Una studentessa dell’università di Palermo ha deciso di affrontare una tematica familiare a tutti noi siciliani: la parola “Suca”. Ai microfoni di LiveUnict racconta del suo lavoro.
Alessandra Agola, 26 anni, originaria di Alcamo ma palermitana d’adozione. È lei la neodottoressa in Scienze della comunicazione per i media e le istituzioni, che ha fatto tanto parlare di sé con la tesi dal titolo: “S-word. Segni urbani e writing“. Ovvero una tesi che ha come oggetto una parola tratta dall’uso comune siciliano, e che in questi anni è diventata un vero e proprio mantra tanto da suscitare l’attenzione di questa studentessa palermitana appassionata di street art.
“Ho notato – ci racconta Alessandra – che a Palermo e non solo, i muri sono tappezzati da una scritta in particolare: la parola Suca, e mi sono chiesta da dove venisse questo fenomeno così pervasivo. Tutti conosciamo il significato di questa parola ma quando ho cominciato a cercare del materiale ho notato che nessuno si era mai soffermato a fare un’analisi scientifica e rigorosa. Ho trovato solo due bellissimi libri che trattavano del fenomeno: Zero maggio a Palermo di Fulvio Abate e Imperativo Popolare di Emanuele Ciccarelli”.
Non è certo la prima volta che un termine tratto dal turpiloquio popolare viene analizzato da studi universitari. Come il caso di due docenti dell’università di Salerno che hanno analizzato il significato della parola Fuck in inglese (Vai a quel paese), assimilabile come significato e utilizzo alla S-word di cui tratta la dottoressa Agola.
“Questo studio passato ha aiutato a dare il via alla ricerca. – continua – Sicuramente c’è tanto stupore ma questo non deve togliere nulla all’analisi del fenomeno, che si erge su una fitta bibliografia, ad esempio di teoria semiotica”.
Un mantra e un simbolo che viene inciso sui muri anche attraverso il codice 800A, come ci spiega la ragazza: “800A non è altro che la censura che una mano pudica ha voluto fare, mascherando questa parola scritta sui muri, e pertanto più visibile e più facile da camuffare. Quindi la S è diventata un otto, la U e la C sono diventati due zeri, e l’unica cosa che è rimasta è la A”.
Una differenza sottile fra il simbolo 800A e la parola suca, che hanno assunto due ruoli diversi nell’interpretazione: “Essendo un’analisi semiotica io mi concentro nel dire che la parola suca è un significante (l’immagine della parola, le quattro lettere) che si distacca quasi del tutto dal suo significato vero e proprio per acquisire tantissime altre sfumature di senso. Il contrario di ciò che avviene nell’800A dove il significante si riappropria di quel significato originario, perché non può significare nient’altro. Solo che per decriptarla devi far parte di questa comunità linguistica. Devi essere palermitano per riuscire a capire il messaggio”.
L’esempio ci è fornito da Rosario Fiorello che, durante la consegna del famoso tapiro d’oro di Striscia La notizia, ha inviato un saluto scherzoso ai conterranei Ficarra&Picone composto dal solo 800A, che sicuramente non è stato capito dalla maggior parte degli italiani. Ma se il codice 800A è rigido nella sua forma e nel suo contenuto, lo stesso non si può dire della parola suca.
“Il termine suca non perde del tutto il suo contenuto volgare, – ci spiega la neolaureata – però viene utilizzato in contesti e in situazioni che di volta in volta negoziano il suo significato, quindi cambia a seconda del supporto in cui viene scritto o come è stato scritto. Tanto che nella tesi parto da un corpus molto folto di immagini prese dalla pagina Instagram SucaForte, un progetto del grafico palermitano Giulio Bordonaro, che raccoglie tutti gli scatti realizzati in giro per l’Italia, e non solo, che ritraggono la parola”.
Il vocabolo ha infatti interessato anche la Spagna, raccogliendo la testimonianza del fenomeno migratorio siciliano, e arriva nel campo del merchandising con magliette e spille, oltre che l’uso da parte di alcuni vignettisti. Inoltre questa tesi focalizza l’attenzione sull’importanza della street art per veicolare significati e immagini d’uso quotidiano, ma è anche una tematica controversa fra chi sostiene che i murales deturpano la città.
“È un cane che si morde la coda. – continua – Si dicono tante cose sulla street art e ci sono tanti approcci, istituzionali e non. Alcuni preferiscono fare i duri e puri e non dialogare con le istituzioni e c’è chi collabora con la pubblica amministrazione per la riqualifica di determinate aree, ed è quest’ultimo il suo significato principe. Non risolve mai i problemi di un quartiere degradato ma riesce ad essere un punto di partenza. Come ad esempio il quartiere Borgo Vecchio di Palermo dove uno street art di Como, Ema Jons, chiamato dall’associazione Onlus “Per esempio”, ha coinvolto i bambini in età scolastica a disegnare e realizzare murales per la città. Si è creato un vero e proprio attaccamento di questi ragazzi all’arte visiva da loro realizzata”.
E se è stata la curiosità ad animare lo studio di Alessandra Agola intorno a questo fenomeno sociale, partendo dai murales della sua città, la curiosità è anche la chiave di lettura per un buon rendimento universitario e una piena consapevolezza dei propri progetti di vita.
“Bisogna avere tanta curiosità per il mondo che ci circonda: chiedersi il perché delle cose! – conclude Alessandra – Tanti prendono l’università alla leggera, provando gli studi prima di introdursi nel mondo del lavoro piuttosto che animati da una vera passione. In realtà bisogna veramente appassionarsi a ciò che si studia, perché solamente così si può andare avanti nella ricerca e portare la nostra istruzione isolana ad un livello ancora più alto”.
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