Questionari Opis: serve compilarli se non si conosce la propria università?

Gli studenti sanno poco, anzi pochissimo, circa la condizione e la struttura del proprio ateneo. Ha veramente senso rispondere ai questionari, non conoscendo la storia che sta alle spalle della didattica? 

Molte università, in questi mesi, si stanno attivando per raccogliere informazioni in merito alla reale situazione che coinvolge docenti, studenti ed il personale d’ateneo. I risultati non sono da prendere sottogamba e, importante, sarà il metodo utilizzato per cercare di colmare delle lacune presenti tra gli studenti. Lacune che non riguardano la propria conoscenza culturale circa i corsi di studi affrontati, bensì quelle rivelanti la propria università, delle strutture in cui studiano e in merito alle condizioni dei docenti, molto discusse in queste ultime settimane.

I questionari Opis, che ogni studente deve compilare prima di prenotarsi a qualsiasi esame, risultano essere, quindi,  “insignificanti” dato che gli universitari rispondono alle domande in maniera superflua e disinteressata. Il materiale a loro disposizione, tra l’altro, appare essere insufficiente per una conoscenza adeguata delle dinamiche in ambito universitario. Questa “ignoranza” traspare anche dai commenti che si possono leggere nei social network e in alcune dichiarazioni di politici riportate in alcune importanti interviste.

Gli studenti non conoscono la struttura, non conoscono l’organizzazione, hanno idee poco chiare per quanto riguarda la didattica o l’insegnamento. Sconosciuto è il lavoro del personale tecnico e amministrativo e di tutta l’organizzazione e l’amministrazione che richiede per il funzionamento ottimale del loro impiego.

L’idea è infatti quella di provare a spiegare agli studenti com’è organizzata l’università e fornirgli degli indizi utili, prima ancora di richiedere opinioni sui corsi e sul materiale didattico. Risulterebbe utile indicare le ore di insegnamento che ogni docente deve sostenere, quanti corsi svolge, quante ore sono utili per il loro ricevimento e per il giudizio che devono dare ai propri studenti. Utile sarebbe anche spiegare il ruolo del rettore, del Senato accademico e del Consiglio di amministrazione.

Dovrebbe essere un diritto per gli studenti conoscere e giudicare con spirito critico la condizione dei professori e conoscere la differenza che intercorre tra un dottorato e un assegnista di ricerca. La maggior parte degli universitari non sa che le tasse che paga annualmente contribuiscono al 20% del costo globale dell’università.  Molti, oggi, hanno perso di vista l’obiettivo dell’università e dei sacrifici che ci sono dietro ogni singolo studente o docente; di come l’università impari anche a far crescere l’individuo tramite dei passi piccoli ma importanti, acquistando pian piano un gradino sempre più alto nella “scala meritocratica universitaria”.

Convinzione generale è che gli studenti siano totalmente disinteressati a questi argomenti, ma si sbagliano. Sono, invece, “affamati” di notizie vere, e non più di quelle false da cui scaturisce solo un atteggiamento di scoraggiamento nei confronti di loro stessi e della società. L’iniziativa deve, dunque, partire proprio dai docenti, i primi ad avere un rapporto diretto con gli studenti ed in grado di diffondere conoscenze non solo inerenti ai loro corsi. Si richiama, così, il vero ruolo del docente, quello di insegnante di vita.

Lorena Cutoli

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