Le statistiche Ocse, raccolte su una base di 540000 alunni di 72 Paesi, bocciano l’Italia nell’ambito delle competenze degli studenti italiani nel campo della matematica, delle scienze e della lettura, piazzandola al 35esimo posto.
Il Bel Paese, patria di Galilei, Da Vinci, Fermi, Montalcini, sebbene abbia mostrato notevoli segni di miglioramento rispetto agli anni precedenti, resta comunque indietro ai grandi Paesi orientali, come Giappone e Singapore, ma anche a quelli europei, come la Germania che si piazza al 16esimo posto, preceduta dalla Gran Bretagna al 15esimo.
In sintesi, i dati attestano in matematica una preparazione in linea con gli altri Stati, mentre testimoniano una carente predisposizione allo studio delle scienze, che ci colloca 12 punti più sotto rispetto all’asse – lontani dai migliori, quasi irraggiungibili – e segnalano una preoccupante incompetenza nella lettura, ponendoci a distanza di 50 punti dal primo in classifica. Si è dimostrato ancora che i soliti divari ragazzi-ragazze (brave in lettura ma, a quanto si deduce, peggiorate in matematica e scienze) e Nord-Sud non siano ancora stati colmati: la differenza tra uno studente di Trento (la cui preparazione supera di circa 30 punti più la media italiana) rispetto a uno campano (che,invece, ottiene 30 punti in meno rispetto alla media italiana) è talmente alta,da sembrare che appartengano a due paesi diversi. Come è possibile?
Questi dati confermano i soliti luoghi comuni. Un’indagine più approfondita, condotta esclusivamente sul territorio italiano, smusserebbe probabilmente l’enorme divario tra le regioni a latitudini diverse e potrebbe rivelare altre cause. L’impossibilità di stare al passo con gli altri Paesi potrebbe non essere dovuta solo alle (in)capacità dei nostri studenti, ma a un sistema che non li incoraggia nello studio, prospettando loro un futuro difficile, nonostante tutti gli sforzi per evitarlo.
Fin dalle scuole i ragazzi, ancora quasi del tutto inconsapevoli della triste realtà che li circonda, si sentono dire che diventeranno anche loro rassegnati, disoccupati, frustrati da paghe minime, che non avranno lavoro e che lo studio è inutile, in un mondo lasciato alla ricchezza di pochi, dove è meglio fin da subito procacciarsi lavoretti piuttosto che proseguire con impegno lo studio liceale, prima, la carriera universitaria, dopo. Incrementando non con bonus, ma con finanziamenti utili, con un giusto utilizzo della spesa pubblica (destinata all’istruzione per il 7,9% nel 2014 a fronte del 10,2% medio Ue) a favore degli studenti, si otterranno sicuramente i primi risultati. Sono le prospettive, gli obiettivi che favoriscono l’impegno, la costanza e dunque la bravura e la competenza; obiettivi che per essere realizzati hanno bisogno di una maggior attenzione da parte dello Stato, come nei migliori sistemi scolastici (il migliore, il sistema finlandese, offre ai ragazzi la possibilità di accedere a contributi fino ai 9000 euro!).
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