Cavour dai catanesi, ma si usa ancora piazza Borgo. Anche la fontana che non è stata mai ben vista, continua ad essere scarsamente considerata. E ancora oggi, ci confessa Milena esiste l’usanza di dire “Pare a Ta pallara do burgu” per identificare una donna brutta e trasandata.
La sorte sfortunata della fontana di Cerere sembra accomunarla alla nuova fontana del Tondo Gioeni che ha fatto e continua a far discutere molto i catanesi. Le due fontane condividono il fatto di non essere state largamente apprezzate dai catanesi. Tuttavia, le due fontane anche se nettamente distanti a livello artistico per lo stile architettonico e per il periodo di realizzazione, hanno in comune anche il materiale di costruzione, il marmo. La fontana del Tondo Gioeni, realizzata dall’architetto Mirone, per dar nuova vita all’area dopo l’abbattimento del ponte, è stata costruita con tre pietre diverse: la pietra nera lavica, la pietra bianca di Comiso e la pietra rosa dei marmi di Custonaci. Mentre quella del Borgo è stata realizzata con il marmo di Custonaci.
Inoltre, ci fa notare Milena: “Dal punto di vista artistico la fontana del Tondo Gioeni segna una continuità a partire da piazza Duomo fino alla fine della via Etnea. C’è un tema comune alle tre fontane, dell’Amenano, del Borgo e del Tondo Gioeni che è il precedente stemma cittadino.” Sostituito da quello attuale solo nel 1934, lo stemma di Catania prima era rappresentato dall’elefante e da una figura femminile con spada e scudo. Tale simbolo è stato stemma della città per secoli: la prima testimonianza si ebbe all’epoca della dominazione aragonese.
“In realtà – conclude – esisteva un’altra fontana che non venne ugualmente apprezzata dai catanesi tanto da essere denominata “sculapasta”. Si trovava in piazza Stesicoro al posto dell’attuale statua di Vincenzo Bellini, ma poi fu eliminata e probabilmente andò distrutta.”
Tali vicende sono la prova del fatto che i catanesi, nel presente come nel passato, non hanno mai avuto un bel rapporto con le fontane cittadine.
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