Cronaca

Esplosione in via Garibaldi: nuovi particolari su quanto accaduto

Emergono nuovi scenari intorno alla vicenda dell’esplosione di via Garibaldi, avvenuta martedì sera. Un testimone parla di un “arnese” utilizzato dai soccorritori e si pensa ad un tentativo di suicidio alla base della tragedia.

È giallo sulle cause dell’esplosione avvenuta martedì sera in via Garibaldi. Risulta indagato dalla Procura della Repubblica di Catania il caposquadra dei Vigili del fuoco, Marcello Tavormina, per disastro e omicidio colposo plurimo. Ad oggi un atto dovuto che però sembra collegato alla testimonianza di un uomo, Felice Lizio, presente quel giorno e che avrebbe assistito all’intera scena.

Secondo quanto riportato oggi da La Sicilia infatti, il testimone avrebbe assicurato alla squadra mobile, che i vigili del fuoco hanno utilizzato un non meglio precisato arnese per forzare e aprire la porta d’ingresso di via Garibaldi, per poi assistere alla deflagrazione che ha coinvolto e ucciso due dei vigili del fuoco, Dario Ambiamonte (40 anni) e Giorgio Grammatico (38 anni). Entrambi lasciano moglie e figli.

Circostanza però smentita categoricamente ieri mattina dai vigili del fuoco in una nota: “Non emergono al momento elementi che indichino un innesco provocato dall’esterno per l’uso di attrezzature”; e pure il comandante nazionale, Gioacchino Giomi, ha chiarito che è ancora troppo presto per parlare di “dinamica dei fatti”.

Da precisare che l’“abitazione”, pare si trattasse di una officina di riparazione biciclette, aveva due ingressi, uno in via Sacchero e l’altro in via Garibaldi, dove appunto i vigili del fuoco erano intervenuti tentando di forzare l’entrata, forse perché avevano ritenuto che in quella via ci fosse un margine di intervento possibile rispetto all’altro ingresso. Da chiarire ancora perché l’uomo, Giuseppe Longo, non abbia lui stesso aperto porte e finestre, e sia rimasto chiuso all’interno dell’officina ormai satura di gas. Secondo alcune ipotesi avanzate in questi giorni, si potrebbe trattare di  un tentativo di suicidio. Longo viveva da solo in questa officina mentre i parenti più stretti si trovano a Milano. Quattro giorni prima fu ospite di una casa di riposo, ma non è più ritornato prima della tragedia.

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Emergono inoltre altri particolari. Secondo alcune voci, ad oggi ancora non verificate, pare che Longo abbia parlato con i vigili del fuoco intervenuti, prima dell’esplosione.
Tutte congetture ancora prive di riscontro investigativo. Bisognerà aspettare i rilievi della scientifica e gli sviluppi delle indagini della Procura, il cui fascicolo è stato aperto dal procuratore Carmelo Zuccaro e dal sostituto Fabrizio Aliotta.

I due vigili sopravvissuti, ma in condizioni gravi, Giuseppe Cannavò e il suo caposquadra Marcello Tavormina, sono ricoverati all’ospedale Garibaldi. Il bollettino medico firmato dal primario della Rianimazione, Sergio Pintaudi parla di “condizioni cliniche in evoluzione”. Il più grave è Cannavò, attualmente attaccato ad un respiratore per le gravi lesioni polmonari subite.