Solo un italiano su quattro legge più di un libro all’anno per piacere e cultura personale. Fortunatamente le iniziative per favorire la lettura sono numerose e ad esse si accompagna la riscoperta di pratiche coma la lettura a voce alta.
Quanti libri leggiamo all’anno, davvero? Forse uno o forse nessuno. La lettura vera supera lo sfogliare pigramente o il correre da una pagina all’altra acquisendo rapidamente le informazioni necessarie. La lettura “vera” è quella partecipata, che oggi è patrimonio solo degli appassionati, coloro che comprano i libri e li gustano non disdegnando l’interpretazione. Ecco perché la lettura ad alta voce ha una sua validità.
L’interpretazione ha una duplice accezione nel caso di un buon testo: durante la lettura silenziosa, il cervello decodifica i segni e ricava informazioni preziosa, si “affatica” nello sciogliere i misteri delle parole; la lettura ad alta voce permette di far vivere riflessioni di chi scrive e dialoghi di eventuali personaggi, l’orizzonte della comprensione si allarga inevitabilmente. Quante volte sarà capitato al lettore di dover rileggere una frase più volte e soltanto con l’emissione dei suoni e la giusta attenzione per le pause e i vocaboli dare un senso al tutto?
Così come la lettura mentale aiuta a sintetizzare, quella orale invita ad analizzare.
In effetti, tali pratiche, complementari tra loro, ci sono”imposte” (per fortuna!) sin da bambini, quando a scuola la maestra fa leggere interi brani dai cari sussidiari. Badate che la più intransigente si accorgerà se a casa abbiate fatto esercizio o meno.
Crescendo, però, si perde l’abitudine di leggere a voce alta, probabilmente per pigrizia o perché lo si ritiene meno utile. Dalla scuola secondaria in poi, alla lettura silenziosa e alla sintesi si affianca il “ripetere” ciò che si è appreso, necessario per arricchire le capacità oratorie ed esibire, se possibile, la personalità e le proprie idee; ma è ben altra cosa rispetto alla piacevolezza e l’interpretazione di un testo.
Come suggerito dall’esperta di comunicazione Annamaria Testa, la lettura ad alta voce è uno straordinario strumento didattico. “Siamo verso la fine degli anni settanta e frequento lettere all’Università Statale. Quell’anno il corso di letteratura moderna e contemporanea, tenuto da Sergio Antonielli, verte sulle opere di Carlo Emilio Gadda – racconta Testa in un suo articolo – Quelle letture, tenute in una grande aula che se ne sta in assoluto silenzio, catturata, sono straordinarie. Sono i toni, le pause, gli accenti e i colori della voce di Antonielli a dare ai testi non solo comprensibilità, indicando quel che i testi “vogliono dire”, ma anche fascino, verità, vigore, passione e incanto”.
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