Le intercettazioni telefoniche sullo scandalo dei concorsi universitari truccati rivela come funziona il sistema universitario italiano, un sistema totalmente basato su quello che viene chiamato il “vile commercio dei posti”.
Che l’università italiana non funzioni sul piano del merito l’avevamo capito tutti. E a confermarlo sono le intercettazioni che fanno luce sullo scandalo dei concorsi universitari truccati dei giorni scorsi. L’inchiesta farà il suo corso, certo, ma le conversazioni telefoniche dei personaggi coinvolti in questa bufera spazzano via qualsiasi dubbio sulla dimensione e sulla gravità di questa faccenda.
L’inchiesta della procura di Firenze, che ha smascherato questo “vile commercio di posti”, ha fatto emergere una politica di favoritismi che dominerebbe l’intero sistema universitario italiano. Oggi a me, domani a te: se faccio ritirare un mio candidato, l’anno successivo qualcun altro farà lo stesso per me e così si assicura un equilibrio impeccabile che straccia ogni concorrenza. Una vera e propria logica della spartizione che sembra essere confermata dalle intercettazioni telefoniche che coinvolgono molti tra i docenti universitari sospesi.
Tra le intercettazioni più emblematiche c’è quella che riguarda la questione di Palermo, iniziata nel 2015, e lo scontro tra Andrea Parlato e Salvatore Sammartino i quali intendevano favorire dei candidati diversi: il primo la figlia Maria Concetta; e il secondo due dei suoi allievi, Filippo Alessandro Cimino e Daniela Mazzagreco. Secondo le intercettazioni, il professore Andrea Colli Vignarelli, componente della commissione nazionale, avrebbe riferito che, in realtà, “erano tutti d’accordo”. E uno degli uomini chiave di questa vicenda, Adriano Di Pietro, componente della commissione nazionale per le abilitazioni, già sotto controllo dalla procura di Firenze, avrebbe prontamente risolto la questione, pronunciando una sentenza che doveva metter d’accordo tutti: “così è il discorso: uno a uno, palla al centro”, scambiando cioè l’abilitazione di Maria Concetta con quella di un candidato di Sammartino. D’altronde, la questione è abbastanza semplice e, come riferisce Di Pietro, “è inutile che ci nascondiamo, ognuno di noi ha le sue sollecitazioni, vediamo di metterle a confronto”.
Una logica comune, quella dell'”appattare“, anche tra altri indagati come l’ex ministro Augusto Fantozzi il quale, in una intercettazione, dichiara: “L’idea è quella di fare la prova di resistenza, cioè di dire se voi volete questi noi vogliamo questi e se non ci date questi non vi diamo quelli e non passa nessuno. Punto”. O tutti o nessuno insomma.
Tra le altre intercettazioni pubblicate dal Tempo, interessanti sembrano poi anche quelle riguardanti un certo tipo di “merito”. Perché sì, a volte il merito viene tenuto in considerazione, ma di certo non è quello che penseremmo collegato all’ambito universitario. A proposito di una candidata, infatti, viene detto: “Che c’ha? Meriti fisici”. La storia di una tesi non troppo brillante che, improvvisamente però, viene pubblicata: “si è messa a sco… e con P.B. ed è diventata meritevole”.
In breve, il succo della questione è, per usare ancora le parole dell’ex ministro in una intercettazione: “Tu sai che abbiamo sempre rispettato una regola, la quale diceva che quando c’erano delle opportunità o delle scorciatoie da cogliere, esse venivano colte nell’interesse dei nostri”.
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