UNICT – Elezione Rettore, Foti su Recca: “Dispiaciuto per avermi pensato come strumento antiPignataro”

Dopo le dichiarazioni rilasciate a Liveunict dal prof Basile e quelle dichiarazioni esclusive del prof. Drago rilasciate alla nostra testata, puntuale arriva anche la lettera del candidato a Rettore Prof. Enrico Foti che riportiamo in versione integrale.

Il candidato rettore prof. Enrico Foti, considerato dai media come “discepolo” di Recca, puntualizza: – Apprendo ora che il prof. Recca ha cambiato idea e che sostiene la candidatura del prof. Basile. Che dire? Ne prendo atto, liberissimo il prof. Recca di cambiare idea – come ciascuno di noi – tutte le volte che vuole, a sostegno di questo o di quel candidato. Questo è un problema solo suo, del quale, nel segreto dell’urna, dovrà dare conto solo alla sua coscienza. Una cosa soltanto può semmai dispiacermi, e cioè che il prof. Recca abbia pensato a me quale “strumento antiPignataro”.

La mia candidatura già presentata lo scorso 29 luglio– aggiunge il Prof. Enrico Foti –  è oggetto di approfondita riflessione con tanti colleghi e amici, intende rispondere a una precisa esigenza, da più parti avvertita e rappresentata, e cioè quella di concludere definitivamente una stagione, fin troppo lunga, di laceranti dissidi interni, per giungere finalmente a una compiuta “pacificazione”, che restituisca serenità a tutti noi. In tal senso, la mia candidatura si pone in netta discontinuità, anzitutto di metodo, con la recente gestione dell’Ateneo, caratterizzata da comportamenti divisivi, che hanno indubbiamente aggravato la conflittualità interna, con evidenti conseguenze negative sulla complessiva credibilità esterna del nostro Ateneo. Mi sono candidato ritenendo essenziale che i tanti docenti operosi e preparati che vi lavorano abbiano bisogno di un coordinamento e di una spinta emotiva, di una forte solidarietà nonché condivisione delle loro legittime aspirazioni, preoccupazioni e ansie, in una parola di sentirsi parte di un rinnovato assetto politico-universitario in cui ci si rimbocchi le maniche e si respiri aria di crescita, di efficienza amministrativa e di produttività fuori da vecchie logiche politico-accademiche.

Stimati Colleghi, carissimi Studenti,

Catania, 30 dicembre 2016
da poche ore sono scaduti i termini per la presentazione delle candidature alla carica di rettore del nostro Ateneo per il sessennio 2017-2023. Come già sapete, i candidati sono il prof. Basile, il prof. Drago e il sottoscritto.

Colgo subito l’occasione per formulare ai miei stimati e autorevoli Competitors, così come a tutta la Comunità universitaria, i migliori auguri di fine anno e di un sereno e prospero 2017.
Sono certo che la competizione elettorale, giocoforza momento di confronto dialettico, e quindi di “divisione”, sarà comunque vissuta da tutti col giusto distacco, col doveroso rispetto delle persone e, soprattutto, con grande attenzione alle questioni programmatiche.

Desidero, pertanto, avviare sin da subito il confronto programmatico e l’analisi dello scenario elettorale appena delineatosi, anche alla luce delle prime dichiarazioni, a mezzo e-mail e attraverso gli organi di informazione, con cui i miei concorrenti hanno inteso accompagnare l’annuncio delle loro candidature.
Su sollecitazione di molti colleghi, tuttavia, ritengo si renda anzitutto necessario un mio chiarimento su quanto di recente dichiarato alla stampa dal past-rettore prof. Recca, mio caro collega di dipartimento, consapevole che la necessaria “sintesi giornalistica” non sempre aiuta a riferire pienamente il pensiero dell’intervistato. Ebbene, sono certo che il prof. Recca, quando parla di me come di un candidato “suo”, non può che volere dire che, in un primo momento, allorquando ho manifestato alla Comunità universitaria la mia disponibilità a candidarmi alla carica di rettore, era sua intenzione sostenere la mia candidatura anche con il suo voto, di cui è ovviamente titolare esclusivo. Apprendo ora che il prof. Recca ha cambiato idea e che sostiene la candidatura del prof. Basile. Che dire? Ne prendo atto, liberissimo il prof. Recca di cambiare idea – come ciascuno di noi – tutte le volte che vuole, a sostegno di questo o di quel candidato. Questo è un problema solo suo, del quale, nel segreto dell’urna, dovrà dare conto solo alla sua coscienza. Una cosa soltanto può semmai dispiacermi, e cioè che il prof. Recca abbia pensato a me quale “strumento antiPignataro”.

Ho già avuto modo di dire pubblicamente che l’annosa querelle tra i professori Recca e Pignataro (che del prof. Recca è stato anche strettissimo collaboratore) ha finito da tempo di appassionarmi; ritenendo di condividere in tal senso il pensiero di tanti di noi, non ho esitato a definirla “stucchevole”, invitando entrambi i protagonisti – per di più ora liberi da impegni istituzionali – a trovare, se ne avranno voglia, il tempo e il modo di chiarirsi nelle sedi che riterranno opportune.
Per parte mia, preciso che la mia candidatura a rettore, oggetto di approfondita riflessione con tanti colleghi e amici, intende rispondere a una precisa esigenza, da più parti avvertita e rappresentata, e cioè quella di concludere definitivamente una stagione, fin troppo lunga, di laceranti dissidi interni, per giungere finalmente a una compiuta “pacificazione”, che restituisca serenità a tutti noi. In tal senso, la mia candidatura si pone in netta discontinuità, anzitutto di metodo, con la recente gestione dell’Ateneo, caratterizzata da comportamenti divisivi, che hanno indubbiamente aggravato la conflittualità interna, con evidenti conseguenze negative sulla complessiva credibilità esterna del nostro Ateneo.

Mi sono candidato ritenendo essenziale che i tanti docenti operosi e preparati che vi lavorano abbiano bisogno di un coordinamento e di una spinta emotiva, di una forte solidarietà nonché condivisione delle loro legittime aspirazioni, preoccupazioni e ansie, in una parola di sentirsi parte di un rinnovato assetto politico-universitario in cui ci si rimbocchi le maniche e si respiri aria di crescita, di efficienza amministrativa e di produttività fuori da vecchie logiche politico-accademiche.

D’altro canto, sin dal primo momento in cui mi sono proposto quale candidato alla guida dell’Ateneo, ho sottolineato la pressante e non più eludibile esigenza di una necessaria discontinuità sia con il passato remoto, rappresentato dalla gestione Recca, nei cui confronti il giudizio negativo della Comunità è già stato formulato in occasione della tornata elettorale del 2013, e che perciò non è più riproponibile, sia con il passato prossimo, rappresentato dalla gestione Pignataro, interrotta dalle note decisioni della Giustizia amministrativa, i cui risultati negativi sono oggettivamente sotto gli occhi di tutti.

Come tanti di voi già sanno, quella di candidarmi è una decisione che ho maturato lo scorso 29 luglio, data nella quale una sentenza della magistratura ha dichiarato decaduti gli organi statutari dell’Università degli studi di Catania, una data “spartiacque”, che ha generato un punto di non ritorno rispetto ad una gestione dell’Ateneo (mi riferisco a quella del prof. Pignataro) nell’ambito della quale, pur avendo sempre assicurato, nella mia qualità di direttore di dipartimento e di senatore accademico, una leale collaborazione, nell’interesse precipuo dell’Istituzione universitaria, ho, tuttavia, avuto, più volte, modo di rappresentare, apertamente e direttamente allo stesso rettore in carica, la mia non condivisione della linea dallo stesso adottata nel governo dell’Ateneo, della mancata esecuzione di numerose pronunce giudiziali in cui l’Ateneo è stato soccombente, dell’assenza di alcuna volontà di mediazione per la risoluzione interna delle problematiche, non foss’altro che per l’inutile spreco di energie prodottosi, che avrebbero potuto essere indirizzate in tutt’altra e più proficua direzione.

Ecco perché, avendo immediatamente percepito l’effettiva e inequivocabile portata della pronuncia emessa dal C.G.A. lo scorso luglio, ho ritenuto che quella fosse l’occasione per lanciare subito un messaggio chiaro alla Comunità universitaria. Diciamo che ho seguito l’impulso, se non il coraggio, certamente senza alcuna ipocrisia e senza attendere che altri lo facessero per me, di richiamare l’attenzione della Comunità sull’immediata necessità di ripristinare una rinnovata gestione “fisiologica” e produttiva dell’Ateneo.

Mi sono perciò candidato alla guida dell’Ateneo, sostenuto solo dai tanti colleghi con i quali ho condiviso e condivido il medesimo approccio all’istituzione e alla vita universitaria, al di fuori di ogni assetto di interessi e logiche di gruppo precostituite e consolidate, mettendo a disposizione della Comunità universitaria tutte le mie energie, la mia professionalità e la mia esperienza, da sempre impiegate nell’interesse dell’Istituzione universitaria, di cui mi pregio di fare parte. E ciò con la convinta determinazione di fornire il mio contributo al deciso superamento delle tante criticità (nella didattica, nella ricerca, nel terzo settore, nei servizi, nei rapporti col territorio) che oggi ereditiamo dal passato.

Per andare avanti, occorre guardare avanti! E ciò, con nuovi metodi, con nuove idee, con nuove soluzioni, che possono derivare soltanto dal più ampio coinvolgimento, dalla più ampia partecipazione, dalla più ampia condivisione di tutte le persone che compongono la nostra Comunità universitaria.
E, proprio con riguardo a tale ultima mia affermazione, non posso non restare sorpreso di fronte alle dichiarazioni con cui hanno esordito i miei Competitors, di aperta e acritica continuità con il passato, di cui intendono raccogliere, pertanto, la pesantissima eredità, che essi stessi hanno contribuito a formare per essere stati, in momenti diversi, collaboratori fiduciari dei due ultimi past-rettori, o per avere addirittura condiviso e dichiarato di volere continuare l’opera del prof. Pignataro.

Invero, ricordo a me stesso, prima ancora che a tutti voi, che con riferimento alla qualità della didattica, la classifica CENSIS ci pone all’ultimo posto tra i mega-atenei statali (classifica che riporto di seguito per facilità di lettura).

La Repubblica-Censis. Le guide Università – formazione & lavoro

Per quanto concerne lo sviluppo della ricerca, ricordo i risultati della VQR 2011-2014, non certo lusinghieri, che ci collocano al 64-esimo posto su 66 università valutate (ci seguono solo Urbino Carlo Bo, 65-esima, e Messina, 66-esima).
Ciascuno di noi, ovviamente, deve assumersi le proprie responsabilità e deve cercare di migliorare le proprie performances, al fine di garantire per il futuro una migliore valutazione dell’Ateneo.
Va tuttavia rilevato che detti risultati della VQR vanno anche ascritti al modo in cui è stata gestita, nel nostro Ateneo, la fase di conferimento dei prodotti della ricerca, nel momento in cui si stava sollevando una vibrante protesta da parte di tanti docenti contro il blocco degli scatti stipendiali.
La scelta “ambigua” della passata gestione Pignataro di lasciare a ciascun docente la facoltà di conferire o meno detti prodotti è risultata, invero, perdente da tutti i punti di vista: da un lato, infatti, si è persa l’occasione di cavalcare efficacemente una sacrosanta protesta in maniera decisa; dall’altro, non si è ottimizzato il conferimento stesso, con conseguente penalizzazione del nostro Ateneo anche rispetto alle altre Università siciliane.
Guardo, per esempio, all’Università di Palermo che, con una efficiente ed efficace gestione del conferimento, è riuscita a portarsi dal penultimo posto conseguito nella precedente edizione
della VQR alla attuale 55-esima posizione, superandoci nettamente attraverso il recupero di ben 10 posizioni. E’ evidente che ciò avrà ripercussioni significative sul nostro FFO.

Ancora, il nostro ateneo ha, a mio avviso, sbagliato nei rapporti con le altre istituzioni e, prima fra tutte, con la magistratura, che non solo è un’istituzione ma è altresì un potere dello Stato che serve ad assicurare la legalità quando questa viene violata da chicchessia, foss’anche dagli organi di un’Università, da qualunque persona fisica rappresentati.

L’autonomia universitaria non può porre ciascuna Università al di fuori e al di sopra dell’ordine statuale, al punto che ogni Ateneo possa elaborare una sua personale e separata idea di legalità e di giustizia. Io non lo penso. La via giudiziale è via di legalità per definizione, ed è strumento democratico di risoluzione dei  conflitti, l’unica garanzia costituzionale di legittima tutela per chiunque ritenga leso un proprio diritto, la cui alternativa sarebbe solo il farsi giustizia da sé.

Ciò posto, mi chiedo appunto quale rapporto con la magistratura e con le altre istituzioni si possa credibilmente instaurare, se l’Ateneo non ha eseguito e continua a non eseguire le diverse pronunce giudiziali in cui è risultato soccombente.
L’asse del problema va, allora, piuttosto spostata, come più volte rilevato nelle mie pregresse comunicazioni, sul rapporto tra risoluzione interna, di tipo “politico”, del conflitto e risoluzione giudiziale dello stesso, entrambe espressione di democrazia, ma con logiche ed effetti diversi: laddove non si ha la capacità della risoluzione politica dei problemi, si apre necessariamente la strada dello strumento giudiziale, che comporta l’obbligo di eseguire le conseguenti pronunce.

Ecco perché credo che il nostro Ateneo, da questo punto di vista, debba riappropriarsi della giusta serenità, per farsi parte attiva nel rispetto delle regole, sia che provengano da una decisione politica o da una norma di legge, sia che provengano da una decisione giudiziale.
In questo credo che si debba fare tutti, ognuno con il proprio ruolo, ammenda per quanto avvenuto in passato nel nostro Ateneo. Perciò ritengo che ripercorrere le strade segnate non ci possa che portare a rivedere luoghi già visti e scene già vissute che, a mio avviso, è meglio che restino collocate per l’appunto nel passato.

Ancora una volta vi esorto, perciò, a guardare al futuro e non al passato, per cercare di affrontare tutti insieme i tanti e seri problemi che gravano oggi sul nostro Ateneo, fiduciosi di riuscire a risolverli grazie alle notevoli energie positive che questo stesso Ateneo è capace di esprimere.

Prima di rinnovarvi i miei migliori auguri per il 2017, vorrei cogliere l’occasione per ringraziare i colleghi, sia docenti che tecnico-amministrativi, che mi hanno inviato moltissimi spunti di riflessione per l’elaborazione del mio programma. Vi ringrazio davvero per avermi fatto guardare al nostro Ateneo e alla sua amministrazione da molteplici angoli prospettici a me sinora sconosciuti.

Enrico Foti

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