Il ricercatore Philip Laroma Jezzi è colui che ha portato alla luce lo scandalo delle università italiane. Rifiutando di ritirarsi e denunciando alla Guardia di Finanza con tanto di registrazioni delle conversazioni avute con i baroni che gli volevano sbarrare la strada, ha detto no alla logica della raccomandazioni ed ad un vile commercio dei posti comune agli atenei italiani.
Il grande scandalo che sta sconvolgendo l’università italiane in questi giorni, in seguito al quale alcuni docenti sono stati arrestati o interdetti dalla professione, continua a destare sdegno e indignazione negli studenti e nei cittadini di un paese dove la logica della raccomandazione e la corruzione prevale sempre su meritocrazia ed onestà. Ad avere sollevato questa gigantesca bufera è stato proprio un ricercatore di nome Philip Laroma Jezzi, il quale ha deciso di non arrendersi al modo perverso in cui vanno le cose in Italia.
Philip Laroma Jezzi è un tributarista con studio in un grande palazzo nel centro fiorentino, che il 22 novembre del 2012 aveva presentato la domanda per l’abilitazione sia a professore associato che ordinario. Pochi mesi dopo, 21 marzo del 2013 l’ex docente di diritto tributario Pasquale Russo lo chiama e lo invita nel suo studio.Le parole pronunciate dal professore sono chiare, non c’è posto per il ricercatore italoinglese. “Non è che tu non sei idoneo, è che non rientri nel patto del mutuando” ha detto esplicitamente a Philip.“Qui non siamo sul piano del merito Philip. Smetti di fare l’inglese e fai l’italiano. È stata fatta una lista e tu non ci sei” ha ribadito Russo.
Quello che il professore non sa è che il ricercatore ha acceso il microfono del suo cellulare e ha registrato ogni singola parola da lui proferita. Così Philip non solo non ha ritirato la sua domanda, ma ha denunciato alla Polizia e alla Guardia di Finanza quanto avvenuto quel giorno dello studio del professore.E’ così che hanno inizio le indagini.Nel frattempo, a dicembre 2013 Philip viene regolarmente bocciato. Fa ricorso al Tar e vince ed ora è abilitato come associato. Ciò che ha incastrato, però, i baroni dell’ateneo italiano è stata una seconda registrazione che il ricercatore ha fatto nel gennaio 2014. In questo caso, oltre a Russo, il ricercatore incontra Guglielmo Fransoni, uno dei commissari che l’hanno bocciato, nonché socio di studio dello stesso Russo. Gli spiegano che un potente professore fiorentino, Roberto Cordeiro Guerra, è contro di lui perché vuole fargli passare avanti un suo discepolo a una nuova selezione. “Io non ho capito la tua scelta di restare dopo che ti era stato dato il messaggio di ritirarti , dice Fransoni , cioè se uno ti dà il messaggio il motivo c’era, una consapevolezza di com’era orientata la commissione”.
Come funziona il sistema? A spiegarlo in questa ultima conversazione è proprio il professore Russo.“Funziona così: a ogni richiesta di un commissario corrispondono tre richieste provenienti dagli altri commissari: io ti chiedo Luigi e allora tu mi dai Antonio, tu mi dai Nicola e tu mi dai Saverio. Non è che si dice è bravo o non è bravo. No, si fa: questo è mio, questo è tuo, questo è tuo, questo è coso, questo deve andare avanti per cui…”
Più chiaro di così non può essere: il sistema è tutto un do ut des tra i vari atenei, un accordo tra i vari professori.Un sistema al quale non conviene opporsi, perché d’altronde è cosi che funziona, è quello che i professori vogliono dire a ricercatore.Un potere forte e consolidato è il loro, hanno il monopolio sui concorsi, decidono loro chi fare entrare e a chi sbarrare la strada.Contro hanno uno tra tanti insulsi ricercatori che cerca di farsi valere e stravolgere il sistema.Philip ha però con sé molto altro: non solo la voglia di cambiare le cose, non solo il coraggio di opporsi ad un potere forte, ma soprattutto la sete di giustizia e la voglia di vedere trionfare, almeno una volta, l’onestà.
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