L’ Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico insignisce l’Italia di un triste e quanto mai amaro titolo: ultima, ebbene si, nella classifica dei 34 Paesi più industrializzati del mondo per numero di giovani laureati, e appena quartultimi per soldi investiti nell’università in rapporto al Pil.
L’ultima edizione di «Education at a glance», presentata dall’ Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico mostra dei dati ai quali difficilmente crederemmo che portano con sé il timore e la preoccupazione di una lenta ed inarrestabile decrescita economica. Il rapporto mostra un’Italia povera di laureati in genere, ma ricca di 25-34enni con un titolo equivalente al master (laurea specialistica), questo perché da noi l’equivalente del bachelor (laurea triennale) è considerato di fatto solo come un gradino intermedio in vista della laurea magistrale. Come sottolinea Francesco Avvisati, senior analyst presso l’Ocse: “Da noi mancano i quadri intermedi, quei periti di cui le aziende tanto avrebbero bisogno, mentre in Francia ad esempio gli Istituti universitari di tecnologia sfornano informatici in due anni”.
I nostri atenei si mostrano infatti poco attenti sul fronte dei futuri sbocchi lavorativi e appaiono deficitari anche su alcune delle competenze di base: molti studenti universitari hanno difficoltà a sintetizzare informazioni provenienti da testi lunghi e complessi. “La priorità del sistema resta – continua Avvisati – quella di formare belle menti, ricercatori, dirigenti, ingegneri. Non c’è l’idea di concentrare gli sforzi per elevare le competenze medie dei ragazzi usciti dalle superiori”. A ciò si aggiunge il carattere restio delle piccole e medie imprese nei confronti dei giovani laureati, spesso considerati poco esperti per essere inseriti in azienda. Ciò porta ad un risultato pressoché paradossale: secondo quanto analizzato dall’Ocse il tasso di occupazione di chi ha fatto l’università è di un punto percentuale inferiore a chi ha solo il diploma (62% contro il 63%).
Alla base di tutti questi ritardi, sta il dato di fondo della estrema scarsità di risorse investite: appena lo 0,9% del Prodotto interno lordo, la metà del Regno Unito (1,8%) e molto meno della Germania e della Francia (1,2% e 1,4%).
“Il rapporto Ocse è la fotografia della realtà – commenta Gaetano Manfredi, capo dei rettori – Il nostro è un sistema fortemente sotto finanziato, in un momento in cui l’economia della conoscenza invece è sempre più basata sul capitale umano. Il numero ridotto di iscritti all’università è legato a un welfare molto carente. Bisogna sostenere gli studenti, soprattutto al Sud. Sulle borse di studio abbiamo aperto un tavolo tecnico al Miur. La mia impressione è che sia il ministro Giannini che il presidente del Consiglio Renzi siano consapevoli che il futuro si gioca in investimenti nell’alta formazione. Ora però è venuto il momento di passare dalle parole ai fatti e di mettere più soldi”.
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