Secondo uno studio americano, i Millennials preferirebbero che le donne non lavorassero e che sia l’uomo a prendere le decisioni in famiglia. L’Italia si conferma il Paese delle casalinghe.
I Millennials sono la generazione del nuovo millennio (anche detta generazione Y), tutti quei giovani nati tra il 1980 e 2000 e che sono prima generazione al mondo ad essere nata nel mondo della comunicazione globale dove tutto è interconnesso. È, però, anche la generazione della precarietà, dell’instabilità e della mutevolezza, tutte caratteristiche che forse l’hanno portata sempre di più ad aprirsi a nuovi orizzonti, in cerca di un cambiamento o di una soluzione. Ad esempio, i Millennials sono stati riconosciuti come i più sensibili alle questioni di genere, questioni che negli ultimi anni, specialmente in Italia, sembra comincino ad avere più risonanza nella società, sebbene ancora con estrema difficoltà. Una questione che, invece, nei paesi anglofoni è già affermata e affrontata da parecchi anni. Eppure, secondo un studio di due sociologi che hanno monitorato per quarant’anni degli studenti americani, ci sarebbe stata un’inversione di tendenza negli ultimi anni: la percentuale di giovani attenti alle relazioni di genere sarebbe aumentata dal 1977 fino alla metà degli anni 1990, ma poi, di colpo, sarebbe scesa.
Nel 1994, il 42 % dei giovani riteneva che la famiglia dovesse essere quella formata dall’uomo, il “breadwinner”, che letteralmente “porta il pane a casa” e che, dunque, detiene il reddito principale, e dalla donna, la “housemaker” destinata ai lavori di cura. Nel 2014, quella percentuale è salita al 58%. Ancora, secondo lo studio, oggi il 40% degli intervistati ritiene che sia l’uomo a dover prendere le decisioni più importanti per la famiglia e che una brava mamma sia quella che si occupa dei figli a casa piuttosto che lavorare. Nel 1994, la percentuale era del 30%. In breve, pare che il modello della famiglia patriarcale stia tornando in voga e le donne… beh, meglio che stiano in casa. Siamo quindi di fronte a un’inversione di tendenza per quel che riguarda la parità di genere?
I sondaggi del 2016, comunque, registrano un certo miglioramento, ma nonostante ciò il gender gap è ancora consistente, soprattutto in Italia dove il modello della famiglia “forte” patriarcale è dominante e le discriminazioni nel quotidiano e sul lavoro sono consistenti. Sembrerebbe, infatti, che le donne superino gli uomini sul piano della preparazione (su dieci laureati sei sono donne), ma sul mercato del lavoro le percentuali dicono l’opposto e i contratti a tempo indeterminato riguardano per il 56% gli uomini e per il 44% dei casi alle donne. Fonti come Istat, Eurostat e World Economic Forum sottolineano, inoltre, come l’Italia tra il 2015 e il 2016 sia passata dal 41° al 50° posto nella classifica della parità di genere e dall’ 85° all’ 87° posto in quella delle presenze femminili nei ruoli manageriali. Non a caso si dice che l’Italia sia il paese delle casalinghe.
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